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Battles Without Honor and Humanity - Deadly Fight in Hiroshima

Regia di Kinji Fukasaku vedi scheda film

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Neve Che Vola

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Battles Without Honor and Humanity - Deadly Fight in Hiroshima

di Neve Che Vola
6 stelle

Ho appena bevuta la seconda delle otto tazze che costituiscono il mio amaro the al gusto di yakuza: cinque volumi compongono la prima sfornata del regista Kinji Fukasaku sugli yakuza papers, tre compongono la seconda. [Ora ho già bevuta anche la terza, coraggio, si muore una volta sola. Anzi, otto].
Il primo film ottenne un tale successo di pubblico, che la Toei non ci pensò due volte a cavalcare l'onda di yen che entravano nelle sue casse. Impose al regista alcune direttive, tese ad assicurarsi di andare incontro a più gusti possibile, per esempio di calcare la mano sulla violenza.
Il nobile modello è Il padrino, secondo alcuni non mancano le nobili influenze del cinema di Sergio Leone. Ciò spiegherebbe almeno in parte il perchè questi yakuza papers mi piacciano così poco. Alcuni malavitosi ricevono non meno di dieci rivoltellate addosso, eppure son duri a morire, strisciano a terra, si attaccano al fondo dei muri con le mani insanguinate, rantolano interminabilmente. In una scena, un uomo è "impiccato" per le mani ad un ramo, mentre una banda di sciagurati lo usa come "buona occasione per addestrarsi al tiro a segno". Sono scoppiato a ridere, lo confesso senza onore nè umanità: mentre questo si lamenta, parte il primo colpo, e vediamo, dal punto di vista dei "tiratori", il tapino che fa una specie di acrobazia verso l'alto veramente ridicola, come se l'avessero punto con uno spillo (notazioni umoristiche o comicità involontaria?). Purtroppo gli yakuza non sono dei burloni, e lo riducono un colabrodo, perlomeno da un certo punto in poi il malcapitato viene tenuto fuori quadro mentre l'"esercitazione" continua. Ci sono molte altre nefandezze, ordinaria amministrazione della serie, quali il bastonamento di un uomo a terra da parte del boss ed il rituale taglio del dito.

Questo il triste background.


Stavolta la giusta quantità di zucchero ha reso il the meno amaro, perlomeno potabile.
In mezzo alle solite sparatorie confuse, alla presentazione superficiale di ciascun personaggio (basta una breve scritta sul primo piano di un attore per imprimere nella memoria dello spettatore la sua fisionomia e il suo ruolo in un complicato intrigo di vicoli e delitti?), il tutto in vera e propria forma di resoconto giornalistico - i fatti sono questi, sembra la sola mira del redattore -, fa capolino una passabile storia d'amore tra lo yakuza Yamanaka ( Kin'ya Kitaoji) e la nipote del potente boss Muraoka, Yasuko (una eccellente Meiko Kaji).
Questo è forse il solo elemento del film degno di nota, a meno che non ecciti la brutta fine di Yamanaka che, circondato dalla polizia, si spara un colpo in bocca, e negli anni a venire sarà ricordato come uno "yakuza leggendario", sebbene la sua tomba non riceva - oggigiorno - alcuna visita.


Meiko Kaji se la cava benissimo nel ruolo di Yasuko, come c'era da aspettarsi dalla brava attrice e cantante. La recitazione, tutto sommato, mi pare uno dei pochi punti di forza. Trattandosi però di giapponesi, non mi è facile dirlo con certezza o almeno non per tutti, senza capire fino in fondo quella cultura. A ciò si aggiunga il castigo della sottotitolatura per di più in inglese non sempre scorrevole, che impedisce di lasciarsi andare in pieno alla visione delle espressioni.
Sono ricorso spesso al rewind per imprimermi meglio volti e nomi, mi chiedo come facessero i giapponesi al cinema a ricordare così tanti nomi e descrizione a caratteri sovraimpressi sui brutti ceffi.
Ci sono delle didascalie che recitano, più o meno Kazuo Yamamora, underboss del clan Takibana nella zona ovest di Hiroshima. Tra dieci anni, si unirà al clan dei Muraoka, subito seguita da altre due.
O i giapponesi hanno la memoria di Pico della Mirandola, oppure l'importante è che ci siano sparatorie e cani arrabbiati che si scannano fra loro, e all'inferno la trama.
Sarebbe stato forse meglio ricavarne uno sceneggiato in molte puntate.


Così non si fa per te, cara Meiko Kaji, e forse non mi degneresti neppure di uno sguardo!

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