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La felicità non costa niente

Regia di Mimmo Calopresti vedi scheda film

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La recensione su La felicità non costa niente

di FilmTv Rivista
8 stelle

Lo slogan di lancio (“Un uomo. Due donne. Un incontro magico”) e i vari trailer visti in televisione e al cinema non rendono grazia al nuovo film del regista di “La parola amore esiste”. Lo depistano. Perché il cinema di Mimmo Calopresti è, prima di tutto, il cinema di Nanni Moretti che vive un po’ di più, che pulsa di storie intrecciate e incasinate, che si nutre di sentimenti confusi. Alla ricerca della felicità. Il cinema del regista di “La seconda volta” è l’unico, oggi in Italia, a potersi permettere frasi che declamano l’ovvio apparente: «ho paura di morire», «ho continuamente voglia di piangere», «la sincerità assoluta è un’utopia”, «dille che le voglio bene» e via delirando, nel senso di una febbre d’amore che sale verso la vita. Perché non cadono nel ridicolo? Perché è lo stesso Calopresti che le scrive e le dichiara, le recita e le fa proprie, cacciando filtri e spirali, tagliando qualsiasi rete di protezione, mettendosi in gioco col corpo e con la mente, senza scrupoli e pudori. Anche “La felicità non costa niente”, opera disarticolata, sanamente imperfetta, sincera - come direbbe Morandini - come una tegola in testa, è un sacco vuoto che ha voglia di riempirsi di dubbi e di domande, di pugni presi e dati, di noie agognate, di piccoli grandi tormenti (e “Piccolo tormento” è il quasi tormentone musicale del film, cantato da Peppe Servillo, al quale è consegnato un ruolo di forte simbologia filosofica, e dalla sua Piccola Orchestra Avion Travel). Solo provocazioni? Ma “La felicità non costa niente” ha il raro pregio di mettere in scena la crisi di un uomo - anzi: di un maschio - insofferente all’ipocrisia e al consumismo, chiuso nel buio di un viaggio nella vertigine e poi riproiettato nel sogno di un’esistenza che abbia al centro quel “Wonderful World” riarriangiato ska, circondato da uomini bambini che ancora non sanno cos’è un mondo meraviglioso e che dunque si manifestano per quello che sono: involontariamente puri. Ancora una volta Mimmo Calopresti, alle lusinghe delle scorciatoie, preferisce il rumore del mare

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 6 del 2003

Autore: Aldo Fittante

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