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La prigioniera

Regia di Henri-Georges Clouzot, Robert Ménégoz vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La prigioniera

di Baliverna
6 stelle

Clouzot ragiona sulle pieghe più nascoste dell'animo femminile e sul mito sessantottino della coppia aperta.

Non è certo tra i migliori film di Clouzot, ma pure non è indegno di essere visto.

In generale, mi pare uno studio su certe dinamiche affettive tra uomo e donna, e in particolare su una certa tendenza femminile ad innamorarsi di uomini che le trattano quasi come un cagnolino a cui dare ordini, o ancora di uomini incapaci si amare e di accettare l'amore. Entrambe le caratteristiche, infatti, convivono nel personaggio del fotografo estroso e cinico (chi altro attore poteva interpretare un uomo oscuro e tormentato se non Laurent Terzieff?). Per di più l'ombroso artista cerca di scoraggiare la ragazza e di avvertirla in merito a che tipo egli è, ma così ottiene solo di riuscire più attraente. E' curioso, poi, il fatto che tutto crolla improvvisamente quando lui si accorge di trovarsi in una storia d'amore e che lei è seriamente innamorata di lui. Infatti, ci si è trovato per caso e senza averlo voluto. In quel momento gli scatta dentro una reazione violenta, un moto di ribellione interiore. Del resto, lei era stata avvertita.

Dall'altro lato, vediamo una disanima ironica sull'allora nuovo assunto sessantottino della coppia aperta, dove ognuno vivrebbe liberamente e apertamente le proprie esperienze esterne, per così dire. Le parole sono parole e le teorie teorie: il fatto è che quando si viene traditi si è gelosi e si soffre.

Clouzot se la cava, ma non direi più di questo. L'inizio è un po' incerto, e la parte veramente buona è quella della fuga d'amore. Il regista, anche sceneggiatore, tratta un tema certamente interessante, ma gli manca quell'acume e quella precisione necessari a metterlo d'avvero a fuoco. Il contenuto c'è, ma rimane un po' incerto e sfocato.

Gli esperimenti di immagini caleidoscopiche non sono male, come pure le altre parti dell'incubo di lei. Ma per rappresentare bene un sogno ci vuole un Bunuel, un Fellini o un Pasolini.

Bravo Terzieff, nella norma gli altri.

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