I titoli di testa di Il vedovo scorrono sulle immagini in notturna di un edificio che un movimento verso l’alto della macchina da presa svela poco per volta, fino ad arrestarsi su un’immagine che ne mostra la parte superiore, inopinatamente ‘allargata’ rispetto al corpo.

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Il vedovo

Finiti i titoli, una dissolvenza incrociata mostra, stavolta di giorno, la cima del palazzo da un’altra angolazione; poi, con un movimento speculare e contrario rispetto al precedente, l’inquadratura si abbassa fino a mostrarne l’ingresso, visto prima dall’esterno e poi, dopo uno stacco, dall’interno.

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Il vedovo

Ma perché Risi riserva tanta enfasi nell’introdurre una delle due residenze – l’altra è una villa fuori città – della disfunzionale coppia formata da Valeri e Sordi, lei brillante imprenditrice milionaria, lui attentatore del di lei patrimonio con cui sogna di finanziarie improbabili speculazioni? Perché la residenza in questione è la celebre Torre Velasca, inaugurata nel 1957, appena due anni prima rispetto all’uscita del film, e progettata dallo studio BBPR perché sormontasse l’omonima piazza milanese: tra i pochi esempi italiani di architettura post-razionalista brutalista, fortemente connotato da quella forma a fungo che cozzava con lo stile internazionale in auge in quegli anni.

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Torre Velasca (foto di Paolo Monti)

Un “fungo con le bretelle”, venne infatti definito, per via delle travature oblique che ne sostengono la parte aggettante, vale a dire il modulo superiore che ospitava i piani compresi tra il diciannovesimo (quello in cui vive la coppia) e il venticinquesimo (riservato alle unità più prestigiose: sei appartamenti duplex su due livelli, con zona mansardata e terrazza panoramica), e destinato esclusivamente alle 72 unità abitative, tutte complete di veranda e terrazzo. Sintesi plastica di una Milano che già all’epoca inneggiava al “Go Vertical”, contrapponendosi all’orizzontalità della Capitale, la torre Velasca è il simbolo di una borghesia nuova, che rincorre inedite fonti di guadagno e ha il terrore dei tempi morti.

Nei confronti del film di Risi, la Velasca assurge così ad architettura identitaria: ne suggerisce e ne detta i ritmi inarrestabili, quelli di una commedia che parte addirittura in medias res (con Sordi che, nottetempo, e col grattacielo sullo sfondo, racconta al suo braccio destro il sogno ‘premonitore’ della morte della moglie) per poi procedere a passo di carica in una successione ininterrotta di gag, idee e personaggi che non danno tregua allo spettatore. Una presenza talmente invasiva, quella della Torre, da innescare processi identificativi multipli.

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Il vedovo

Per esempio sovrapponendosi idealmente al personaggio di Sordi, con cui condivide sia il velleitarismo infantile e un po’ stolido (il palazzo avrebbe dovuto essere realizzato interamente in acciaio e vetro, ma i costi sarebbero stati tali che i BBPR optarono per la soluzione in calcestruzzo armato con rivestimento in pietra), sia la capacità di polarizzare i giudizi: se l’arrivista Alberto Nardi viene variamente considerato un genio incompreso o, dalla moglie, un “cretino, incapace e megalomane”, anche l’edificio, sin dal suo apparire, viene diversamente valutato e amato o detestato senza mezze misure. Se grandi architetti come Mario Bellini e Gianmaria Beretta ne apprezzano la portata innovativa e il rifiuto della standardizzazione architettonica, altri, come Bruno Zevi, lo odiano per l’ansia storicistica che portava in dote. Luciano Bianciardi, nel suo La vita agra, lo definisce “un torracchione di vetro e cemento”, ambientando a sua volta il romanzo in un altro grattacielo meneghino, la Torre GalFa. Ma quello è un altro progetto e, dunque, un’altra storia.

Autore

Andrea Pirruccio

Si laurea in Storia e Critica del Cinema a Torino. Da oltre 20 anni fa parte della redazione della rivista Interni e dal 2022 collabora al dizionario Il Mereghetti. Da quanto ricorda, frequenta le sale da sempre, ma fa risalire il proprio imprinting cinematografico a un pomeriggio domenicale di tanti anni fa, quando i suoi genitori pensarono bene di portarlo a vedere 1997: Fuga da New York e, quando si accorsero che il film era stato sostituito da Pierino medico della SAUB, decisero di entrare lo stesso.

Il film

Il vedovo

Commedia - Italia 1959 - durata 100’

Regia: Dino Risi

Con Alberto Sordi, Franca Valeri, Livio Lorenzon, Nando Bruno

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