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Jutro bedzie lepiej

Regia di Dorota Kedzierzawska vedi scheda film

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La recensione su Jutro bedzie lepiej

di OGM
8 stelle

Tre monelli. Tre orfani. Tre vagabondi. La loro storia, fatta di niente, si fa apprezzare poco a poco, mano a mano che l’occhio si sintonizza su quella briosa sobrietà che è l’anima sorridente della miseria vissuta in libertà. Questo road movie infantile ritrae una mendicità trasformata in gioco, che intenerisce con la giusta miscela di fantasia e furbizia. Scucire un pezzo di pane o una moneta  alla gente di buon cuore è un’impresa che richiede immaginazione, e quel pizzico di ingenua sfrontatezza che costituisce il lato pittoresco dello spirito selvaggio.  Vasya, Petya e Leva parlano poco e scherzano molto, accapigliandosi per divertimento nel nulla che circonda le loro piccole esistenze. La condizione di abbandono è un terreno sterminato in cui rincorrersi, nascondersi, ruzzolare e prendersi in giro, sapendo che nessuno li potrà mai fermare. Il loro essere senza regole dà origine ad una continua improvvisazione, che finge e inventa, e che la regia riprende con un realismo incurante della naturale ripetitività ed incoerenza del loro vivere allo sbando.  Mentre attraversano il mondo trascinando due bottiglie di plastica legate da uno spago, non fanno che incontrare gli altri, quelli che sono costantemente indaffarati e si comportano in modo strano, eppure appartengono ad un regno fantastico e misterioso nel quale c’è sempre qualcosa di interessante da scoprire. Forse è proprio il loro sguardo curioso a rendere belli ed importanti gli aspetti più comuni della vita umana, come il ventre prominente di una mamma in attesa o i movimenti di due corpi durante un amplesso amoroso. Quelle visioni producono la stessa straordinaria emozione di una coccinella che si posa sulla mano, e rimane per un po’ ad ascoltare la canzone Ladybird, prima di decidere di volare via. La realtà dei tre giovani protagonisti è animata da un semplice e primitivo stupore, eppure è sua volta complessa e mai banale, organizzata in gerarchie e divisa da rivalità e gelosie.  C’è chi comanda e chi (dis)obbedisce, chi trama alle spalle di qualcuno, e chi si ribella. Quel microcosmo è, in qualche senso, il centro dell’universo, che di quest’ultimo riproduce l’imperfezione pur restandone fuori, ad osservarlo da lontano.   Anche quando, ad un certo punto, il film si immerge nel buio, la prospettiva rimane ad altezza di bambino; anzi, diventa ancora più bassa, per poter strisciare a livello del suolo, e riuscire a passare sotto le barriere di filo spinato che segnano il confine tra la Russia e Polonia. La terra si scava con una scatoletta di latta, e intanto ci si fa piccini, per non essere visti dagli elicotteri che pattugliano la zona. L’aria è piena del silenzio della paura e dell’attesa, ora che la sfida, per quei ragazzini, è diventata seria e pericolosa. Al di là della frontiera li aspettano nuovi colori, un sole più luminoso ed un diverso cielo, oltre alla gioia per un traguardo raggiunto ed un sogno che finalmente si schiude. Tornerà loro l’allegria, e, per la prima volta, sulla strada troveranno altri bambini, a suggellare l’illusione che quello sia davvero un Paese costruito su misura per loro. Lo stile di Dorota Kedzierzawska intinge il pennello nelle tinte stonate e nelle sfumature incerte di un mondo fatto male, amalgamandole delicatamente con la speranza di un domani migliore. Le trame di un destino avverso si lasciano allentare dalla spensieratezza di chi non crede nell’invincibilità del male, e continua a confidare in quella meravigliosa favola che è la bontà di Dio. Il dramma si disgrega e si fa dolce, urtando contro il morbido scoglio dell’innocenza, dove le violente ondate del cinismo degli adulti si frangono,  diffondendo il suono argentino della risata di un bimbo.

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