«La gente guarda e non sente più niente nel vedere la violenza e la depravazione. Stanno radendo al suolo villaggi interi e lo trasmettono in tv. Stanno bruciando i bambini». Non siamo nel 2025, ma nel 1973, e a  parlare è Tobe Hooper, uno dei registi che si lasciarono ispirare dai misfatti di Ed Gein. Nella scena di questa terza annata di Monster, la serie che Ryan Murphy ha edificato intorno ad assassini etichettati  come “mostro”, Hooper sta spiegando perché deve fare Non aprite quella porta: perché la gente è ormai assuefatta a guardare immagini della peggior violenza immaginabile (si riferiva allora, ovviamente, alla Guerra del Vietnam), e dunque bisogna scioccarli, spaventarli, bisogna che abbiano di nuovo voglia di coprirsi gli occhi. Ci pare sia la scena fondamentale di La storia di Ed Gein, quella che legittima a livello teorico questa ambiziosissima terza stagione, da più parti accusata di bearsi eccessivamente nel mostrare le peggiori nefandezze, tra corpi squartati e necrofilia.

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Monster: La storia di Ed Gein

Repertorio del “mostro di Plainfield”, ovvero Ed Gein, ragazzone del Wisconsin nella cui casa, nel 1957, furono ritrovati resti di almeno due vittime (non è mai stato accertato il numero effettivo, perché Gein era solito dissotterrare cadaveri) e manufatti realizzati in pelle umana. Murphy, col sodale Ian Brennan, costruisce a partire da Gein una vertiginosa discendenza dell’orrore che, con la consueta mancanza della misura e del buon gusto delle Ryan Murphy Productions, lega Gein non solo ai serial killer che dichiaratamente lo ammiravano e imitarono (da Ted Bundy a Richard Speck), ma anche il succitato Hooper e Alfred Hitchcock, che con Non aprite quella porta e Psyco eternarono sul grande schermo l’icona di un “mostro” da cui la gente amava farsi terrorizzare e repellere (è citato, en passant, anche Il silenzio degli innocenti, il cui Buffalo Bill è un altro emulo di Gein), in un andirivieni cronologico che a tratti pare più assimilabile alle American Horror Story (già in Hotel c’era un impossibile consesso di celebri serial killer).

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Monster: La storia di Ed Gein

Sin dalla messa all’asta degli oggetti della “casa degli orrori” di Gein, e giù fino alle sue rivisitazioni  cinematografiche, il “macellaio pazzo” ha alimentato la morbosa attenzione di diverse generazioni di  spettatori, incarnando il fascino di tabù indicibili e rassicurandoci nella nostra appartenenza ai “normali”. E in questo senso il pacato e perturbante Ed Gein di Charlie Hunnam (magnifico) è la perfetta  concretizzazione della tesi che Murphy porta avanti da sempre con le sue serie dell’orrore: che i mostri veri siano quelli che camminano per strada e al supermercato ogni giorno, i figli di un’America bigotta che imponendo valori puritani e ipocriti ha represso istinti e presunte deviazioni (il travestitismo di Gein; l’omosessualità di Anthony Perkins, anche lui presente nella serie, schiacciato dall’icona Bates/Gein e indotto a una terrificante terapia di conversione che dialoga con Ratched) fino a trasformare il diverso in mostro. Non tutto funziona, a partire dalla sottotrama con una febbrile Vicky Krieps nei panni di Ilse Koch, la sadica “iena di Buchenwald” (le cui azioni, è documentato, influenzarono Gein), ma pensateci due volte prima di bollarlo come trash.

Autore

Ilaria Feole

Ilaria Feole è nata nell’anno di Il grande freddo, Il ritorno dello Jedi e Monty Python – Il senso della vita e tutto quello che sa l’ha imparato da questi tre film. Scrive di cinema e televisione per Film Tv e Spietati.it. È autrice della monografia Wes Anderson - Genitori, figli e altri animali edita da Bietti Heterotopia.