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Capricci

Regia di Carmelo Bene vedi scheda film

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La recensione su Capricci

di precint13
8 stelle

Terza fatica cinematografica di Carmelo Bene, Capricci fa seguito a due capolavori: il cortometraggio Hermitage e il lungometraggio Nostra Signora dei Turchi.
Opera inenarrabile, ma proprio perchè non sussiste il bisogno di narrarla, di raccontarla, di (dis)chiuderla, limitarla. E' un altro suggello della troppo breve (ma intensissima) produzione del grande attore e regista, un'altra immersione nel "tempo spazializzato" che de-pensa l'iconologia del (non) vedere cosicché la pellicola flusica lasciando intravedere ("vedere attraverso") l'impossibilità, per la vista stessa, di essere vista (ovvero l'impossibilità di vedere la vista). Straordinario decostruttore nietzschiano, Carmelo Bene fruga in una certa spazzattura concettuale del pensiero occidentale dell'800/'900 e ribadisce una sua personalissima alterità del senso (che cosa significa "avere senso"), dinamitando dal suo interno un film che egli stesso de-finisce "brutto" e "disgraziato". E' stato egli il più grande eversore che la nostra tradizione artistica abbia prodotto nel secolo scorso. Un geniale ("del genio ho la mancanza del talento" - diceva) attore, regista e filosofo, la cui carica intellettualmente reazionaria va ben al di là della provocazione.
Capricci non fa eccezione. E' un'opera quasi impossibile da giudicare. Le stelle potrebbero essere una, tre o cinque e la cosa non avrebbe importanza (che poi il film sembra talmente amputato, sottrato nella ricerca del mostrare di non mostrare da parer quasi a volte procedere paradossalmente per accumulo ---o viceversa???). Anzi, avrebbe la medesima non-importanza. Ed è proprio qui che risiede la grandezza di Bene, il testamento della sua misura d'artista e filosofo. Che poi all'interno dell'opera si cerchino (forse trovino) alcune sovrastrutture (cosa significa essere artista, l'interrogazone sulla reale possibilità per questi di porsi al di fuori della società, il disintegrarsi dell'immagine nella prigione dell'occhio, il disarticolarsi - quasi slabbrarsi - della parola, della voce che vocalizza simboli e non pensieri) è quasi superfluo (da professionista, devo comunque dire che la mise en scene di Capricci è eccellente, assai meglio di quanto abbia letto in giro). L'importante è che la sua opera non rimanga tetramente non vista, incompresa, lasciata naufragare. Forse che, deprimentemente, ne sorgano proseliti. Lo spero vivamente, coltivando una sola preghiera:

non tacitiamo Carmelo.

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