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Gone Baby Gone

Regia di Ben Affleck vedi scheda film

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La recensione su Gone Baby Gone

di Indy68
8 stelle

Patrick 'Pat' Kenzie ed Angela 'Angie' Gennaro vivono dove sono nati e cresciuti: nel quartiere di Dorchester (Boston). Di ascendenze irlandesi lui, italiane lei, amici fin dall’infanzia, lavorano insieme come investigatori privati (ritrovare persone scomparse è la loro specialità, ma, spesso si devono occupare loro malgrado di casi ben peggiori) e da un certo punto della loro vita fanno coppia fissa anche sentimentalmente. Sono anime gemelle molto più di quanto la definizione suggerisca: hanno condiviso le stesse esperienze, di cui alcune davvero tragiche, vivono una vita in cui la violenza, volenti o nolenti, è sempre presente, ma entrambi hanno scelto di stare dalla parte giusta in un luogo dove è la malavita a dettare le regole e l'agenda quotidiana. Entrambi conoscono il buio, il male, la crudeltà ma li contrastano con tutte le loro forze e la loro determinazione. Il loro lavoro li porta così spesso a confronti sanguinosi con le mafie (irlandese, italiana), le gang, con una varietà di soggetti violenti e psicopatici capaci di compiere crimini efferatissimi. Spesso, per fronteggiare questi tipi pericolosi, i due si rivolgono a Bubba.
Bubba Rogowski: amico di infanzia di Patrick ed Angie, è il loro angelo protettore, una sorta di deus ex machina dinamitardo e sociopatico caratterizzato da un solido ma personalissimo codice etico; è legato ai due da un legame affettivo indissolubile. Quando il gioco si fa non duro, bensì durissimo, arriva lui. Bubba è così uno che nelle situazioni più  pericolose e allucinanti si chiede solo in quale direzione deve colpire e poi comincia a picchiare. E sa picchiare veramente duro, avvezzo com’è all’uso disinvolto della violenza e delle armi da fuoco.
I tre sono i protagonisti principali di un ciclo di romanzi di Dennis Lehane e del film di Ben Affleck, tratto da uno di essi.
Dennis Lehane, scrittore, è autore di bellissimi e nerissimi romanzi thriller, soltanto di recente riconosciuto dal Cinema. Il merito della prima trasposizione di uno dei suoi lavori lo dobbiamo a Clint Eastwood che rese benissimo -con la preziosa collaborazione dell’esperto sceneggiatore Brian Hengeland, con il film, che è già un classico e tra i migliori del genere, ovvero ‘Mistic River’-  la traduzione in immagini del romanzo pubblicato originariamente in Italia con il titolo ‘La morte non dimentica’. Rotto il ghiaccio con Hollywood, è toccato a ‘Gone Baby Gone’ essere adattato per il cinema da parte di Ben Affleck (sceneggiatore in team con Aaron Stockard, e regista).
In queste storie (l’azione è solitamente circoscritta a Boston), raccontate tutte dalla voce di Patrick Kenzie, si alternano i toni del noir, dell’horror stemperati spesso dall’ironia e da momenti di sagace umorismo. Lo stile di scrittura e ben ritmato, ficcante e accattivante, i dialoghi davvero brillanti e incisivi.
I titoli del ciclo sono in ordine cronologico: ‘Un Drink prima di Uccidere’, ‘Buio Prendimi per Mano’,Fuga dalla Follia’, ‘La Casa Buia’(titolo originale ‘Gone Baby Gone’ appunto), ‘Pioggia Nera’ e il recentissimo ‘Moonlight Mile’.
Gone Baby Gone il romanzo: uno dei più cupi e scabrosi. La trama: i due detective vengono contattati dai parenti di una bambina scomparsa, Amanda McReady, per aiutare la polizia nella ricerca. L’indagine li porterà a confrontarsi con i poliziotti, ostili al loro intervento, con spietati spacciatori, e con violenti maniaci sessuali. Non solo, dopo aver attraversato questo abisso, saranno costretti a dover fare una scelta drammatica e lacerante che lascerà una dolorosa e indelebile traccia nelle loro vite.
Il film: Ben Affleck, esordiente alla regia, riesce a restituire con efficacia trama e temi del romanzo (e che non sia stato un caso l’ha successivamente dimostrato con l’altrettanto riuscita trasposizione di ‘The Town’ sempre da un romanzo thriller-noir, stavolta di Chuck Hogan).
Il film comincia con la voce fuori campo di Patrick che enuncia un principio ispirato ai concetti del determinismo sociale ‘sono le cose che non scegliamo a renderci quello che siamo’ (ovvero, spiega poi, il posto dove nasci, la famiglia dove cresci) mentre scorrono sullo schermo le immagini di scorci del quartiere dove vive e delle persone che lo abitano. E mentre cammina per le strade, che percorre da quando è nato, ricorda la domanda che pose al suo parroco, lui irlandese e cattolico: ‘Come si fa ad andare in paradiso e al tempo stesso a proteggersi da tutto il male che c'è nel mondo?’
E mentre la pellicola va avanti, tanti stacchi inframezzati di panoramiche della città di Boston a contestualizzare e quindi arricchire la narrazione.
Ecco quindi i temi della storia: viviamo qui e ora, legati inesorabilmente a questa città, a questa comunità, come potremo difenderci dalla violenza che la pervade senza venirne contaminati?
Sulle fondamenta di questa domanda poggiano tutti i laceranti drammi e i dubbi e le incertezze che Affleck riprende da Lehane e trasfonde nel film e nei suoi protagonisti. Fino alla fine. Ed  è questo un pregio della pellicola, e della storia: l’offerta di una soluzione soffertissima ma senza pretendere di saper giudicare se sia davvero quella giusta o soltanto e semplicemente, la migliore. E su questa irrisolta questione resteranno in bilico i destini di tutti i personaggi che sopravviveranno al dramma che si è consumato.
Il cast è elemento portante della riuscita della pellicola: Il fratello di Ben, Casey Affleck e la splendida Michelle Monaghan incarnano benissimo i loro personaggi con perfetta aderenza fisica e di caratteri. Casey Affleck rende bene la complessità e i tormenti di Patrick Kenzie la sua determinazione e forza morale, lo sguardo che pone sul mondo che lo circonda, i sussulti di tagliente ironia e la risolutezza; Michelle Monaghan esprime la fierezza e il seducente coraggio di una donna d'azione come Angie Gennaro una ‘Regina Bianca’ di inarrivabile fascino e lealtà capace di gettarsi nel buio da una rupe in una pozza di gelida acqua nera senza alcuna titubanza per salvare un’innocente.
Il rapper Slaine impersona Bubba Rogowsky riuscendo a conferirgli il giusto alone di minaccia.
Gli altri: Ed Harris, truce e cinico poliziotto avvelenato, Morgan Freeman, (è il capo della Polizia Jack Doyle) si muove con gesti di superficiale compostezza lasciando intravedere negli occhi tristi, l’infelicità e dolore, di un uomo di rilievo con il dovere di svolgere una importante funzione di tutela della comunità, le cui ferite morali però gli hanno irrimediabilmente incancrenito l’anima. Amy Ryan, la mamma di Amanda, tossica, gretta ma disperata e contrita. e poi i volti rugosi, duri e gli sguardi acquosi di chi si è oramai rassegnato a perdere: john Ashton, Titus Welliver, Amy Madigan.
Il denso e teso confronto incrociato finale tra Patrick e Jack, e tra Patrick ed Angie, ben sottolineato da inquadrature e montaggio, è una convincente e trascinante prova di bravura degli attori e un momento di vero bel cinema.
In conclusione, 'Gone Baby Gone' è uno dei migliori film di genere noir degli ultimi anni.
Finisce qui? Il film sì. La storia di Patrick ed Angie no. Per sapere cosa accadrà dopo i titoli di coda ci sono due altri capitoli di cui l’ultimo ritornerà proprio sulla vicenda di Amanda per un finale con tutti i crismi. E, per questo, parrebbe davvero essere l’ultima storia che Lehane abbia intenzione di raccontarci sulla vita dei due detective.
Voto: 8+

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