Il massaggiatore cieco Zatoichi (Takeshi Kitano) è in realtà un potente samurai e sta ripulendo un villaggio dalla banda di criminali che lo governano dispoticamente, nella più classica tradizione dell’eroe solitario. Arriva finalmente dal ronin più forte, la “guardia del corpo”: è il duello che attendiamo di più e sul quale è stata costruita la suspence dell’ultima mezz’ora. Invece tutto avviene in fretta, Zatoichi anticipa una mossa del ronin e con una spadata lo uccide, senza nessun crescendo drammatico.

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Zatoichi

Come in un videogame è poi il turno del “mostro” finale, il boss, che è – all’insaputa di tutti – il gestore del bar in cui si serve il peggior saké del villaggio. Anche questo duello lo attendiamo spasmodicamente, ma la resa dei conti è fulminea. Non solo non c’è lotta ma Zatoichi non uccide il cattivo: lo acceca e basta, dopo avergli rivelato che lui in realtà cieco non è, esibendo due occhi grigi e predatori da lupo mannaro.

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Zatoichi

Nel frattempo il resto del villaggio festeggia la liberazione ballando, e in un crescendo di musica si arriva al tip tap collettivo finale che sostituisce, per forza, quantità e qualità del minutaggio, la violenza che si è dipanata fino a quel momento nel resto del film. Zatoichi ha concluso il suo compito; sta camminando, inciampa e ammette “Anche con gli occhi spalancati non riesco a vedere niente”.

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Zatoichi

Si è soliti ritenere che la carriera di Takeshi Kitano sia divisa in due parti, con l’incidente quasi fatale che gli sfigurò il volto a rappresentare l’evento discriminante tra le sue due “poetiche”. Se è così Zatoichi (2003) è forse il film spartiacque. Kitano veste i panni di una icona della cinematografia giapponese, ambienta per la prima volta un suo film nel Medioevo dei samurai, abbandona quindi lo yakuza movie e sembra invertire la rotta non solo a livello diegetico ma innanzitutto formale. Il suo umorismo stralunato si innesta nella trama drammatica come era già accaduto prima, ma la rappresentazione della violenza, con una CGI volutamente irrealistica, si allontana dalla crudezza delle sue tragedie urbane. Eppure sopravvivono sia il cinismo di fondo che l’anticlimax. Attendiamo con ansia duelli che non avvengono e il crescendo di violenza si stempera in un vero e proprio musical: i villici allestiscono un piccolo palcoscenico e si esibiscono in un ballo anacronistico rivolti direttamente allo spettatore. Il personaggio di Kitano, coi capelli ossigenati e lo sguardo di ghiaccio che si rivela solo alla fine, lo scopriamo vedente ma proprio in quel momento assistiamo al suo primo piccolo fallimento, un inciampo.

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Zatoichi

Che cosa è successo al regista di Hana-Bi e Violent Cop? Invece di trincerarsi nel pessimismo esistenziale l’incidente lo ha forse svegliato, gli ha aperto gli occhi. Sulla vita e sul cinema. Tradisce con gusto le aspettative degli spettatori e della critica nei suoi confronti, chiude la violenza in un balletto, si prepara a parodiare i suoi capolavori nella cosiddetta Trilogia del suicidio artistico (tra il 2005 e il 2008) e così facendo attraversa sulla sua pelle il percorso di una intera forma d’arte così come si è evoluta nel ‘900. Un’arte nata quasi per caso (esattamente come Kitano esordisce “casualmente” alla regia in un film che lo vedeva solo come attore), che raggiunge le sue massime potenzialità espressive (i capolavori degli anni ‘90) e alla fine, disillusa, elabora il distacco ironico da sé stessa, la postmoderna presa di distanza dal linguaggio costruito nel tempo con talento e tecnica.

E lo fa dopo il trauma della caduta delle illusioni. Kitano è però sempre stato un autore privo di illusioni e non può quindi che ammettere la sconfitta nella sconfitta: ‘è vero adesso vedo il mondo com’è, perché ho guardato in faccia la morte; ma non vedo davvero nulla, esattamente come quando ero cieco’. Sembra una contraddizione ma è la vita; e davanti a essa il cinema non può niente, se non piegarsi a gioco autoreferenziale e esplodere in un divertente e godereccio scacco matto.

Autore

Dario Denta

Nato a Bari nel 1994, ha studiato Matematica e Filosofia tra Perugia e Firenze, caporedattore de Lo Specchio Scuro, è uno dei conduttori del podcast di cinema Salotto Monogatari. Ha scritto su Shiva Produzioni, L’inutile, Ghinea, La Chiave di Sophia, agit-porn e Immoderati e ha dato un piccolo contribuito al Dizionario Mereghetti 2022. Si interessa di estetica del cinema e della videoarte.

Il film

locandina Zatoichi

Zatoichi

Avventura - Giappone 2003 - durata 116’

Titolo originale: Zatôichi

Regia: Takeshi Kitano

Con Takeshi Kitano, Tadanobu Asano, Yûko Daike, Akira Emoto, Taka Gatarukanaru

Al cinema: Uscita in Italia il 14/11/2003