Regia di Pen-ek Ratanaruang vedi scheda film
Kenji (interpretato dal giovane divo nipponico Asano Tadanobu) è un bibliotecario fan di Mishima con manie suicide. Nella prima scena, lo vediamo che tenta invano di impiccarsi. Poi ci proverà in mille altri modi, ma a morire in un incidente d’auto sarà invece una utente della biblioteca, di cui lui è innamorato. Kenji entra così in contatto con la di lei sorella, mentre dal suo passato vengono fuori legami con la yakuza e altro. E il film diventa sempre più un noir in piena regola, con risvolti grotteschi. Del quarantenne regista thailandese si era già visto in Italia Mon-Rak transistor, ma questo film è anche un bell’omaggio al cinema giapponese passato e presente, specie ai gangster burlesque di Kitano (infatti tra gli yakuza c’è il celebre regista Miike Takashi). Fin troppo cool e astuto, se si vuole, ma con un controllo preciso dell’inquadratura, dei tempi, delle gelide atmosfere urbane e campestri. Menzione a parte per la fotografia di Chris Doyle, già collaboratore di Wong Kar-wai. Le sue visioni notturne, le sue penombre acquatiche e le sue nature morte iperrealiste si fondono armoniosamente alla messinscena, dandogli anche un’aggiunta figurativa notevole, come in una vera e propria co-regia.
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