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Playground Chronicles

Regia di Brahim Fritah vedi scheda film

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La recensione su Playground Chronicles

di miss brown
8 stelle

1980. Brahim, 10 anni, vive a Pierrefitte-sur-Seine, un Comune della banlieue di Parigi talmente periferico che confina coi campi incolti. “Cour de récré” tradotto è “cortile per la ricreazione”, di solito quello di una scuola o di un oratorio; invece è alquanto strano quello in cui Brahim è cresciuto. La madre è infatti operaia e il padre custode e tuttofare in una fabbrica metalmeccanica, e tutta la famiglia vive in un appartamento sopra il magazzino. La fabbrica e il suo cortile sono perciò da sempre il suo parco giochi, sede di scorribande coi muletti e di perigliose arrampicate su alquanto instabili gru.

Assistiamo anche ad un momento di trasformazione per il piccolo Brahim: scopre la solidarietà e l'amicizia nell'inseparabile compagno di classe, di giochi e di scherzi (e spesso di punizioni) Salvador, profugo cileno orfano di padre. E si ritrova appassionato di fotografia grazie al ritrovamento di una vecchia Kodak Instamatic: in casa però non ci sono i soldi per le pellicole. Ma non importa, le sue foto immaginarie saranno nella sua memoria più durature di quelle stampate su carta.

La storia è ancorata ad un contesto economico e sociale in mutazione; con la fine della gloriosa era industriale il conflitto sociale, dapprima larvato, di colpo esplode. Il proprietario della fabbrica decide di trasferire l'azienda al sud, viene dichiarato lo sciopero ma da questo momento Brahim e la sua famiglia sono solo spettatori di un gioco sociale che li schiaccerà. Lasciando infine la sua casa Brahim è consapevole di stare perdendo le chiavi di un regno che non potrà mai più ritrovare.

In questo film autobiografico il regista franco-marocchino Brahim Fritah, nato a Parigi nel 1973 e al suo primo lungometraggio, condivide i suoi ricordi d'infanzia e ci immerge con tenerezza nel suo quotidiano, fra la scuola e i compagni, la tv e i suoi eroi, e la Fabbrica. Dopo diversi cortometraggi filma qui le cronache intime e buffe di un bambino dall'immaginazione sfolgorante e getta uno sguardo lieve, poetico e diverso sulla periferia industriale e i suoi abitanti.

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