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Koko-di Koko-da

Regia di Johannes Nyholm vedi scheda film

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La recensione su Koko-di Koko-da

di leporello
8 stelle

 

    I primi dodici minuti di film passano regolarmente, anche se non senza scosse: una giovane coppia, con la loro figlioletta in procinto di compiere otto anni, sono in vacanza da qualche parte, e un lieve inconveniente come l’intossicazione alimentare che colpisce la donna non è sufficiente a far presagire la portata della tragedia che avverrà di lì a breve. In questi primi dodici minuti, l’alto tasso di misteriosità che caratterizza tutto il lavoro si limita al doversi domandare chi accidenti siano quei tre personaggi che aprono la scena nell’incipit. Ma che si tratti forse di una cosa “tipo Cerbero” lo si capirà più tardi, ammesso che si arrivi a capirne qualcosa; per ora, per i primi dodici minuti, quei tre personaggi (più uno, anzi più due: un cane vivo e un cane morto) corrispondono soltanto alle tre figure dipinte sul carillon che la piccola Maja avrebbe desiderato per il suo ottavo compleanno, e che riproduce la musichetta “a canone” narrante di un gallo il quale, essendo esso ormai morto,  non può più  fare coccodì-coccodè (da cui il titolo del film).

 

    Si procede con un nero (senza dissolvenza).

 

    Sipario.

 

    Breve sequenza di animazione...

 

    (Piccolo inciso: mi piacciono queste trovate artistiche, anche se eventualmente non riuscirò mai a capirle, perchè mi ricordano il fatto che al cinema si possono fare cose turche anche senza doversi fermare per forza ai livelli di Ozpetek...).

 

    Seguito.

 

    Si può parlare di un seguito? Se ci fosse il Tempo sì, ma in questo film il fattore tempo è molto relativo: la stessa didascalia che recita “Tre anni dopo” deve essere oggetto di lecito dubbio. E’ un tempo “a quadri”, a macchie”, tendente al circolare/reiterante. Un tempo che si osserva molto e spesso, specie da dietro il finestrino di una tenda canadese in mezzo al nulla, e lo si affronta principalmente in base al ritmo delle esigenze fisiologiche come il dover fare la pipì. E’ un tempo incurante del tempo, e poco importa se ad un certo punto appare la neve, perché c’è la neve tutto intorno ma non ce n’è sopra la tenda, quindi è un tempo che potrebbe essere considerato solo mentale, psichico.
E che cosa c’è nella mente di quella giovane coppia un po’ in crisi, in affanno, piantata nel nulla di una Svezia inabitata, perseguitata senza motivo dalla crudeltà di un mostro tricefalo che fischietta allegramente una filastrocca per bambini? La perdita improvvisa della figlioletta tre anni prima basta a spiegare tutto? La risposta è no: c’è un vago senso di colpa nascosto nel profondo delle loro anime, nascosta come ci si nasconde in un bosco oscuro e fuori dal tempo, dove non vive nessuno tranne che un demone a tre teste e la sussistenza di quei due cani, uno vivo e uno morto, che forse (unitamente alla contrapposizione tra uomo e natura, uomini e regno animale) reca la chiave di lettura giusta per interpretare questo film. A proposito: c’è anche un gatto. Loro dicono che sia una gattina, tutta bianca. Ma non sta con nessuno, non sta col Cerbero e i suoi cani, non sta con la coppia di protagonisti, non appartiene al bosco perché è troppo candida e pulita per essere un animale che viva selvatico. Dire cosa sia questa gattina è forse la cosa più difficile di tutte. Potrebbe essere una sorta di anello di collegamento, un tramite, un ponte tra il mondo reale e quello degli incubi e dei rimorsi, un messaggero angelicato che tiene i fili di un tempo di cui si va perdendo il senso e la linearità. O forse è una figura uscita per sbaglio dalle due, pregevolissime sequenze di animazione (un seconda, esplicativa, è nel pre-finale) e che non riesce più a farvi ritorno.
 
    Un film metafisicamente molto indovinato, un “non horror né thriller” un po’ sulla scia di film come “Shining” o “Il Sesto Senso” (per citarne due “grossi”). Accuratissima la regia, ottima fotografia, e molti dettagli pregevoli come il già citato excursus nel cinema di animazione o come il sonoro, ad esempio, limato davvero con precisione estrema. Piccolo, ma molto intrigante, sa tenere ben alta la tensione senza sconfinare mai né nello spavento gratuito o grottesco, né nella noia che pure resta sempre in agguato come una gattina tutta bianca nel cuore della notte.

 

    Molto interessante.

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