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Brado

Regia di Kim Rossi Stuart vedi scheda film

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La recensione su Brado

di mm40
4 stelle

Renato ha una cinquantina d'anni ed è un uomo burbero, abituato a fare da solo, che gestisce un maneggio. Tommaso è suo figlio, ha all'incirca la metà della sua età e tra i due il rapporto è sempre stato turbolento. Non si vedono da un po', quando una brutta frattura del primo fa sì che il secondo gli si riavvicini. Un cavallo di Renato va immediatamente addestrato per un importante concorso: la sfida unisce padre e figlio, ma la sfida vera sarà proprio fare in modo che questa unione funzioni.


L'idea è ottima, lo sforzo evidente, il risultato modesto: Brado, la terza regia di Kim Rossi Stuart, riprende il discorso dei precedenti due film da lui diretti e in particolare quello di Anche libero va bene (2006), seppure il nome del protagonista – e il tipo di carattere tormentato e problematico – sia lo stesso anche dell'intermedio Tommaso (2016). C'è un filo rosso nel cinema di KRS e questo pare evidente; il conflitto padre-figlio, l'assenza materna, ma allo stesso tempo il ruolo salvifico della figura femminile sono tutte tematiche che affiorano qua e là nelle sue pellicole. Da apprezzare in questo caso l'essersi ritagliato il ruolo da coprotagonista, lasciando al giovane (e bravo) Saul Nanni il ruolo del Tommaso di turno; nonostante le buone intenzioni, però, Brado lascia l'amaro in bocca per più di un motivo. Senza dubbio certe scelte, in primis quella dell'estenuante, straziante scena madre nel prefinale: necessaria?, generano perplessità; poi non si possono celare le magagne dal punto di vista della recitazione che coinvolgono buona parte del cast, se si eccettuano naturalmente i due interpreti già nominati e Barbora Bobulova. La sceneggiatura di Massimo Gaudioso e di KRS sembra infine faticare a decollare; il quadro – il cuore della vicenda – viene composto poco per volta e il ritmo ne risente. 4/10.

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