Dopo aver sognato il cadavere del compagno morto in un incidente d’auto, George, il protagonista di A Single Man, si risveglia decidendo che quello sarà il suo ultimo giorno sulla Terra. La sua voce over ci restituisce ciò che pensa: “ Ci metto tempo la mattina a diventare George. Tempo per adeguarmi a quello che ci si aspetta da George”. L’uomo vive in una casa magnifica, tra i boschi, e la macchina da presa lo riprende dall’esterno, in piedi a guardare fuori, mentre un carrello all’indietro rivela poco a poco la magnificenza della struttura.

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A Single Man

La villa in cui vive è la Schaffer House, residenza in vetro, acciaio, legno e cemento costruita nel 1949 su progetto di John Lautner a nord-est delle Verdugo Mountains, nel quartiere Whiting Woods di Glendale, California. Affascinati dai precetti dell’architettura organica, per cui i concetti di indoor e outdoor si compenetrano fino ad annullarsi, gli Schaffer chiedono a Lautner di non manipolare in alcun modo il bosco di querce in cui erano soliti organizzare i loro picnic, ma di contemplarlo come parte dell’abitazione. Così, l’architetto sviluppa un edificio dalla pianta aperta, le cui singole parti non intaccano il querceto ma vi sorgono intorno, mentre gli spazi che lo compongono vengono organizzati in modo da definire un passaggio ininterrotto dalle zone pubbliche a quelle private.

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Per raggiungere la casa si percorre un sentiero che porta alle aree domestiche, dove uno steccato di sequoia nasconde la vista degli interni. Entrando nella villa, ci si imbatte in ambiente di raccordo tra cucina, zona notte e living, in cui si ripresenta la tensione tra visibilità e riservatezza, tentazioni di wilderness e anelito alla privacy: la vista verso il giardino, infatti, non è diretta ma laterale, così da poter ammirare il bosco senza essere esposti alla vista di chi si trovasse a passare. La continuità con la natura pretesa dagli Schaffer fa sì che diversi elementi utilizzati per gli esterni siano impiegati anche per gli interni, come i mattoni a vista o il pavimento di cemento che, dal giardino posteriore, prosegue fino a ‘invadere’ il soggiorno.

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Un’esigenza di continuità declinata anche nella possibilità di avere la natura sempre a portata di sguardo: per esempio attraverso le ampie vetrate o grazie alle schermature in doghe che prevedevano delle fasce trasparenti o, ancora, per mezzo del camino bifacciale. Casa Schaffer esprime due esigenze prioritarie: essere parte di un macrosistema più ampio (la natura, appunto) e, allo stesso tempo, approdare a una sintesi (da sempre inseguita dalla cultura statunitense) tra piena trasparenza e necessità di protezione.

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Schaffer House diventa allora, nel film di Ford, l’estensione architettonica del suo protagonista: un omosessuale che vive negli Stati Uniti del 1962, teso tra il desiderio di integrazione in una società che non è ancora pronta per ‘quelli come lui’ (emblematica la lezione in cui parla ai suoi allievi delle minoranze e della paura che esse suscitano), aspirazione a una felicità da godere ‘alla luce del sole’ (l’ipotesi di una storia d’amore con uno dei suoi studenti che sembra farlo recedere dalle sue pulsioni suicide), e terrore di esporsi agli sguardi (e quindi ai giudizi) altrui.

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Tensioni sintetizzate nel flashback iniziale, che mostra il protagonista e Jim, il suo compagno, felici per avere appena acquistato quella casa. George crede che Jim non sia ancora pronto per vivere in una casa tutta di vetro, ma questi lo rassicura: “Sei tu quello che dice sempre che siamo invisibili”. Casa Schaffer è stata restaurata e messa in vendita nel 2008, per poi essere acquistata per (appena?) 1,35 milioni di dollari nel 2012, agli inizi del secondo mandato di Obama, quando l’ipotesi che una minoranza potesse fare paura sembrava destinata a estinguersi. Sarebbe poi arrivato Trump, quattro anni dopo, a instillare più di un dubbio al riguardo.

Autore

Andrea Pirruccio

Si laurea in Storia e Critica del Cinema a Torino. Da oltre 20 anni fa parte della redazione della rivista Interni e dal 2022 collabora al dizionario Il Mereghetti. Da quanto ricorda, frequenta le sale da sempre, ma fa risalire il proprio imprinting cinematografico a un pomeriggio domenicale di tanti anni fa, quando i suoi genitori pensarono bene di portarlo a vedere 1997: Fuga da New York e, quando si accorsero che il film era stato sostituito da Pierino medico della SAUB, decisero di entrare lo stesso.

Il film

locandina A Single Man

A Single Man

Drammatico - USA 2009 - durata 101’

Titolo originale: A Single Man

Regia: Tom Ford

Con Colin Firth, Julianne Moore, Matthew Goode, Ginnifer Goodwin, Nicholas Hoult, Paulette Lamori

Al cinema: Uscita in Italia il 15/01/2010

in streaming: su Apple TV Amazon Video