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Il gatto nero

Regia di Lucio Fulci vedi scheda film

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Nocturno_1977

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La recensione su Il gatto nero

di Nocturno_1977
6 stelle
BLACK CAT 1981 ITA LUCIO FULCI.
 
 
In un caseggiato da British Country (che rievoca l’adorata scenografia del cult “Non si deve profanare il sonno dei morti”) un pescatore muove le sue verdi calosce di buon’ora scortato dalla sua fedelissima borsa a tracolla e dagli “arnesi” del mestiere.
Le prime ore del mattino sono i momenti migliori ed il trentenne spettinato pescatore lo sa…sicuramente pochi chilometri lo separano dal suo diversivo ma ad un tratto uno strano rumore dello sportello della macchina cambia il suo umore…lo si vede dai suoi occhi preoccupati....nel ripiano posteriore della sua autovettura rosso corallo c’è un gatto nero dagli occhi di giada che lo ipnotizza, lo strega e lo telecontrolla fino al suicidio….sono i primi minuti di questo lavoro sempre poco riconosciuto del regista romano.
La squadra è quasi quella del cuore…agli effetti speciali Paolo Ricci, le musiche sono quelle del maestro Pino Donaggio, la fotografia è del fedelissimo Sergio Salvati e al montaggio l’altro collaboratore storico Vincenzo Tommasi (non oso immaginare il taglia e cuci pur di rientrare)
La sceneggiatura è anticonformista…l’ idea di partenza è ovviamente Edgardiana poi però freneticamente stravolta tipica della narrativa Fulciana che in questo contesto collabora con Biagio Proietti (Sceneggiatore tra l’altro del cult di Tessari “La morte risale a ieri sera”).
Il risultato dello script è una miscela di sottogeneri diversi che ha più variabili non distinguibili tra loro assemblate in maniera istintiva. Si parte dalla possessione demoniaca, passando per il giallo con venature gotiche ed il soprannaturale peraltro non approfondito
Lui però ha sempre vissuto in una dicotomia di stili contrastanti…da figlio putativo di Steno ad amante del vezzo di Hitchcock (anche l’ossessione quasi psicoanalitica dell’occhio visibile anche da un miope nel film citato) passando per i vari registi noir anni 40/50 hollywoodiani per poi ripudiarli. Ma è proprio questa divergenza, questo contrasto che alberga nella sua istintiva artigianalità che lo rende speciale….un uomo da set cinematografico…punto.
La regia in soggettiva ha il gatto demone come protagonista…una curiosità riguardante il gatto nero prima della CGI…”per fare il punto di vista del gatto c’era una macchina su un pezzo di tavola e poi con una borza la portavamo in giro facendo i salti, passando vicino agli angoli”.
Però erano altri anni dove magari la troupe si inventava qualcosa pur di accontentare il regista che aveva un budget sicuramente striminzito e dei tempi ben precisi per finire l’opera. Ed in questo il maestro nel bene o nel male era affidabile…sapeva colmare i buchi voluti forse dello script con la sua tecnica immensa e magari con qualche filastrocca onirica fanciullesca che incalza degnamente in un inquadratura di una vecchia scala in rovere tarlata.
La sua tecnica è straordinaria…sono maniacali infatti nel film i suoi dolly zoom sull’accigliato Dottor Miles (Patric Magee attore con la A maiuscola ed interprete indimenticabile in qualche capolavoro di Kubrick), o le inclinazioni ad altezza d’occhio girate a mezzo campo sul caschetto geometrico dorato della sempre convincente Mimsy Farmer (La fotografa ossessionata Jill) oppure quelle oblique dal basso inquadranti il basso elvetico del sergente Wilson che copre la sua folta chioma con l’immancabile peaked cap (Uno giunonico per i canoni dell’epoca Al Cliver).
Nel cast anche la conturbante fulva Dagmar Lassander con abiti retrò e scollo a V avvolgente (Una delle bravissime protagoniste del cinema bis italico…la sequenza della combustione è da oscar dell’orrore…sembra un primo De Palma per poi omaggiare Argento nell’immancabile vetrata frantumata.)e David Warbeck sempre a suo agio in ogni ruolo e genere.
Poi i grandi maestranti come Bruno Corazzari (Ferguson) a cui Lucio fa omaggiare la sequenza del capolavoro di Landis in un pub (si cita anche la luna piena che forse ha senso in uno script confusionario come questo) .
Gli attori elencati sono nati per il thriller…lo strillo della Farmer, la sudorazione onirica della Lassander, il passo felpato ed al contempo sospettoso di Magee non sono un caso.
Non manca come in quasi tutti i film del maestro anche l’elemento erotico in questo caso una fuga romantica dal finale asfissiante…il maestro era veramente bravo nell’esaltare quella morbosità poi mortifera approfondita nello squartatore. Una zippo aperta di un jeans e qualche affannata goduria ben assestata…
Il maestro gira uno dei suoi film a mio avviso da rivalutare nel bel mezzo della “Trilogia della morte”.
Alcune sequenze sono veramente monotone come le scorribande del felino (forse per allungare la durata del film poi tagliata?) ma sono supportate da un’ottima fotografia di Salvati che forse ripercorre ancora quel dosaggio della luce visto nel capolavoro “Sette note in nero”.
I chiaroscuri dettagliati sui bordi ricurvi delle poltrone solitarie, la gestione del colore nei perlinati verticali degli interni oppure l’uso delle luci artificiali per omaggiare le modanature sono un manifesto dell’arte.
Colonna sonora pastorale del pluripremiato Donaggio che incanta e seduce armonicamente la coda del gatto come una bacchetta di un direttore d’orchestra che ha come teatro d’opera i tetti delle detached house che sporgono orgogliosamente i loro comignoli.
Film da rivalutare. Voto 7
 
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