Il dormiglione di Allen è, palesemente, una parodia dei film di fantascienza distopica in voga negli anni Settanta; in particolare lo è di THX 1138, su cui attua una rilettura dissacrante anche a livello scenografico. Un’attitudine palese sin dai primi minuti, quando due personaggi percorrono un corridoio bianco che sembra tratto di peso dal capolavoro di Lucas. E se l’autore californiano ambientava gran parte della sua storia all’interno di un’enorme struttura amministrativa firmata da Frank Lloyd Wright (il Marin County Civic Center), Allen sceglie dal canto suo di girare alcune sequenze in una casa che, se non altrettanto prestigiosa, si distingue per le sue forme inusuali: quelle di una navicella spaziale atterrata tra gli alberi.

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Il dormiglione

Si tratta dell’unico lavoro residenziale di Charles Deaton, architetto, designer industriale e ingegnere (oltre che ideatore di giochi in scatola) autodidatta, che pensò bene di regalare alla propria famiglia un’abitazione unica, che sorgesse sulla cima del monte Genesee a Jefferson County, Colorado. Costruita nel 1963 e mai interamente completata, la Sculptured House (poi conosciuta anche col nome di Sleeper House proprio in seguito alla sua apparizione nel film) si inserisce all’interno di un sub-movimento del modernismo denominato ‘espressionismo scultoreo’; anche se lo scopo dichiarato di Deaton era quello di immaginare un’opera capace di collegare idealmente Terra e Cielo.

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Non a caso il progettista, una volta scovata l’area in cui dare vita al suo sogno sorvolando le colline di Denver (era anche un pilota dilettante), avrebbe enfaticamente dichiarato: “su queste montagne ho individuato un punto elevato in cui poter sostare per ascoltare le grandi distese della Terra. Volevo che la forma della casa potesse cantare una canzone che non incontrasse ostacoli”. Deaton inizia a lavorare alla residenza nel 1960, costruendo un modello in gesso che si discostava dalla geometria euclidea per assumere le sembianze di un doppio guscio ellissoidale simile a una conchiglia. La Sculptured House è composta da una base ellittica che ospita i primi due piani ed è costruita con una serie di pilastri atti a reggere il terzo piano, quello ‘a conchiglia’.

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Quest’ultimo era costituito da uno scheletro di acciaio ‘foderato’ di cemento e ricoperto da una miscela di pigmento bianco, rivestimento adesivo in gomma e gusci di noce frantumati che assicuravano durabilità e resistenza. Questo livello, il più smaccatamente scenografico, presenta una facciata continua in vetro rivolta a nord e a est, e in ogni ambiente – eccetto la cucina, che all’epoca accoglieva elettrodomestici standard, quindi di forma rettangolare – pareti e pavimenti si congiungono definendo angoli inclinati, tanto che lo stesso Deaton sviluppò ad hoc divani e letti curvi con cui arredare le diverse stanze.

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Utilizzata da Allen sia per il suo aspetto effettivamente ‘extraterrestre’ (suggestiva la prima apparizione dell’edificio, in notturna) sia come mezzo per ottenere un gag puramente fisico (con il suo personaggio che usa una scala poggiata al margine inferiore della ‘conchiglia’ per fuggire dai suoi inseguitori), la Sculptured House è un’effettistica ‘trivializzazione’ delle forme moderniste di Wright o di Lautner, così che il suo impiego in una parodia appare pertinente anche al di là delle intenzioni del regista.

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Ciò che non è per nulla parodistico, invece, è l’utilizzo da parte di Dale Hennesy (grande scenografo noto anche per Viaggio allucinante e Frankenstein junior) di una serie di oggetti di design prodotti qualche anno prima di Il dormiglione ma perfettamente credibili nel futuro remoto in cui è ambientato. Si pensi alla lampada Chiara, progettata nel 1969 da Mario Bellini e generata a partire da una lamiera di acciaio inossidabile tagliata e piegata come un origami fino ad assumere la forma di un cilindro. O alla Panton Chair su cui Verner Panton iniziò a sperimentare nel 1960 e che Vitra produsse serialmente, dopo una serie di elaboratissimi studi di fattibilità, a partire dal 1967: la prima sedia al mondo interamente in plastica realizzata con la tecnica dello stampaggio a iniezione partendo da un pezzo unico dal disegno a sbalzo che la rendesse impilabile, oltre che comoda.

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O, infine, alle poltrone Sacco presenti nell’appartamento del personaggio interpretato da Diane Keaton (poco importa se nel caso specifico si tratta di originali o imitazioni): tra gli esempi più luminosi di un’irripetibile stagione del design italiano, disegnata dai torinesi Gatti-Paolini-Teodoro e prodotta da Zanotta nel 1968. Una seduta ergonomica in tempi in cui il concetto di ergonomia era estraneo ai più, un ‘oggetto addomesticato’ la cui forma dovesse modellarsi sui corpi di chiunque la utilizzasse.

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Il dormiglione

Un elemento futuristico frutto di un’ispirazione ‘antica’ (i materassi che i contadini riempivano con paglia o foglie di castagno, e che il trio, dopo una serie di test su materiali differenti, sostituì con migliaia di palline di polistirolo). Un’invenzione straordinaria, che suscitò l’immediato entusiasmo di Ettore Sottsass, conquistò i mercati diventando un’icona, si impose nella cultura popolare (è presente in numerose strisce dei Peanuts) e che è esposta permanentemente nei più influenti musei del mondo. Un prodotto realmente ‘senza tempo’, perfettamente a suo agio perfino nell’improbabile 2173 del Dormiglione alleniano.

Autore

Andrea Pirruccio

Si laurea in Storia e Critica del Cinema a Torino. Da oltre 20 anni fa parte della redazione della rivista Interni e dal 2022 collabora al dizionario Il Mereghetti. Da quanto ricorda, frequenta le sale da sempre, ma fa risalire il proprio imprinting cinematografico a un pomeriggio domenicale di tanti anni fa, quando i suoi genitori pensarono bene di portarlo a vedere 1997: Fuga da New York e, quando si accorsero che il film era stato sostituito da Pierino medico della SAUB, decisero di entrare lo stesso.

Il film

locandina Il dormiglione

Il dormiglione

Commedia - USA 1973 - durata 88’

Titolo originale: Sleeper

Regia: Woody Allen

Con Woody Allen, Diane Keaton, John Beck, Mary Gregory, Don Keefer, John McLiam