1802, Bagnara Calabra. Dopo che la casa viene distrutta da un terremoto, Paolo Florio si trasferisce a Palermo con la famiglia, dove rileva un’aromateria, dando avvio a un impero economico che cresce attraverso tre generazioni. Sotto i tre coming of age di nonno, padre e nipote, scorre la Storia, tutta compressa nella ricostruzione minuziosa di oggetti, stoffe, epidemie, sommosse, acconciature e dialetti. La colonna sonora incolla musiche moderne ad antiche ruralità in computer grafica, commentando una lunga epoca senza epica, in cui la terra trema solo all’inizio. «Lo senti l’odore delle spezie? Questo siamo» dice Paolo al figlio Vincenzo. No, non lo sentiamo. Perché se da una parte Paolo Genovese, regista di tutti e otto gli episodi, è capace di farsi garante di un’opera solida, che distilla astutamente in immagine tutta la polpa più mainstream che il bestseller omonimo di Stefania Auci può avere, dall’altra trascura proprio quell’odore, quella materica utilità degli alimenti e dei prodotti che potrebbe dotare d’urgenza le vicende.

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I leoni di Sicilia (2023) scena

Invece, in I leoni di Sicilia, la lotta di classe biliare del periodo, la corsa allo status e alle merci, la conflittualità primigenia di un paese, soccombono al feuilleton amoroso tra antieroi maschili ed eroine femminili (su tutti, ottima Ester Pantano). La roba, l’imbruttimento monetario, l’antieroismo della sopravvivenza sono meri ostacoli all’amore puro e sconveniente; il romanzo storico, un contenitore dai bordi troppo larghi per quello d’appendice. Lo sforzo e lo sfarzo produttivo di Disney fanno sì che il passato descritto sia un costume ben indossato; un costume che, però, non riesce a evitare di farsi sgualcire da una scrittura ancora profondamente legata ai crismi dello sceneggiato nostrano. In fondo, «il sangue non si può cambiare». E allora ben venga quel «vizio nuovo del cinema italiano tutto, di voler raccontare la contemporaneità e i suoi guasti guardando al passato se non al trapassato» (con le parole del nostro Mauro Gervasini su Film Tv n. 45/2023) se davvero riesce a raccontarla, a installare un portale sull’oggi, come due guardie ai piedi del letto, o come Moro convalescente dopo il rapimento, in ospedale.

Vinicio Marchioni, Paolo Briguglia
I leoni di Sicilia (2023) Vinicio Marchioni, Paolo Briguglia

Poco importa se pretestuoso, declamato, forzato, se riesce a creare una vertigine. In I leoni di Sicilia non c’è vertigine. Tutto resta in perfetto equilibrio, perché l’unico laccio al presente si chiama high concept, un verismo glam esportabile che ben racconta delle capacità di Genovese come showrunner più che come autore, come virtuoso promotore di temi universali, più che di metafore al presente (non è un caso se Perfetti sconosciuti spopola in 34 paesi). I leoni di Sicilia è efficace nel comunicare i suoi intrighi, il suo fascino, il suo prestigio, ma non evita il rischio del “teleromanzo”, della trama d’amore scritta sul sussidiario genealogico. E quando il passato soffoca il nostro sguardo su di lui, il “respiro internazionale” rischia di trasformarsi in alitosi. In the jungle, the mighty jungle, the lion sleeps tonight.

Autore

Matteo Bonfiglioli

Appassionato lettore delle tramette di Film Tv fin dalla tenera età, laureato all'Accademia di Belle Arti di Bologna e alla IULM di Milano, è un critico cinematografico sulla carta, un critico televisivo in tv, un monologhista in teatro, un moderatore su un palco e un proiezionista in cabina. Scrive del mondo per scrivere di sé. E viceversa.

La serie tv

locandina I leoni di Sicilia

I leoni di Sicilia

Drammatico - USA, Italia 2023 - durata 55’

Titolo originale: I leoni di Sicilia

Regia: Paolo Genovese

Con Michele Riondino, Clara Tramontano, Miriam Leone, Paolo Genovese, Emmanuele Aita, Tony Sperandeo

in streaming: su Disney Plus