Professore ideale e idealista, John Keating (L’attimo fuggente) è morto e nemmeno la scuola si sente troppo bene tra speculazione dei bilanci, valzer dei programmi e violenze fisiche contro il ‘corpo’ insegnante, bersaglio facile per gli allievi e le loro famiglie. È passata come il diem di Orazio l’era degli studenti permeabili all’educazione del professore, che invitava a superarsi, a cogitare, a lasciarsi andare alle proprie passioni per meglio anticiparle, comprenderle, analizzarle. È passata pure l’era dell’insegnante come faro nella notte per adolescenti perduti nelle loro emozioni intense e brucianti, e dei poeti in piedi sui banchi che gridano “mio capitano”, consacrandosi alla gloria della parola.
İlker Çatak, autore turco-tedesco alla sua quarta prova, si infila nella ‘sala professori’ e dipinge le mutazioni in seno alla scuola, soprattutto in materia di comunicazione: i genitori si organizzano all’esterno e comunicano attraverso WhatsApp, gli allievi pubblicano giornaletti engagé mentre la direzione forza la delazione in seguito a una serie spiacevole di furti. Se la stanza del titolo diventa l’epicentro di un evento che sconvolgerà l’equilibrio della scuola, al cuore dell’equazione c’è una donna, Carla Nowak. Insegnante di origine polacca, è arrivata all’inizio del semestre in una scuola secondaria tedesca dove insegna matematica ed educazione fisica, lo spirito e il corpo. Frau Nowak ha l’entusiasmo dei debutti e il desiderio sincero di fare bene attraverso dei piccoli rituali di saluto o di richiamo alla calma. ‘Straniera’ e segreta, non sappiamo niente della sua vita fuori dalla scuola, Carla guarda negli occhi la sua classe e apre le braccia come una direttrice d’orchestra.
Tuttavia nessuno si lascerà condurre così facilmente in La sala professori, del resto la protagonista non è un’insegnante autoritaria. Quando uno studente di origine araba è sospettato di furto, la giovane si oppone ai giudizi affrettati e comincia a indagare per ristabilire la verità. Suo malgrado soffierà sulla brace di questioni che interrogano il rispetto della privacy, la discriminazione, i limiti della sua professione, l’ostilità degli allievi, l’ingerenza dei genitori. A colpi lancinanti di violoncello, İlker Çatak trasforma il gioioso caos di una scuola in una suspense pedagogica opprimente. Furti, bugie, delazioni, colpe, un ingorgo di ‘delitti’ incalza la trama e pone differenti problemi senza pretendere di fornire una soluzione unica. L’idealismo di Carla si scontrerà con la realtà, mai così intangibile. Il sospetto regna sovrano nel film dove gli insegnanti sospettano degli allievi, che sospettano gli insegnanti, che a loro volta sono sospettati dai genitori. Il dubbio paranoico si infiltra ovunque senza che il film abusi delle linee di fuga che offrono i corridoi, la geometria dei banchi o gli angoli della classe.
La sala professori resta costantemente concentrato sul volto della sua eroina, mirabilmente incarnata da Leonie Benesch, incandescente d’energia fisica e di combattività come Isabelle Huppert. Davanti allo spettatore atterrito, la tensione agisce sul corpo della giovane insegnante, che colleziona decisioni sbagliate e passi falsi, instillando, nella sua mente come in quella del pubblico, un rosario di dubbi da sgranare e dai quali il racconto evita saggiamente di trarre conclusioni affrettate. La m.d.p. oscilla tra fuga e letargia, precipitandosi dietro a Clara nei corridoi interminabili o fissandosi sui volti dei protagonisti e sulla loro irascibilità. Impossibile riuscire ad ancorarsi a qualcuno o a qualcosa, perché se la verità si deduce facilmente dai fatti e dall’osservazione, il film la mantiene in una zona d’ombra che è propria del cinema.
Al centro del quadro torna la drammaturgia e ci costringe all’astrazione, conferendo una sorta di universalità al tema della colpa che si declina qui in diversi punti di vista. Le regole, gli algoritmi, la maniera logica di risolvere il Cubo di Rubik, tutto si schianta contro un malessere, quasi alemanno, quasi universale. La sala professori è la parabola inquietante di un’insegnante di buona volontà che sa che l’educazione è un’arte delicata ma a forza di risparmiare i colpevoli e di proteggere i più giovani dalla realtà (l’esistenza dell’ingiustizia, della menzogna, della disinformazione...) finisce per ritrovarsi in un vicolo cieco, minacciata, sola, colpita. Candidato (con merito) agli Oscar - nella categoria miglior film in lingua straniera - e costruito come un thriller psicologico dietro al titolo convenzionale, La sala professori conduce il racconto verso una questione attuale: il potere alienante che può esercitare un allievo su un professore. In un epilogo brusco e di formidabile efficacia, la posta in gioco si sposta dal puro giallo allo studio sociale: la perdita di fiducia degli insegnanti, le difficoltà e le aspettative dell’insegnamento, il razzismo sistemico, la crisi dei media, il declino delle democrazie e naturalmente il bambino tiranno, che trionfa sul suo scranno.
Il film
La sala professori
Drammatico - Germania 2023 - durata 98’
Titolo originale: Das Lehrerzimmer
Regia: Ilker Çatak
Con Leonie Benesch, Leonard Stettnisch, Eva Löbau, Michael Klammer, Anne-Kathrin Gummich
Al cinema: Uscita in Italia il 29/02/2024
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta