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Regia di Yolande Zauberman vedi scheda film

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La recensione su M

di gaiart
8 stelle

Iniziamo dalla fine. Kafka ha detto: “giro con un coltello per difendermi dagli amici. Giro con un coltello per difendere gli amici”. Questo film è il mio coltello - aggiunge la regista Yolande Zauberman, in conferenza a Locarno dove viene presentato tra gli applausi della stampa.

Iniziamo dalla fine.
Kafka ha detto: “giro con un coltello per difendermi dagli amici. Giro con un coltello per difendere gli amici”. Questo film è il mio coltello - aggiunge la regista Yolande Zauberman, in conferenza a Locarno dove viene presentato tra gli applausi della stampa.

 

 

 


 

Si chiude così un film, eccezionale documento di denuncia e purificazione di una comunità chiusa e obsoleta, medioevale e malata, ma ahimè, non unica.

Ciò avviene anche in tutto il resto del mondo, tra la chiesa, a scuola, in europa, in america: si svela un segreto di questa malattia mondiale che viola i bambini; un problema che esiste da secoli.

Un viaggio attraverso la ferita di qualcuno, di M appunto, Menahem Lang, atttore protagonista e reale bambino violato più volte da più persone, nel cuore di Bnei Brak, la capitale mondiale degli haredi, gli ebrei ultra-ortodossi, i «timorati di Dio» in ebraico.

E’ un mondo dove o si parla o non si parla, ma quando si parla lo si fa fino in fondo - racconta la regista - affascinata dalla cultura yddish. 

Il film si inserisce nel filone dei meandri religiosi e delle distorsioni provocate in questi mondi, come fece Rama Bursthein con Lemale et Ha'Halal, Fill the Void, unica regista donna della comunità chassidica o di Tikkun, capolavoro presentato già a Locarno  qualche anno fa.

M è stato amato nella comunità in tutti i sensi. Non solo per il suo sorriso perenne e avvolgente come un abbraccio, per la sua gentilezza, per la dedizione del suo studio talmudico, per la sua voce d'oro che lo ha reso un ottimo interprete di canti liturgici. Ma anche per la sua bellezza e fisicità, che è stata violata fin dall'età di 4 anni.

Nel percorso di comprensione e denuncia, il film sviluppa degli aspetti magici e taumaturgici, come solo l'Arte con la  A maiuscola sa fare: provoca guarigione, sviluppa consapevolezza e comprensione. 

Durante le riprese infatti, per lo più notturne, il buio nasconde e consente maggior libertà, molte persone, uomini, giovani avvicinandosi alle telecamere hanno spontaneamente iniziato a raccontare il loro percorso e le moltissime esperienze di violenza fin da piccoli avvenute nella scuola talmudica, per mano di rabbini, dei loro mentori spirituali.

I temi della vendetta, giustizia, fiducia si stagliano enormi assieme al senso di colpa immotivato e alla distorsione della vita sessuale di queste persone che non sanno più amare in modo corretto, perchè abusati fin dall'infanzia.
Alcuni dei violati ammettono a loro volta di aver causato loro stessi molestie e violenze ad altri bambini per quel circolo vizioso detto GAL GAL, che sembra una spirale inarrestabile e che la pellicola denuncia concretamente, senza tanti fronzoli.

 

 

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