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Masters of the Air

1 stagioni - 10 episodi vedi scheda serie

Serie TV Recensione

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La recensione su Masters of the Air

di supadany
6 stelle

«Chi lotta contro i mostri deve guardarsi - così facendo - di non diventare un mostro, perché se scruti a lungo in un abisso, anche l’abisso scruterà dentro di te».

Le guerre producono morte e devastazione, orrori che sconvolgono le vite di tutti coloro che le hanno vissute sulla propria pelle. Un’esperienza drammatica/traumatica che cambia, facendo distinzioni solo parziali, le persone, che dapprima le costringe a interrompere bruscamente qualsiasi progetto avessero in ballo, rivedendo la lista delle priorità, e dopo se ne va lasciandosi alle spalle dei segni indelebili, destinati a non essere mai rimossi/riparati, almeno non nella loro interezza.

Senza voler stilare una classifica in (de)merito, la Seconda Guerra Mondiale rimane un capitolo che per durata, portata e profondità delle perdite/ferite inferte, ha lasciato purtroppo più fatti/fronti/cose da affrontare/raccontare/ricordare.

In ambito televisivo, quando ancora – al contrario di quanto avviene oggi - viaggiava in una dimensione lontana anni luce dall’appeal del cinema, Band of brothers (2001) e The Pacific (2010) avevano avuto un impatto mediatico notevole e dimostrato le potenzialità di un mezzo che poteva disporre di una gittata più prolungata. Ora, con nuovamente Steven Spielberg e Tom Hanks presenti come produttori esecutivi, Masters of the air va a concludere una sorta di trilogia, aggiungendo il fronte europeo.

Sarà per il tempo intercorso e/o per un’impronta sostanzialmente differente – semplificando, meno coesa e più compilativa - ma questa volta il bilancio risulta contraddittorio, tra qualità lampanti e aspetti che fanno storcere il naso.

Estate 1943. John Egan (Callum TurnerQueen and country, Animali fantastici: I crimini di Grindelwald) e Gale Cleven (Austin ButlerElvis, Dune: Parte due) sono due grandi amici, due aviatori che si ritrovano in Gran Bretagna per bombardare obiettivi strategici della Germania.

Con il passare del tempo, addentrandosi nel cuore del territorio nemico, le missioni diventano sempre più pericolose e cruente, le perdite aumentano in maniera vertiginosa e i rimpiazzi sono sempre più giovani e inesperti, anche le regole iniziali devono fare i conti con una situazione che non consente passi indietro, richiedendo uno sforzo massiccio e ininterrotto.

Gli stessi John e Gale si ritroveranno negli scomodi panni di prigionieri, mentre il loro collega Harry Crosby (Anthony BoyleTetris, Il complotto contro l’America) coordina le operazioni aeree dalla base e le truppe, americane da ovest e russe da est, avanzano.

La (loro) lotta per la sopravvivenza assumerà connotazioni sempre più disumane con l’avvicinarsi della capitolazione finale della macchina da guerra tedesca.

 

scena

Masters of the Air (0): scena

 

Creata da John Orloff (Il regno di Ga’Hoole, Un cuore grande) e John Shiban, Masters of the air vanta una produzione dal valore altisonante, con 250 milioni di dollari alle spalle che gli consentono di garantire una resa spettacolare con pochi eguali.

Trattasi di una miniserie a marce variabili, con tante munizioni da spendere e altrettante occasioni mancate,letteralmente spaccata in due tronconi, a loro volta soggetti a una serie di contrapposizioni che faticano a coabitare con una fattiva collaborazione/remunerazione, per un quadro che spazia tra ridondanze e approssimazioni, inequivocabili punti di forza e fianchi chiaramente scoperti.

Così, ha uno spettro esteso che nei primi quattro episodi (tutti diretti da Cary Joji FukunagaNo time to die, True detective – Stagione 1) dispone di scontri aerei, peraltro in crescendo per intensità, di incredibile vigore e rilevanza tecnico/tattica, alternati con le vicissitudini di terra, che vengono quasi sempre tranciate rapidamente, mentre nei rimanenti cinque (in successione, due diretti dal duo Anna Boden/Ryan FleckCaptain Marvel, due da Ree Rees - Mudbound, l’ultimo dal navigato Tim Van PattenI Soprano, Boardwalk empire) vengono totalmente – senza sosta e con una foga controproducente - rimodulati gli equilibri.

Di fatto, Masters of the air dispone di tanto/troppo materiale al quale non intende rinunciare, ha segmenti preminenti ma anche defezioni narrative difficili da accogliere/perdonare a cuor leggero, con tante finestre che vengono stritolate dalle esigenze riassuntive/illustrative, ad esempio con alcuni rapporti che non godono di un sufficiente respiro (le donne interpretate dalle meravigliose Joanna KuligCold war e da Bel Powley - The Morning show promettevano assai bene) e sezioni presentate su due piedi, soffocate in ugual modo, tra fughe tranciate di netto sul più bello e l’apporto dei neri, in buona sostanza racchiuso in un unico episodio (a questo punto, tanto valeva escluderlo del tutto, non sarebbe stato uno scandalo).

Insomma, questa miniserie tende ad andare a botta sicura, ad accumulare slot significativi senza preoccuparsi di fornire risoluzioni che siano esaustive. Volteggia nei cieli, dove scatena un inferno da standing ovation, stabilisce un legame centrale/fondamentale, che vede impegnati due attori di prima fascia, quali sono Austin Butler e Callum Turner (il primo troppo pettinato e impostato, il secondo un po’ sopra le righe ma convincente/trascinante, abbastanza ribelle per farsi notare), e disperde energie facendo un incessante elastico tra troppi varchi/frangenti aperti, concedendo solo sporadici approfondimenti.

 

locandina

Masters of the Air (0): locandina

 

In conclusione, Masters of the air non mantiene le spasmodiche attese di chi già si fregava le mani aspettandosi un ulteriore e indiscutibile capolavoro, tuttavia si salva in angolo assicurando un consumo immediato e voluminoso, in grado di trasmettere forti emozioni. Questo senza dimenticare i particolari che snocciola sulle regole d’ingaggio, dettagli puntuali che non si dovrebbero dimenticare facilmente, che fanno da contrappeso a superficialità difficili da accettare e a un eccesso di enfasi/retorica che con ogni probabilità è confacente all’epoca (c’era un tentativo di egemonia globale da scongiurare/sventare a ogni costo) ma stridente rispetto ai venti di guerra che stiamo vivendo/subendo.

Concitato e spannometrico, corposo ma troppo sistematico per elevarsi a titolo immancabile.  

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