In un’industria dello spettacolo, quella britannica, che sforna attori clamorosi un tanto al chilo – son venuti due shakespeariani e mezzo, che faccio lascio? – David Tennant è fuor di dubbio il primus inter pares della sua generazione. E non parliamo propriamente di un gruppo di scappati di casa, ma di gente come Michael Sheen, Andrew Scott, James McAvoy, Idris Elba, Martin Freeman, Matthew Rhys. Ma anche di Christian Bale, Orlando Bloom, Paddy Considine, Benedict Cumberbatch, Chiwetel Ejiofor, Rory Kinnear e Simon Pegg. Alcuni di loro sono opinabilmente più bravi di lui, molti sono più ricchi e hanno avuto più successo a Hollywood e in ambito internazionale, ma nel magico mondo della televisione inglese nessuno ha uno status superiore a quello di Tennant, che dopo aver interpretato due incarnazioni del Doctor Who (la decima e la quattordicesima) e aver presentato i BAFTA in kilt, può più o meno permettersi di fare quello che vuole.

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The Hack

Compreso prendere il più grande scandalo di corruzione nella storia recente del Regno Unito – una vigliaccata a opera di Rupert Murdoch e soci che non viene mai ricordata abbastanza – e drammatizzarlo nella miniserie The Hack (scritta dal Jack Thorne di Adolescence), che ruota tutta attorno al suo istrionismo carismatico e ammiccante. E questo nonostante sullo sfondo, per l’appunto, venga raccontata l’inchiesta giornalista che ha scoperchiato il fetido pozzo nero che raccoglieva le più marce deiezioni del rapporto tossico fra alcuni tabloid e Scotland Yard. Un caso di cronaca che ha minato clamorosamente la fiducia nei confronti dell’istituzione del giornalismo, essenziale per sperare in una società trasparente, e ha dimostrato, per l’ennesima volta ma a volume molto più alto del solito, che con i soldi e il potere si compra tutto, persino la democrazia.

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The Hack

The Hack inizia nel 2008 e ha per protagonista assoluto – con tanto di libertà di infrangere la quarta parete e sovrascrivere la narrazione quando ne ha bisogno – il giornalista d’inchiesta Nick Davies; tecnicamente libero professionista, ma in realtà felice di collaborare esclusivamente per il Guardian. Uno scribacchino autonomo e a suo modo ribelle, che però sposa appieno la causa di un quotidiano dalla grande tradizione improntata sull’indipendenza da ingerenze politiche o commerciali.

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The Hack

Davies riceve una soffiata da una fonte anonima, che lo spinge a tornare a rimestare in un caso di cronaca che si era teoricamente concluso l’anno prima, quando un caporedattore del News of the World (tabloid di proprietà di Rupert Murdoch) e un investigatore privato erano stati condannati a pene risibili per aver intercettato illegalmente le segreterie telefoniche di alcune persone vicine ai reali, allo scopo di captare qualche succoso gossip da pubblicare in esclusiva.

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The Hack

La fonte anonima, ribattezzata Mr. Apollo, suggerisce che le porcate del News of the World non si limitassero esclusivamente ai telefoni di Buckingham Palace e dintorni, o a quelli dei cinque VIP (compresa la supermodella Elle Macpherson) i cui nomi erano emersi durante il processo. Apollo insinua che quella di intercettare illegalmente le segreterie – sfruttando un bug dei setting di default delle compagnie telefoniche – fosse una pratica estesa a chiunque e sistematica, di cui Scotland Yard era perfettamente al corrente. Di più: il direttore del News of the World all’epoca del primo scandalo, Andy Coulson, dopo essersi dimesso dal suo ruolo era atterrato bello e in piedi, venendo nominato direttore della comunicazione per l’allora primo ministro David Cameron. Una roba che, se ci pensi, un pochino ti viene lo schifo. Perché va bene il cinismo della realpolitik e l’essere perfettamente consapevoli che il motto La Legge è Uguale per Tutti è più una favola della buonanotte per i bambini che si sono comportati bene, ma c’è anche un limite di sopportazione di fronte a un’impunità così tracotante.

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The Hack

The Hack è la storia di uno schifo miserabile che è venuto alla luce solo grazie alla testardaggine, quasi patologica, di un giornalista che viene dipinto come un eroe di altri tempi, come un Mr. Smith che va a Washington. Un anacronismo che si aggira per le strade di un mondo parallelo in cui la carta stampata non è ancora del tutto un medium ahinoi moribondo, rosicchiato dalle stesse dinamiche di potere che è nata per denunciare e combattere. Sono passati solo una manciata di anni da allora, e oggi sembra impossibile sperare in un giornalismo in grado di fare quello che ha fatto Nick Davies. Senza di lui, Murdoch starebbe ancora facendo i suoi porci comodi. E senza David Tennant, The Hack sarebbe una miniserie molto più noiosa. Tutto torna.

Autore

Nicola Cupperi

Scrive per Film Tv perché gliel'ha consigliato il dottore. Nel tempo libero fa la scenografia mobile. Il suo spirito guida è un orso grigio con le fattezze di Takeshi Kitano.