“Cosa spinge un uomo a errare?”, la ballata che apre il western prodigioso di John Ford pone una domanda esistenziale su un muro di mattoni, una domanda omerica sul muro di una casa. Nel ruolo di Ulisse, John Wayne col suo Winchester. La sua guerra di Troia è quella di Secessione ma la sua Itaca invero è quella di Aaron, il fratello che ha sposato Martha e ha vissuto la sua vita all’ombra della Monument Valley. Ritornato dal deserto con gli occhi pieni di polvere e un passato che non conosciamo, per Ethan Edwards (John Wayne) comincerà presto un’altra odissea.

John Wayne
Sentieri selvaggi (1956) John Wayne

Il caffè è ancora caldo e la fiamma appena ravvivata quando i Comanche lo attirano lontano dalla fattoria per massacrare la sua famiglia e rapire la nipote Debbie. Partito alla sua ricerca, Ethan, il searcher del titolo originale, attraverserà gli anni e le stagioni per riportarla nel mondo dei bianchi ormai adulta. Ma una ricerca senza Itaca e senza Penelope, vale la pena di essere intrapresa? La risposta è tutta nel debutto di Sentieri selvaggi (il titolo italiano) e della sua estetica. Il prologo, venti minuti decisivi per l’interpretazione del film, che riposa interamente sull’amore contrastato tra John Wayne e Dorothy Jordan, stabilisce la traiettoria di Ethan e presuppone il superamento della sua vendetta lungo le linee tracciate da Ford come un grande pittore. Punto di equilibrio perfetto tra paesaggio, tempo e attori, Sentieri selvaggi è teoricamente un western ma praticamente un grande film romantico.

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Sentieri selvaggi

Nero. Una donna apre una porta sul Texas del 1868 e un deserto arido che John Ford assume con grande pudore, quasi fosse la rappresentazione intima dell’erosione amorosa. Martha si ritaglia come un’ombra cinese nel quadrato luminoso della sua cornice, indugia sull’uscio di una casa colonica e poi, quasi agita da un presentimento, avanza sotto la veranda, linea di frontiera tra focolare e deserto.

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Sentieri selvaggi

Andare al di là significherebbe entrare in uno spazio tabù, urlare la propria passione bruciante e repressa. La donna muove un passo dall’interno all’esterno, trascinando con sé la m.d.p., ci strappa all’oscurità e ci conduce verso la luce, facendo nascere la storia. La ‘mette al mondo’, letteralmente. Nel passaggio la sua ombra si fa corpo e Martha, abbagliata dal sole, solleva una mano, a ripararsi dalla luce e da un’emozione maturata nell’attesa. Il grembiule bianco incrociato sulla schiena è un segno di espunzione, un’interdizione, ma per chi? Siamo in un film di John Ford e la risposta arriva a cavallo.

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Sentieri selvaggi

Sul lato destro del quadro, appena percettibile, un uomo appare, avanza, dritto come una freccia che le trafigge il cuore. A fine corsa, l’autore girerà un altro arrivo, cambiando la coppia in campo, si tratterà questa volta di Martin e Laurie, che corre libera verso l’amato godendosi l’infinità del formato VistaVision. Ripresa anche lei di spalle, è magnificamente aperta, ‘sbrigliata’, nessuna gabbia e nessun grembiule le impediranno il movimento ardente. Ma quella di Martin e Laurie è un’altra storia e sopravvivrà alla furia della narrazione che segue.

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Sentieri selvaggi

Intanto al principio e sotto il portico, l’inquadratura si allarga come il cuore di Martha, rivelando lo sfondo infinito e grandioso della Monument Valley. In lontananza, un cavaliere stanco emerge dal paesaggio e copre gli ultimi metri di silenzio tra loro. Procede verso di noi, procede verso Martha, raggiunta alle spalle dal marito e dai tre figli, due sorelle e un fratello, un piccolo mondo chiuso e ripiegato su stesso.

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Sentieri selvaggi

Un gruppo umano con cane e bambola che sparirà presto, ‘saccheggiato’ da un attacco indiano. Come in una rappresentazione sacra, aspettano la venuta, lo zio Ethan, il soldato sudista di ritorno da una guerra civile che ha perso tre anni prima. Nessuno degli astanti trasgredisce i limiti di questa scena teatrale, solo il vento del deserto fa il suo giro, blandisce i corpi, li prende alla schiena come un assedio.

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Sentieri selvaggi

Martha è la prima ad arrestare lo slancio naturale per Ethan, lascia che sia il consorte a rompere il quadro familiare, a riceverlo, a farlo entrare, spada alla mano, nello scenario del suo sogno nostalgico, la casa degli Edwards. Sopravvissuto della Storia, l’uomo saluta il fratello e si muove sull’asse della proiezione del suo desiderio. Ethan bacia Martha sulla fronte, Martha posa le sue mani sulle spalle di Ethan.

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Sentieri selvaggi

Schiacciata dal vuoto che assedia la sua casa, Martha ha anticipato il ritorno di Ethan, ha aperto la porta per farla respirare, per respirare. L’ha aperta come un occhio su un deserto che brucia della verità luminosa che l’autore si propone di ri-scoprire. È Martha a introdurci nel dramma e Ford a stabilire sempre una cornice drammatica tra due mondi, blocchi immobili e contigui. Sentieri selvaggi è un risveglio che ritrova un vecchio amore e lo invita ad abitare una tela ricamata con le forme dell’immaginario popolare: un lungo tavolo attorno al quale una famiglia si riunisce per il rito dei pasti e il focolare, dove Ethan immagina di prendersi tutto il suo tempo, bruciando con pigra mollezza i ceppi nel camino.

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Sentieri selvaggi

Risvegliata, Martha non stacca gli occhi da Ethan e indietreggia, si allontana da lui senza voltargli mai le spalle, lo risucchia in casa, gli altri lo seguono. Varcata la soglia, Ethan solleva la bambina più piccola pensando che sia Lucy ma è Debby, di cui ignorava la nascita. Su questo gesto, di natura essenzialmente drammatica, Ford costruisce l’architettura del suo film, un ponte sorretto da due pilastri.

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Sentieri selvaggi

Il sollevamento di Debbie, bambina adorata e figlia di Martha – ma l’ipotesi che Debbie sia frutto dell’amore proibito tra fratello e cognata non è così infondata - si produce una seconda volta anni dopo. Le condizioni però sono cambiate, Debbie adesso è una donna che Ethan disprezza perché allevata dagli indiani e sposata a un indiano. L’elevazione, così prossima al rituale eucaristico, rimescola le carte e scuote la memoria emotiva di Ethan. Quell’esposizione del corpo al cielo diventa fonte di misericordia, il miracolo d’amore che assolve i peccati e libera l’inflessibile eroe dal suo fanatismo.

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Sentieri selvaggi

L’alba del film rivela progressivamente l’amore segreto di Ethan per Martha, subordinato a uno spazio sconfinato e a un tempo più antico del tempo. Piccoli segnali si fanno sfuggire quel sentimento silenzioso, sussurrano un amore impossibile e reciproco, a lungo trattenuto. Basta guardare come John Wayne favorisce a Dorothy Jordan il lume, posato troppo in alto sul camino, o la osserva con abbandono depositare amorevolmente sul letto il suo cappotto, per capire che è perdutamente innamorato.

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Sentieri selvaggi

Disarcionato dal destino, la vita è andata altrimenti, lei ha sposato il fratello, lui si è piegato alla guerra. È l’impossibilità ad amarla a determinare l’intero significato del suo lungo e implacabile inseguimento, del suo ritorno nel deserto dove cerca disperatamente la figlia del grande amore della sua vita. È (anche) di questo che parla un film eminentemente etnologico. Del resto, le storie d’amore che durano vent’anni o negli anni, come in Rio Bravo, sono la specialità di John Wayne. E John Ford sa come filmarle, come farle sentire senza dover spiegare nulla, è sufficiente la perfezione poetica e fotogenica dei suoi piani.

John Wayne, Maureen O'Hara
Rio Bravo (1950) John Wayne, Maureen O'Hara

Rio Bravo potrebbe essere definito senza sbagliare troppo un western di remarriage, il trauma storico della divisione degli Stati Uniti si incarna in un matrimonio fallito. Ford è di nuovo alla ricerca dell’unità perduta di un uomo e di una donna separati dalla Storia. Anche in Sentieri selvaggi la Storia ha fatto il suo corso e ha preteso un sacrificio. La ‘rinuncia suprema’ è già implicita in quei primi fotogrammi che definiscono immediatamente l’aerea geografica e drammatica della narrazione a venire, preparando emotivamente lo spettatore. Ford introduce il protagonista, di ritorno dopo una lunga assenza, sotto lo sguardo di una donna che lui mette etimologicamente in movimento, che eccita, infiamma, com-muove.

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Sentieri selvaggi

Incorniciato tra due domande, che sono la stessa domanda dentro la stessa canzone (“What makes a man to wander?”), tra due porte, una che si apre e l’altra che si chiude, tra due donne, che devono attraversare una soglia - una madre per entrare nella storia, sua figlia per uscirne - Sentieri selvaggi passa dall’amore represso e proibito per l’amata all’amore paterno vissuto al di fuori della carne e nell’effetto di un riconoscimento che ripara quello che fu distrutto.
Ethan solleva il corpo di Debbie e la riconosce, ritrova il senno e la riporta a casa, reintroducendo al suo contesto un corpo divenuto culturalmente estraneo. Di nuovo sulla soglia, consegna la figlia-nipote agli Jorgensen e li guarda entrare a turno in casa. Inquadrato come la sua Martha nella cornice della porta aperta e contemplato dal punto di vista della casa, Ethan si volta e torna nel deserto. Sprofonda nella profondità di campo, solo, come un minerale tra i monumenti di pietra della Monument Valley. La porta si chiude, il cerchio pure. Nero. The End.

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Sentieri selvaggi

Autore

Marzia Gandolfi

Marzia Gandolfi (1971) è una “ragazza della Bovisa”. È cresciuta nei racconti di Testori e ha studiato nella città di Zurlini. Collabora stabilmente con MyMovies e resta duellante per sempre. Nel 2021 ha pubblicato con Bietti Kind of Blue. Barry Jenkins, variazioni sul corpo afroamericano e con Santelli Editore La forma dell’attore. È membro della Commissione selezionatrice dei cortometraggi per i premi David di Donatello e dal 2015 membro della giuria di Presente Italiano. Si occupa di serie TV per La Gazzetta del Mezzogiorno e di icone popolari per le riviste che amano le attrici e gli attori. Il suo eroe ha “gli occhi di ghiaccio”, il suo piccolo era più grande di lei. Nickname: la Tula.

Il film

locandina Sentieri selvaggi

Sentieri selvaggi

Western - USA 1956 - durata 119’

Titolo originale: The Searchers

Regia: John Ford

Con John Wayne, Jeffrey Hunter, Vera Miles, Natalie Wood, Dorothy Jordan

in streaming: su Apple TV Amazon Video