Chi non muore torna nella seconda stagione

«Il gioco è bello quando dura poco» non è necessariamente vero, ma è vero che, se dura tanto, dovrà probabilmente alzare la posta. Le regole di Afterparty sono chiare, e potenzialmente entusiasmanti: ci sono una festa e un dopo festa, qualcuno muore, tutti i presenti sono sospettati, in ogni episodio ognuno racconta la propria (divergente) versione dei fatti, ma aderendo a un diverso genere cinematografico, secondo il proprio punto di vista. Insomma: Cluedo + Rashomon + metaparodie cinefile.

Dopo la reunion scolastica della prima annata, la seconda ritrova Aniq e Zoë (ora coppia ufficiale) al matrimonio della sorella di lei: la mattina dopo le nozze lo sposo viene trovato avvelenato e, forti dell’esperienza della stagione 1 e dell’aiuto dell’ex detective Danner (Tiffany Haddish, sempre in formissima), decidono di scovare il colpevole prima della polizia. La nuova indagine da un lato ripete la formula (digressione su Danner compresa: del tutto inutile, ma la si perdona perché l’ironia sui thriller erotici anni 80 e 90 è esilarante), dall’altro prova se non a innovarla, ad amplificarla: dallo spoof di generi e sottogeneri (qui il noir anni 40, il Regency romance, l’heist movie...) si passa a quello di stili e autori (da Wes Anderson - cento volte meglio di qualsiasi imitazione social o di AI - ad Alfred Hitchcock a Wong Kar-wai), o di strutture e formati audiovisivi (il sequel della rom com, il reel, la soap).

Il risultato è altalenante, anche perché passato e presente dei personaggi prendono spesso il sopravvento sul whodunit facendo perdere talvolta ad Afterparty la sua specificità. Ma lo spirito e l’inventiva “sperimentale” restano contagiosi, e non è facile farsi passare la voglia di giocare.

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