Nella stazione dei treni c’è un nuovo orologio. È digitale, ha le cifre stampate in grande, segna il tempo in modo chiaro. Quello vecchio che c’era prima, fatto di ingranaggi meccanici, grandi pistoni e quadrante di ottone, è stato abbandonato in una capanna: da tempo funzionava male, andava al contrario.

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Il curioso caso di Benjamin Button

L’aveva costruito un orologiaio cieco di nome Mr. Gateau dopo la morte del proprio figlio in guerra: “L’ho fatto apposta... forse così i nostri ragazzi morti al fronte potranno tornare a casa. Torneranno alla fattoria, al lavoro, faranno dei figli, vivranno una vita lunga e piena. Forse anche mio figlio tornerà a casa. Chiedo scusa se ho offeso qualcuno. Spero che vi piaccia il mio orologio”. Riavvolgere il tempo per riparare le cose, istante dopo istante, scelta dopo scelta. Forse è questo ciò che sta pensando Daisy, raccontando questo strano aneddoto alla propria figlia, accorsa al capezzale dell’anziana donna in fin di vita.

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Il curioso caso di Benjamin Button

È il pensiero di un corpo non ancora in pace con il proprio passato, costretto a un letto d’ospedale intorno a cui infuria una tempesta (un tornado sta per arrivare, così dicono in televisione, ma il luogo è sicuro, assomiglia a una stanza antipanico). Un corpo contrariato dal dolore, dal lento scomparire, ma soprattutto dalla propria immobilità. Un corpo di ballerina (“L’unica ballerina americana invitata al Bolshoi”), e cioè di puro movimento, condannato a stare fermo. Non per la vecchiaia in realtà, ma per un fatale incidente a una gamba.

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Il curioso caso di Benjamin Button

Daisy non lo racconta con la sua voce, bensì attraverso i ricordi di qualcun altro: quelli contenuti nel diario di Benjamin Button, l’amore della sua vita. In punto di morte, la donna ricorda il curioso caso di quest’uomo, vissuto al contrario come secondo l’orologio di Mr. Gateau: nato il giorno della fine della Prima guerra mondiale in un corpo morente, cresciuto ringiovanendo al contrario di fronte alla scomparsa di tutti i suoi cari, morto bambino ignaro della propria vita. La vita di Benjamin scorre ticchettando indietro davanti agli occhi di Daisy, come in un ultimo sogno prima di chiudere gli occhi.

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La donna ricorda il suo primo passo di danza di fronte a quel giovane anziano, da poco capace di camminare; ripensa alle notti d’infanzia passate assieme a lui dicendosi segreti sotto al letto; quelle adolescenti divise sempre più dalla distanza di esperienze diverse; quelle adulte prima sofferte nell’incomprensione e poi finalmente condivise di nuovo insieme: lui dopo essere stato iniziato ai segreti del mare, in un tempo rallentato dalla solitudine, dai lutti portati dalla guerra, dalle prime insperate scoperte d’amore; lei addestrata alla severità del ballo, alla velocità della vita newyorkese, a un futuro glorioso chiuso in uno chignon. Le fotografie e cartoline contenute nel diario sembrano assegnare a questo passato la stessa forma immobile della morte che incombe.

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Il curioso caso di Benjamin Button

Ma sfogliando velocemente i ricordi di Benjamin, sempre più giovane e forte, il fotografico smette di essere un ricordo congelato nel tempo, si anima, e gli istanti della vita di Daisy tornano in movimento, come farebbe il disegno di una ballerina in un flipbook. L’illusione non annulla i traumi, non cambia le cose - come scrive Benjamin quando racconta del trauma subito da Daisy: “A volte ci troviamo su una rotta di collisione, senza però esserne consapevoli. Che ci capiti per caso, o per volontà di qualcuno, non possiamo evitarlo” – ma forse permette di comprenderle. Riavvolgere la propria vita non porta infatti Daisy a revocare gli eventi, come vorrebbe Mr. Gateau, piuttosto la convince ad accettarli per come sono andati, a fare i conti con la propria identità e permettere agli altri di fare lo stesso (attraverso la lettura del diario, sua figlia scopre che Benjamin era il suo vero padre).

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Il curioso caso di Benjamin Button

“Ogni cosa sarebbe potuta andare diversamente”, solo nell’illusione di una continuità la successione degli eventi appare necessaria. È questa la sapienza che raggiunge un corpo costretto all’immobilità: il movimento non è che il modo d’essere della stasi. Come capisce la cinepresa quando registra a rallentatore il colibrì, scoprendo che dietro all’altissima velocità del battito d’ali c’è solo uno statico e ripetitivo gesto di stabilizzazione aerea.

E come capisce anche David Fincher, che infatti con questo film fa il punto sul ruolo del digitale come forma simbolica del mondo contemporaneo: non una struttura deterministica che rappresenta la realtà come una sequenza determinata e necessaria di eventi (0 e 1) ma un mezzo, di questi tempi superiore o più comprensivo dell’analogico, con cui illustrare le paradossali strutture di movimento con cui l’identità costruisce se stessa – come sintetizzerà anche la scena finale di The Social Network, in cui Mark Zuckerberg ricarica furiosamente la stessa pagina Facebook per elaborare il momento che lo ha immobilizzato (la rottura della propria relazione).

Autore

Leonardo Strano

Leonardo Strano si è laureato in Filosofia dell’Esperienza Estetica con una tesi sull’inconscio ottico in Walter Benjamin e Jacques Tati (il suo regista preferito). Mentre prosegue gli studi in Teoria dell’immagine scrive per Filmidee, Pointblank e DinamoPress.

Il film

locandina Il curioso caso di Benjamin Button

Il curioso caso di Benjamin Button

Drammatico - USA 2008 - durata 159’

Titolo originale: The Curious Case of Benjamin Button

Regia: David Fincher

Con Brad Pitt, Cate Blanchett, Tilda Swinton, Elle Fanning, Julia Ormond, Elias Koteas

Al cinema: Uscita in Italia il 13/02/2009

in streaming: su Apple TV Google Play Movies Amazon Video Rakuten TV Microsoft Store