Bisogna forse aggiornare uno dei più bei monologhi della Storia del cinema, quello di Orson Welles in Il terzo uomo, quando il suo Harry Lime faceva un po’ il bullo con la Svizzera (“con cinquecento anni di amore fraterno, democrazia e pace cos’hanno prodotto?”) sminuendola per il suo scarso contributo all’umanità. Dal momento che noialtri non svizzeri, in novant’anni di pace tra la Seconda e la Terza guerra mondiale, la cosa più impattante che siamo riusciti a inventarci è la pornografia del dolore per profitto, quasi quasi tornerei all’orologio a cucù degli amici elvetici. Oppure mi concentrerei su Irish Blood, miniserie irlandese in cui Alicia Silverstone – una che faceva i film brutti di supereroi (Batman & Robin del ‘97) ben prima che andasse di moda – interpreta un personaggio con un discreto trauma infantile alle spalle: la mattina del suo decimo compleanno, infatti, si sveglia e trova la casa sottosopra, la madre tutta ammaccata e l’amato padre, l’irlandese Declan, sparito per sempre senza spiegazioni.

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Irish Blood

La povera Fiona Sharpe è passata nel giro di una notte da avere una famigliola perfetta – di quella tutta sorridente che balla il rock’n’roll a cena nel grande salotto di una bella casa suburbana losangelina – all’essere orfana di babbo senza ulteriori spiegazioni, convinta che il genitore che considerava un eroe sia un marito violento e un padre degenere. Piuttosto che approfittarsene per modellare il tipico protagonista adorato dalla tv di qualità di ultimo decennio, ovvero una persona che brandisce il proprio trauma come un bazooka creando enorme disagio per sé e tutto il circondario umano, Irish Blood dà a Fiona il diritto di essere una persona assolutamente normale.

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Irish Blood

Che non significa perfetta. Fiona è una quarantenne di successo – un’avvocata divorzista senza scrupoli – che sembra godersi con gusto una vita di cause vinte, sesso occasionale per festeggiare e muffin glassati preparati dalla mamma pasticciera. Ma è adamantina per quanto riguarda le relazioni con gli uomini: niente intimità, per nessun motivo al mondo. Insomma, Fiona è segnata da un trauma importante e non fa certo finta che non esista, ma fintantoché non trova il tempo di prendere appuntamento con un terapeuta, la sua vita è perfettamente funzionale e godibile, lontana dall’illegalità e psicologicamente stabile.

Prima ancora di riflettere sulla scelta tra terapia cognitivo-comportamentale, psicodinamica o sistemico-relazionale, Fiona riceve un pacco misterioso proveniente dall’Irlanda, contenente la chiave di un armadietto, una foto del suddetto armadietto e un numero di telefono. All’altro capo della chiamata intercontinentale, una voce di donna anziana e irlandese le dice che Barbanera ha la chiave del tesoro.

Aizzata dall’enigma, Fiona vola in Irlanda, a Wicklow, e nel giro di poco tempo scopre che il suo babbo: 1) è morto, presumibilmente ammazzato da certa brutta gente; e 2) non era per niente un violento, ma solo un commercialista coinvolto in giri loschi e pericolosi, costretto a fuggire per tenere al sicuro la famiglia.

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Irish Blood

Il tono di Irish Blood segue la parabola emotiva di un personaggio solido come Fiona, in grado di vivere con un certo senso dell’umorismo – nonostante le cicatrici, sarà il sangue irlandese del titolo – l’assurda caccia al tesoro in cui viene coinvolta nella premessa, ma anche capace di lasciarsi andare e di saper affrontare con la freddezza di una donna squalo le situazioni di pericolo che si trova costretta ad affrontare mentre indaga sui misteri del babbo. Perché, ça va sans dire altrimenti non avremmo una miniserie, Fiona decide chiaramente di restare in Irlanda per vederci chiaro (e aggiustare il suo trauma). Ma lo fa partendo dalla posizione proattiva di una persona già in larga parte risolta, motivata a mettere la ciliegina sulla torta di una vita compiuta e soddisfacente, segnata dal trauma ma da esso non definita.

Autore

Nicola Cupperi

Scrive per Film Tv perché gliel'ha consigliato il dottore. Nel tempo libero fa la scenografia mobile. Il suo spirito guida è un orso grigio con le fattezze di Takeshi Kitano.