Immaginate una serie in sei puntate che ricostruisca la parabola trash/pop di un personaggio come Tina Cipollari. O il mago Otelma, o l’Uomo gatto di Sarabanda, o un altro esponente del circo di freak che la tv italiana ha mietuto tra gli anni 90 e l’inizio del terzo millennio. Sulla carta non promette niente di buono, e il rischio di crogiolarsi nello squallore è alto; a meno che il creatore e regista non sia qualcuno di folle come Nacho Vigalondo, autore di film sui generis come Timecrimes, Open Windows e Colossal, che con Superstar mette in scena la vera e surreale storia della popstar Tamara, icona di un sottobosco nazionalpopolare in costante oscillazione tra surrealismo e crudeltà.

Nata María del Mar Cuena Seisdedos nei Paesi Baschi, Tamara (poi ribrandizzata, per questioni legali, Yurena) approda a Madrid accompagnata dall’austera madre Margarita: pressoché priva di talento canoro, le sue movenze sul palco sono curiosamente rigide e mantiene in ogni interazione mediatica un’aura vagamente alienata e naïf. Quel che basta per trasformare un paio di suoi singoli (A por ti e No cambié: difficile schiodarseli dalla testa dopo la visione della serie) in tormentoni, e soprattutto per trasformare Tamara in ospite fissa della cosiddetta telebasura, la tv spazzatura spagnola che impazza a cavallo dei due secoli (proprio come da noi) grazie all’arrivo del Grande fratello e di contenitori sfacciatamente trash come Crónicas marcianas, una via di mezzo tra Le iene e un qualsiasi programma di Maria De Filippi e/o Barbara d’Urso, dove la cantante si presta al gioco della fama a tutti i costi finendo invischiata con assurdi personaggi (Paco Porras, il “fruttologo” che leggeva il futuro negli ortaggi), finte gravidanze e video porno diffusi non si sa quanto per sbaglio.

Vigalondo si approccia a questa storia di ordinario declino culturale occidentale con piglio visionario, trasformando ogni episodio (ciascuno narrato dal punto di vista di un personaggio diverso) in un racconto allucinatorio ai confini della realtà, tra l’horror e la vertigine hitchcockiana: misteriosi pertugi nel muro conducono a dimensioni parallele, una loggia massonica antifemminista trama nell’ombra, la stregoneria è dietro l’angolo e la chirurgia plastica assume tratti da monster movie, in un susseguirsi di invenzioni narrative (fanno capolino anche Michael Jackson ed Ennio Morricone) che elevano la parabola di Tamara/Yurena a squallidissima, irresistibile materia mitologica.

Riuscendo a far appassionare alle gesta del freak show un pubblico che della tv trash iberica nulla sa, ma soprattutto a tracciare un ritratto tagliente di quell’epoca mediatica in cui valeva tutto, e della quale viviamo ancora oggi le conseguenze. Mostri warholiani a caccia dei propri infiniti 15 minuti, i parolieri e neomeolodici che circondano Tamara sono incarnazione dello spirito dei tempi, ma anche di quel peculiare sentore tutto spagnolo che è l’esperpento, la deformazione grottesca della realtà teorizzata da Ramón María del Valle-Inclán, più volte citato nella serie, dove si spiega che in Spagna quel che negli altri paesi europei è tragedia diventa farsa: ricorda qualcosa? Avercene, in Italia, di serie così.
La serie tv
Superstar
Biografico - Spagna 2025 - durata 52’
Titolo originale: Superestar
Con Ingrid García Jonsson, Oscar Ladoire, Juani Ruiz, Nacho Vigalondo, Natalia de Molina, Neus Asensi
in streaming: su Netflix Netflix Basic Ads
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