L’aereo per Lisbona, tappa per l’America, sta per partire. La nebbia fitta. Humphrey Bogart con cappello e giaccone punta una pistola contro Claude Rains e invita l’amante a partire col marito legittimo, salvarsi, rinunciare al loro amore per una causa più grande. I due partono, arriva il tedesco cattivo, viene ucciso e poi i due personaggi redenti, Bogart e Rains, si allontanano sparendo nella nebbia, immaginando che da quel momento in avanti diverranno amici.

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Casablanca

Il finale di Casablanca di Michael Curtiz, anno 1942, è fin troppo famoso, ripreso numerose volte sia in chiave citazionistica che parodistica (è d’obbligo ricordare il Woody Allen di Provaci ancora, Sam) e quindi non può che sembrare “già visto”; ma è “già visto” anche perché è un enorme mastodontico cliché che cammina come il resto della trama, e anche qui è d’obbligo citare un noto scrittore italiano e la sua acuta analisi “semiologica”, una di quelle che fanno scuola e pure troppo.
Nonostante questo è uno dei molti finali che la produzione all’epoca prese in considerazione, essendo innumeri le soluzioni compatibili con la perfetta macchina estetico-commerciale messa in atto (Bogart muore, oppure Ingrid Bergman sceglie lui e non il legittimo consorte, o è addirittura il consorte a morire etc etc), e anche qui sarebbe buona creanza quantomeno farne l’elenco dettagliato con aneddotica annessa. Se Casablanca è la fiera del già visto, scriverne è insomma la fiera del già detto, del già sentito, del tedioso reiterare quattro concetti in croce e un paio di backstage stories spacciandole per novità storiche.

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Casablanca

Poco utile anche usufruire di definizioni più o meno attendibili di “classico”, ché indubbiamente il film di Curtiz è un classico. Un altro scrittore italiano ne ha fornite parecchie (anche se si riferiva a capolavori letterari): “I classici sono [film] che esercitano un’influenza particolare sia quando s’impongono come indimenticabili, sia quando si nascondono nelle pieghe della memoria mimetizzandosi da inconscio collettivo o individuale” sembra adattarsi bene a Casablanca così come – nonostante la fiera del già detto – potrebbe farlo “Un classico è un’opera che provoca incessantemente un pulviscolo di discorsi critici su di sé, ma continuamente se li scrolla di dosso”. Ma allora perché sembra che questa convenzionale miscela tra film romantico hollywoodiano e film di propaganda non abbia più nulla da dire, o almeno così vorrebbero farci pensare coloro che vi discettano sopra? Forse perché Casablanca sembra un marchingegno costruito apposta per essere un classico; mantenendoci nell’alveo delle definizioni di Calvino è un film “programmatico” in qualche misura. Oppure stiamo parlando non di un’opera che abbia qualcosa di nuovo da dire in senso “cerebrale”, formale o contenutistico, quanto piuttosto di una inesauribile fonte di commozione, così smaccatamente commovente da risultare Kitsch ma, per qualche strano sortilegio, funzionare alla perfezione.

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Casablanca

Si piange per uno sguardo tra amanti impossibili, per una smorfia di dolore repressa al solo sentire una canzone nostalgica, e si arriva fino alla redenzione di anime peccatrici, alla salvezza dell’Umanità: la prima volta si piange per il fatto, la seconda perché sai che chiunque altro al mondo piangerebbe con te ed “è soltanto la seconda lacrima a fare del Kitsch il Kitsch” (Kundera, già che ci sono. Che prosegue “la fratellanza di tutti gli uomini sulla terra sarà possibile solo sulla base del Kitsch”: l’ultima inquadratura con Bogart e Rains, appunto).
Nel finale la storia d’amore, così centrale in un film altrimenti politico, impossibile da mettere in secondo piano sia a livello emotivo che drammaturgico, viene relegata ai margini della Storia dai protagonisti stessi, in particolare dal più cinico e disilluso tra essi, e questa soluzione sia banale che inventiva smorza la tensione pubblico/privato che percorre l’intera trama. “Il Kitsch è la stazione di passaggio tra l’essere e l’oblio” (ancora Kundera, e sempre il suo romanzo più famoso): la nebbia avvolge l’innamorato e il commissario che scompaiono dietro la loro redenzione di maniera, posticcia, puro artificio per apparecchiare l’epilogo.

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Casablanca

La morte dell’individualità a favore di una Causa superiore. Tutto ciò che dovrebbe infastidirci (o, nella migliore delle ipotesi, suggerire una fredda adesione “desiderante”) e invece come per incanto ci commuove. La magia del sentimentalismo irresistibile che obnubila raziocinio e senso estetico. Il Kitsch come oblio dell’essere: una lotta impari con noi stessi.

Autore

Dario Denta

Nato a Bari nel 1994, ha studiato Matematica e Filosofia tra Perugia e Firenze, caporedattore de Lo Specchio Scuro, è uno dei conduttori del podcast di cinema Salotto Monogatari. Ha scritto su Shiva Produzioni, L’inutile, Ghinea, La Chiave di Sophia, agit-porn e Immoderati e ha dato un piccolo contribuito al Dizionario Mereghetti 2022. Si interessa di estetica del cinema e della videoarte.

Il film

locandina Casablanca

Casablanca

Drammatico - USA 1942 - durata 102’

Titolo originale: Casablanca

Regia: Michael Curtiz

Con Humphrey Bogart, Ingrid Bergman, Paul Henreid, Claude Rains, Sydney Greenstreet, Conrad Veidt

Al cinema: Uscita in Italia il 26/06/2023

in streaming: su Apple TV Amazon Video Rakuten TV