Frank Sheeran (R. De Niro) si confessa forse un’ultima volta con il prete poco prima di Natale, chiedendogli di lasciare l’uscio della sua stanza socchiuso andando via. Gli ultimi giorni di Sheeran raccontati da Martin Scorsese in The Irishman (2019) sono più che nella norma, uguali a quelli di qualunque altro uomo anziano e solo. Frank è in una pensione, costantemente malato, su una sedia a rotelle, attento all’alimentazione e intento a contare quante pillole prendere al giorno.

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The Irishman

Le poche parole che scambia sono col prete, al quale non può davvero confessare tutto ciò che ha fatto perché detiene quello che a tutti gli effetti è un “segreto di Stato”, e con la giovane infermiera che gli controlla la pressione e lo accudisce prima di passare al prossimo pensionante. Eppure Frank non ha avuto una vita simile a tante altre: non solo ha ucciso, e molto, su ordine della mafia italoamericana, ma ha ucciso un uomo importante, il sindacalista Jimmy Hoffa, scomparso nel 1975 senza lasciar tracce. È proprio questo il suo “segreto di Stato”, gravido di colpa per molti motivi: Hoffa era un suo amico, ed è proprio la fiducia che ripone in Frank a farlo cadere nella trappola terminale, ma è anche lo “zio” prediletto della figlia di Frank. Così l’ “irlandese” perde un amico e l’affetto della figlia per sempre. E lo fa per compiacere Russell, il boss, l’altro suo grande amico, a cui resterà vicino fino agli ultimi, mesti giorni, un Joe Pesci sussurrante, lontano dai suoi manierismi giovanili.

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Se Frank passa i momenti finali in un ospizio, l’ospizio di Russell è la prigione, lui vecchio squalo criminale, ora senza denti impossibilitato a sgranocchiare perfino una fetta di pane. Frank non prova odio per l’amico che lo ha costretto a tradire, lo guarda con compassione, ma Russell dopo decenni accenna a delle scuse, subito ritirate (“Ho preferito noi a lui. Si fotta!”). Gli intrighi, la politica, gli interessi sono secondari in quello che dovrebbe essere un affresco storico e la cronaca di un evento dirimente della storia americana; ciò che è in primo piano è il lato esistenziale, l’amicizia. Amicizia alla quale si sacrifica tutto o che viene sacrificata in nome di tutto, per ritrovarsi poi con un pugno di ricordi che non possono essere neanche trasmessi. Perché Frank, anche dopo moltissimo tempo, non parla con nessuno, né con l’FBI, né con Dio.

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Parla solo con noi, gli spettatori. Si libera del peso. Che non è il peso dell’omicidio ma dell’ipocrisia. L’ipocrisia di quella telefonata dispiaciuta alla moglie di Jimmy, nella quale la rassicura mentendole. I film di Scorsese hanno spesso come protagonista un caparbio anti eroe che si gioca il tutto per tutto e fallisce, spesso interpretato proprio da De Niro. Ma stavolta De Niro è una vittima degli eventi, vi contribuisce ma li subisce in maggior misura, apaticamente: non è la spavalderia a condannarlo, ma la viltà, l’incapacità di uscire dal proprio ruolo, la natura inerme. Molto più “scorsesiano” è il Jimmy Hoffa di Al Pacino che prosegue dritto per la sua strada, e scende all’inferno quasi sfidando il diavolo in persona.

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Eppure Frank mantiene il segreto e, involontariamente, partecipa alla Storia. Ma conta davvero qualcosa la Storia nell’escatologia del cattolicissimo Scorsese? Ha senso sacrificare tutto per qualcosa che verrà dimenticato? È chiaro a proposito il finale di Kundun, dove il giovane Dalai Lama spiega ai suoi adepti che nulla di quello che stanno vivendo conta davvero di fronte allo scorrere del tempo, così come è chiaro il finale di L’età dell’innocenza, dove un amore è stato immolato sull’altare dell’opportunità e tale rimane anche quando quella opportunità è ormai svanita e a nessuno più importa; e sono chiare le tombe degli uomini che hanno fatto la storia di New York in Gangs of New York schiacciate dai palazzi della modernità.

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E difatti l’infermiera di Frank non riconosce Jimmy Hoffa nelle foto che lui le mostra. Ciò che sembrava rilevante in un’epoca e per cui valeva la pena morire, uccidere o allontanare una figlia, è dimenticato in poco tempo. Non resta che la speranza degli affetti. La porta socchiusa – per lo scorno delle molte interpretazioni raffinate che se ne sono volute dare – è in fondo solo questo: la speranza che all’ultimo qualcuno si ricordi di abbracciare Frank, perché ciò che ha fatto è passato e come tutto ciò che è passato è svanito nel nulla. Ora è solo un vecchio che sta per morire.

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Autore

Dario Denta

Nato a Bari nel 1994, ha studiato Matematica e Filosofia tra Perugia e Firenze, caporedattore de Lo Specchio Scuro, è uno dei conduttori del podcast di cinema Salotto Monogatari. Ha scritto su Shiva Produzioni, L’inutile, Ghinea, La Chiave di Sophia, agit-porn e Immoderati e ha dato un piccolo contribuito al Dizionario Mereghetti 2022. Si interessa di estetica del cinema e della videoarte.

Il film

locandina The Irishman

The Irishman

Biografico - USA 2019 - durata 210’

Titolo originale: The Irishman

Regia: Martin Scorsese

Con Robert De Niro, Al Pacino, Joe Pesci, Harvey Keitel, Jesse Plemons, Bobby Cannavale

Al cinema: Uscita in Italia il 04/11/2019

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