È estate. Nonostante le convinzioni fataliste dei negazionisti, fa molto più caldo del dovuto. E la sofferenza cresce in maniera proporzionale al cemento che ti circonda. A queste condizioni, se devo guardarmi una bella serie inedita vorrei che essa, come minimo, fosse in grado di trasportarmi lontano, quantomeno con la fantasia. Nautilus risponde perfettamente alla descrizione, in quanto prequel di Ventimila leghe sotto i mari, che è forse fra le cinque storie migliori di sempre per lontananza di trasporto. Più nello specifico, Nautilus è la ciliegina sulla torta (gelato) in quanto origin story del Capitano Nemo. Ovvero l’avventurosa vicenda di come il misterioso condottiero sottomarino inventato da Jules Verne sia diventato uno dei personaggi più epici nella storia della narrativa, fondamentalmente una versione indiana e tecno-anarcoide-pirata di Batman (così [più o meno] viene descritto nel sequel L’isola misteriosa) votata alla distruzione dell’Impero Britannico.

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Nautilus

Un protagonista più esaltante di così, in un contesto di avventura e azione fantasy, è oggettivamente difficile da pareggiare. Ed è comprensibilmente allettante l’idea di raccontare la storia che ha portato un personaggio a urlare, nelle parole scritte da Verne, “Io sono il diritto, sono la giustizia! Sono l’oppresso. Ecco l’oppressore! Per sua mano ciò che ho amato adorato e venerato: patria, moglie, figli, mio padre, mia madre, tutto ho visto perire. E tutto quel che io odio è là. Tacete!”. Di carne sul fuoco – di pesce gigante pescato negli abissi dell’oceano – ce n’è in abbondanza. Ed è un peccato che Disney abbia rinunciato a distribuire questo prequel a livello internazionale, come aveva annunciato in fase di produzione. Secondo me, per i loro gusti, il pilota di Nautilus non raggiungeva (per fortuna) il livello di leggerezza-forzata-che-compensa-l’action, standardizzata dai film e dalle serie Marvel. Senza contare un protagonista con troppe ombre per essere un eroe Disney.

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Nautilus

Nel 1857 Nemo è prigioniero nella colonia penitenziaria di Kalpani, dove i galeotti vengono schiavizzati per costruire una nuova, potentissima arma marittima che potrebbe garantire l’egemonia oceanica della Compagnia delle Indie Orientali per i secoli a venire: il Nautilus, il primo sottomarino catafratto da guerra al mondo. Nonostante le evidenti mancanze dal punto di vista dei diritti civili e dell’igiene in generale, ai carcerati che partecipano ai lavori forzati sull’imbarcazione vengono comunque fatti lavare i piedi. Le regole della buona navigazione hanno sempre la priorità, non siamo mica degli incivili ineducati. Non si sale mai a bordo con i piedi zozzi, cribbio. Si può dire di tutto agli inglesi – schiavisti, colonialisti, paternalisti, condiscendenti, spocchiosi, sdentati, snob, impietosi, incestuosi – ma non che siano gente cafona.

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Nautilus

Con l’aiuto di un ingegnere francese ingannato dal capitalismo – “Mi avevate promesso che il Nautilus sarebbe stato utilizzato per esplorare gli oceani, non come arma per farvi guadagnare ancora di più”. Eh, buonanotte cuore di panna – il brillante Nemo, che durante i lavori di costruzione ha contribuito in maniera essenziale e silenziosa alla progettazione della nave, prende il controllo del sottomarino con fare garibaldino e rocambolesco, liberando se stesso e il suo equipaggio dal giogo della Compagnia. Che, giova ricordarlo, all’epoca era più ricca e potente (e spietata) di qualsiasi nazione al mondo.

La tensione seriale non si crea solo con l’idea, mutuata dal romanzo, di farci partecipare – come precursori di Aronnax e Consiglio – a una serie di mirabolanti avventure a bordo del Nautilus tra spingitori di cavalli subbaqqui, mostri marini, ecosistemi subacquei pazzurdi (sia pazzeschi sia assurdi) e quant’altro di fantasmagorico si possa permettere il budget per la CGI. L’orizzontalità della serie è stata fatta incarnare con mirabile saggezza anche nella co-protagonista, un’arrogante saputella di nobile schiatta (ironicamente battezzata Humility) che viene presa in ostaggio da Nemo mentre navigava su una nave della Compagnia verso Mumbai (all’epoca Bombay), dove la attende il futuro sposo capestro impostole dalla famiglia.

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Humility è un personaggio adorabilmente fastidioso a tutto tondo, per come riesce a rendere (ancora) più complicata la vita a bordo di un sottomarino – c’è chi preferiva i lavori forzati alla convivenza in spazi angusti con una nobildonna viziata e testarda – ma anche per come garantisce a Nemo una taglia sulla testa a vita da parte delle sconfinate forze della Compagnia (che passa da avida a eroica, fingendo che il profitto sia meno cogente del salvataggio di una vita umana inglese bianca di nobile stirpe). E forse, con la Humility che ci contraddistingue, abbiamo già risolto uno dei misteri della versione futura di Nemo in Ventimila leghe sotto i mari, descritto come un (finto) misantropo che si è voluto chiamare fuori da ogni forma di vita sociale: vorrei vedere la vostra di reazione, dopo essere stati costretti a convivere con una nobilpersona inglese. Nel 1857. Auguri.

Autore

Nicola Cupperi

Scrive per Film Tv perché gliel'ha consigliato il dottore. Nel tempo libero fa la scenografia mobile. Il suo spirito guida è un orso grigio con le fattezze di Takeshi Kitano.