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I senza Dio

Regia di Roberto Bianchi Montero vedi scheda film

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La recensione su I senza Dio

di scapigliato
4 stelle

Un bounty killer conosciuto come Minnesota, cioè Chris Avram, fa di tutto per farsi assegnare da un consiglio cittadino la missione di trovare e uccidere una volta per tutte Curpancho, uno spietato bandito messicano di terza età interpretato con gusto da José Rivas Jaspe. Strada facendo s’incrocia con un altro bandito, la cui taglia è così bassa che non gli fa gola, e gli consiglia di unirsi a lui nella cattura di Curpancho perchè sa che i due hanno un conto in sospeso. Il giovane bandolero è Antonio Sabáto, fisico del ruolo perfetto, che vuole la testa di José Jaspe perchè gli uccise il padre diversi anni prima. Il film di Montero però, più che inclinarsi al western, sceglie il mistero da svelare solo sul finale come fosse un racconto giallo. Così, colpo di scena dopo colpo di scena, i due protagonisti arrivano alla svelazione finale che prevede anche un’ulteriore svelazione: il giovane El Santo, il bandito inerpretato da Sabáto, in un flashback psichedelico ricorda il vero assassino del padre. Lo ha lì davanti a sé, e chiede con convinzione al socio Evram di lasciarlo a lui. Questa scena finale è particolarmente gradevole rispetto il resto del film grazie all’ambientazione in un castello in rovina e la concentrazione dell’azione sui tre personaggi presenti.

Il regista di alcuni tra i titoli più bizzarri ed estremi dei ’70, come Savana Violenza Carnale, Rivelazioni di un Maniaco Sessuale al Capo della Squadra Mobile e infine l’ultimo L’Amore e la Bestia con Marina Lotar, non brilla però con il genere western. Il ritmo infatti, condannato come lento da buona parte della critica di settore, è in realtà voluttuoso per la grammatica del regista. L’indolenza con cui la storia viene portata avanti indica come fossero altre le suggestioni che Montero portava in testa e che voleva poi riprodurre sullo schermo, e che riprodurrà più avanti nel decennio. Purtroppo non bastano cavalli e deserto a fare un buon western, anche se aiutano molto. Serve pure quella complicità tra genere e autore che possa portare il film a perlustrare territori nuovi e sperimentali, come molti titoli del western all’italiana, o a portare nel film stesso quei caratteri personali che integrati ai modelli classici rendono moderno il genere più bello del mondo.

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