Come evidenzia nel catalogo del Festival, la selezione di lungometraggi presenta titoli che sembrano dialogare tra di loro, indipendentemente dalla distanza temporale e geografica: Brazil di Terry Gilliam e Orwell: 2+2=5 di Raoul Peck, Trenque Lauquen di Laura Citarella e Sterben di Matthias Glasner: secondo quali criteri avete costruito il programma?
Siamo partiti da un’evidenza, ovvero il fatto che quest’anno si celebrano i 40 anni di Brazil, e siccome il festival è stato fondato da Terry Gilliam, e Brazil è un film che io adoro, abbiamo deciso di festeggiarlo. Quando l’ho riguardato, sono rimasta veramente sorpresa da quanto profetico fosse il film di Gilliam: quello che in Brazil risultava una distopia tra il serio e il faceto, adesso esiste nell’incosciente abilità di aprire il nostro privato ai social, ad esempio. Quindi siamo partiti da lì, e quando ero a Cannes a vedere il programma del festival è stato inevitabile selezionare Raoul Peck. Poi ci sono le questioni legate a una politica sempre meno etica: penso che qualunque persona di buona volontà non possa non vedere, a prescindere dalle posizioni politiche, che in Palestina si sta effettuando un massacro di donne e bambini.

I film che abbiamo scelto in questa direzione sono Yunan di Ameer Fakher Eldin, un film il cui protagonista è uno scrittore arabo la cui ispirazione è morta per mancanza di linfa, perché le sue radici sono state tagliate, e Upshot di Maha Haj, cortometraggio nel quale la regista palestinese racconta la storia di due anziani che, in seguito all’uccisione dei figli, hanno continuato a vivere nella memoria, travolti dal dolore. Il nostro desiderio non è soltanto di riportare l’umanità nelle tragedie ma anche di accorgerci che soltanto se riusciamo a guardarci con indulgenza, se non con amore, riusciremo a ritrovare la dimensione umana. Laura Citarella in un modo completamente diverso si inserisce in questa linea di umanità, che è il fil rouge del festival. E, d’altronde, l’Umbria con la sua natura rigogliosa e la pace che esprime non può che dirti: fermati, pensa, sii essere umano.

Il festival è arricchito da una serie di eventi collaterali che mischiano diverse arti, dai Live Drawing al concerto della Filarmonica Braccio Fortebraccio di Montone, passando per il Live Podcast di Sentieri Selvaggi: che ruolo ha l’ibridazione di diverse forme espressive nel processo di costruzione di una comunità, oltre che di un pubblico?
Io penso che i festival siano come alberi che devono avere radici profonde se vogliono andare lontano. Un albero che cresce senza radicare al primo colpo di vento casca, infatti ci sono tantissimi festival che durano due o tre edizioni e poi scompaiono. Montone ha 29 anni. Per noi il festival è anche l’idea di collante, il luogo in cui le abilità, le creatività e gli ingegni si riuniscono. È una stupida posizione snob pensare che solo il cinema alto sia la forma di cultura a cui, come vestali e sacerdoti, ci dedichiamo, snobbando di conseguenza tutto quello che non si trova a quel livello. La cultura è fatta di tutto. Con grande entusiasmo abbiamo abbracciato le iniziative locali, da quella super sofisticata della sonorizzazione di The Cameraman di Buster Keaton alle iniziative artistiche del posto. Per noi avere la Filarmonica che suona è dimostrazione che l’Umbria Film Festival di Montone è veramente montonese, nonché il luogo in cui si raccolgono le genialità del posto.

Parlando delle masterclass, questa 29° edizione è popolata da tre ospiti d’eccezione: Laura Citarella, Terry Gilliam ed Enzo D’Alò, di cui gli ultimi due festeggiano anche anniversari importanti proprio nella cornice del festival... Si tratta di un trio eterogeneo: come siete arrivati a comporlo?
Il sindaco e la città hanno sempre onorato almeno un ospite del festival con le chiavi della città. Quest’anno eccezionalmente sono tre, ma è una triade meravigliosa: Enzo D’Alò e Terry Gilliam non sono per niente eterogenei, sono due menti di ragazzini che si divertono a inventare, infatti si erano già incontrati prima di venire qui, e appena si sono trovati hanno ricominciato a parlare come se si fossero lasciati il giorno prima. Come due giullari meravigliosi, col sorriso che arrivava da un orecchio all’altro. Una creatività unica e singolare, la stessa che troviamo nelle opere della Citarella, giovane regista con una visione bellissima del cinema. I festival devono essere libertà, e noi abbiamo fatto quello che volevamo.
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