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Boogie

Regia di Radu Muntean vedi scheda film

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La recensione su Boogie

di OGM
8 stelle

Gli interminabili piani sequenza di Radu Muntean esprimono la volontà di non mollare. Di restare con lo sguardo attaccato ad una realtà che non sembra niente di speciale, eppure è quella in cui, senza mezzi termini, si manifesta la vita. Questa si sazia di luoghi comuni, la sua fisiologia segue la tabella di marcia della routine quotidiana, il già sentito è musica per le sue orecchie, il già visto una meraviglia per i suoi occhi. Bogdan Ciocozanu, detto Boogie, è il classico uomo medio: sposato, con un figlio piccolo e uno in arrivo, piccolo imprenditore nel settore dell’arredamento, un artigiano che si è messo in proprio e si è ingrandito. Un trentenne che è accusato dalla moglie Smaranda di trascurare la famiglia, e che una sera, dopo un’accesa discussione, esce di casa e va a passare la notte con due suoi amici, Iordache e Pepescu, tra sigarette, alcolici e divertimenti tipicamente maschili. La storia è tutta qui: non c’è rivelazione, e non c’è mistero. Una vicenda marginale, non a caso ambientata a Neptun, una località balneare della costa romena, ormai passata di moda, e per di più ritratta fuori stagione, quando i villeggianti non sono lì ad affollare le strade e le spiagge. Il deserto circonda la banalità e l’irrilevanza, e, per una volta, consente di seguirle da vicino, mettendo a fuoco tutte le sfumature di cui si compone il complesso spettro della futilità. Muntean non recede di fronte a quello che, per quasi tutti, è un desolante spettacolo: anzi, lo abbraccia con l’appassionata pazienza di un cesellatore, attento a riprodurne con cura ogni dettaglio, per ottenere un effetto di naturale ed elegante realismo. La sua macchina da presa cattura le immagini che restano fuori dagli album fotografici delle famiglie: le situazioni in cui gli eventi da mettere in cornice (la nascita della seconda figlia di Boogie,  il prossimo matrimonio di Iordache) si preparano e sono discussi, commentati, diventando argomento di scherzo e o di litigio. Nei discorsi, le prospettive future (un cambio di lavoro, un trasferimento, una vacanza all’estero) si mescolano con i ricordi del passato (la morte di un amico, la fine di un amore, il fallimento di un sogno): il presente è sempre e solo la parentesi impossibile da vivere direttamente, perché funge solo da contenitore per le riflessioni sul tempo che, inesorabilmente, sta passando (logorando i rapporti umani ed i mobili montati male, diradando i capelli in testa e i frequentatori dei locali in declino, facendo crescere i prezzi ed il bagaglio delle disillusioni). Muntean, comunque, ci costringe a starci dentro, a quel veicolo, rozzo e scomodo, a bordo del quale i personaggi attraversano gli istanti di una vita prima rigorosamente programmata, poi tristemente abbandonata agli umori del momento. Sfacelo è la perdita di fiducia nei propri progetti, che lascia l’abitudine e l’improvvisazione come le uniche alternative praticabili. Boogie, nel weekend del primo maggio, riuscirà a sperimentare entrambe le soluzioni, però mai da protagonista; saranno la moglie da un lato, e gli amici sul versante opposto, a trascinarlo in una o nell’altra direzione,  verso la casa dove la notte si spegne la luce e si va a letto, badando a non svegliare il bambino, o verso il mondo in cui si scorrazza in libertà, facendo le ore piccole in allegra compagnia. Boogie ci trasporta in una dimensione in cui i dilemmi si sciolgono da sé, nell’inerzia che tutto accetta e tutto rapidamente dimentica; perché la necessità di sopravvivere ha estromesso dalle sue opzioni, oltre allo scrupolo morale, anche la possibilità del dramma.

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