A non vivere sotto una roccia – che meraviglia dev’essere, quanto fresco e quanta ombra – ultimamente ci siamo accorti più o meno tutti di una faccenda lapalissiana che ha scatenato strani dibattiti: ogni anno che passa, ogni crisi internazionale che va e (si spera) viene, la realtà percepita a proposito degli Stati Uniti d’America si scolla sempre di più dall’immagine e dalla narrazione che essi stessi promuovono, alimentano e su cui insistono in maniere che sembrano sempre più parossistiche e lontane dalla realtà oggettiva.

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The Newsroom

Ormai quella degli Usa come “Il più grande paese del mondo” non è nemmeno più un’ottimistica illusione; è un’allucinazione potenzialmente pericolosa. Un delirio di onnipotenza che fa perdere il contatto con la realtà; che rifiuta, persino, il contatto con la realtà.

E non siamo mica qui a dirvi che nasce tutto con un monologo scritto da Aaron Sorkin come incipit alla sua ultima (sinora) e più crepuscolare creazione televisiva, The Newsroom. Non siamo così folli.

Però vogliamo esagerare e semplificare, dicendo che Sorkin è stato fra i primi autori (e fra i più popolari) a intercettare il sentimento – come dicono gli americani bravi a fatturare – e a metterlo in drammaturgia. Ma se nel primo capolavoro televisivo creato da Sorkin, The West Wing (1999), il monologo liberal-shock (vedi video sopra) – simile negli intenti, ma comunque all’acqua di rose rispetto al nostro incipit – ci metteva tutto l’episodio pilota per arrivare e intervenire a gamba tesa sulle aspettative del pubblico americano, abituato praticamente solo a sentirsi dire quanto grande e bravo e bello è il suo paese, con The Newsroom il drammaturgo, sceneggiatore e regista newyorchese sceglie di iniziare proprio da quello, come se la sua attenzione si fosse definitivamente spostata sulla demistificazione (e ricostruzione) della leggenda americana.

Un dibattito di fronte a un auditorium pieno di studenti universitari. Il moderatore ha di fronte il terzetto ideale: un’esponente democratica, uno repubblicano e, in mezzo a loro perfettamente equidistante, il celebre giornalista e anchorman Will McAvoy (un giganorme Jeff Daniels), considerato dall’opinione pubblica come un innocuo cerchiobottista che non prende posizioni nette in modo da non alienarsi nessuno.

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The Newsroom

Tutto procede all’insegna della serenità, finché una ragazza del pubblico – Jenny, bionda probabilmente cheerleader che rimanda a uno dei tanti aspetti (in questo caso estetici) del sogno americano – non chiede ai tre ospiti: Quali sono le caratteristiche che fanno grande l’America nel mondo? La democratica risponde: diversità e opportunità. Il repubblicano risponde: libertà e libertà. Il democristiano che ha svenduto le proprie idee per il consenso più ampio possibile risponde: i New York Jets.

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The Newsroom

Incalzato dal moderatore, però, Will è costretto, per una volta, a rispondere sinceramente. Prova a usare entrambe le risposte di chi lo ha preceduto, per svicolare dalla pressione. Ma quando si gira a bearsi delle risate che ha provocato, vede fra il pubblico la propria coscienza, incarnata dall’ex compagna MacKenzie (Emily Mortimer), giornalista di pregio inviata di guerra che non ha mai piegato la schiena manipolando il racconto della verità per compiacere chicchessia.

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The Newsroom

È un fantasma scespiriano, quello di MacKenzie, ma anche una premonizione: se facciamo un piccolo flashforward nella puntata, infatti, scopriamo che l’editore di Will ha deciso di assumere la donna come nuova produttrice esecutiva di News Night, il programma di informazione di cui McAvoy è conduttore e caporedattore.

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The Newsroom

Torniamo all’incipit. Will vede fra il pubblico la propria coscienza, sia personale sia professionale, che gli suggerisce: non è così, l’America non è più grande. Ed è come se un nuovo vaso di Pandora si fosse finalmente scoperchiato: McAvoy si lancia in una tirata – che si sente lontano un miglio (ed è un complimento) essere scritta da Sorkin – sull’ipocrisia di voler a tutti i costi ostentare un primato che non esiste più ormai da molto tempo, ma al quale si rimane aggrappati per senso di identità e null’altro. L’America è il paese migliore di tutti, perché così ci hanno inculcato e quindi così deve essere. Per partito preso. Per scelta divina. Un assioma che non ammette repliche, e che se contestato viene giudicato come antiamericanesimo.

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The Newsroom

Da una concione del genere non si torna indietro. Lo sa benissimo anche Will. Che, con l’aiuto dello scaltro editore Charlie Skinner (Sam Waterston) e della guida morale di MacKenzie, sceglie di far cambiare rotta a News Night e trasformalo in un faro di giornalismo integerrimo, senza paura di calpestare piedi nel tentativo di raccontare una chimera: la verità oggettiva. E (retoricamente parlando) non c’è niente di più efficace, per introdurre una narrazione del genere, dell’incipit a cui abbiamo appena assistito.

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The Newsroom

Autore

Nicola Cupperi

Scrive per FilmTv perché gliel'ha consigliato il dottore. Nel tempo libero fa la scenografia mobile. Il suo spirito guida è un orso grigio con le fattezze di Takeshi Kitano.

La serie tv

locandina The Newsroom

The Newsroom

Drammatico - USA 2012 - durata 55’

Titolo originale: The Newsroom (2012)

Creato da: Aaron Sorkin

Con Jeff Daniels, J. Francisco Rodriguez, Daniel Hall, Aaron Sorkin, Emily Mortimer, Shaun J. Brown

in streaming: su Sky Go Now TV