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Daughter

Regia di Afia Nathaniel vedi scheda film

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La recensione su Daughter

di OGM
7 stelle

Dukhtar. Daughter. Figlia. Un termine che sarebbe bello potesse significare solo bambina. Invece sottintende un’appartenenza, un legame di sangue, un rapporto di subordinazione che può trasformarsi in violenza. Quel che si possiede è un oggetto che si deve gestire, che può essere desiderato da altri, che rischia di diventare merce di scambio. La piccola Zainab è in balia della volgarità di un contesto tribale in cui tutti la guardano con occhi di uomini, senza nemmeno immaginare la bellezza che lei vede intorno a sé. La fantasia è la sua casa preferita, costruita in cima ad un arcobaleno, anche se è fatta di pietra, perché niente è impossibile, per chi non sa cosa sia un’illusione. L’anziano Tor Gul pretende di sposare Zainab. È il prezzo che suo padre, Daulat Khan, dovrà pagare per porre fine alla faida che sta sterminando la sua famiglia. Toccherà ad Allah Rakhi, la sua giovane moglie, sottrarre Zainab a quella triste sorte. Anche lei, a suo tempo, è stata data in sposa per volontà paterna, quando aveva solo quindici anni, e non sapeva nulla della vita degli adulti. Adesso, salvando Zainab, la sua anima di allora rinasce, come per riprendere il discorso di un’infanzia interrotta troppo presto,  e  tornare a respirare l’innocenza, a nutrirsi totalmente di amore, di quello vero ed assoluto che le è stato negato. Salire  a bordo di una carrozzone colorato e debordante di addobbi circensi è parte naturale del gioco. La fuga non può che avvenire in un’aura da sogno, che rapisce fuori dalla realtà, per strappare un lembo di gioia ad una storia arida e corrotta, grigia e sterile come la polvere e i sassi di cui  è coperto il desolato paesaggio delle montagne del Pakistan. Il camion guidato da Sohail Malik lo attraversa come una provocazione pacchiana, eccessiva perché traboccante di ingenuità, eccentrica perché ribelle alle ottuse leggi del bene e del male. Dietro alle spalle, quel giovane ha tanta amarezza per i sentimenti che non hanno potuto spiccare il volo, che non hanno saputo fare molta strada. Ha creduto ed ha cambiato idea, ha tentato ed ha fallito. Ha conosciuto la morte che si consuma nel sangue, che lascia ferite indelebili, che incute una paura eterna, che ti assegna una pistola come l’unica fedele compagna di viaggio. Il suo nulla, in bilico sul baratro della perdizione, si riempie di racconti, di leggende, di ricordi, di vecchie amicizie che resistono alla lontananza. È lo sradicamento disperato e poetico dei vagabondi che ignorano se siano tali per forza o per scelta, ma che, a dispetto di tutto, hanno sempre una meta precisa: una fiera chiassosa, un rifugio nascosto, un campo di battaglia, il cuore di una donna. È naturale che Allah Rakhi lo segua, lasciandosi trascinare dalla sua vertigine che, per quanto barcollante e frugale, profuma meravigliosamente di libertà, soprattutto di quella del pensiero che rifiuta le regole imposte,  i dettami senza ragione. Correndo insieme, si può scoprire la diversità come una risorsa che infonde il coraggio di andare verso luoghi proibiti, anzitutto quelli a cui è pericoloso tornare. In mezzo a loro,  Zainab rappresenta il tesoro fragile e preziosissimo che bisogna preservare, ad ogni costo. È il futuro che sboccia lasciando che la dura concretezza del passato si faccia terra, e la saggezza che ne deriva diventi aria, acqua, materia trasparente e leggera che accoglie la speranza con l’apertura alare di un infinito abbraccio.

 

Questo film ha rappresentato il Pakistan agli Academy Awards 2015. 

 

Samiya Mumtaz, Saleha Aref

Daughter (2014): Samiya Mumtaz, Saleha Aref

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