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Treasure Island

Regia di Guillaume Brac vedi scheda film

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La recensione su Treasure Island

di alan smithee
7 stelle

locandina

Treasure Island (2018): locandina

MUBI

Il parco divertimenti e relax di Cergy-Pontoise è, per la seconda volta dopo il film narrativo ad episodi July Tales, al centro dell'interesse del regista Guillaume Brac che l'anno successivo a questo film, e quindi nel 2018, dedica a questo noto ed alternativo "mare" parigino, un documentario tutto per lui.

Bambini, giovani ed anziani si incrociano e raccontano , attraverso le piccole vicende con cui costoro si presentano ai nostri occhi, lungo una calda giornata di sole ove il parco offre la possibilità di trascorrere momenti di distensione tra laghetti artificiali adattati al nuoto e ai giochi d'acqua, tra un corso del fiume ove è possibile solo bagnarsi le estremità degli arti, per evitare che una zona vasta non perennemente controllata, si trasformi in un luogo pericoloso.

scena

Treasure Island (2018): scena

scena

Treasure Island (2018): scena

E dunque, tra gruppi di bambini non accompagnati che tentano prima di entrare nel parco legalmente, poi con sotterfugi clandestini dopo esser stati allontanati per mancanza di genitori o tutori maggiorenni, tra anziani che si raccontano attraverso le rispettive solitudini talvolta scalfite da ingressi più o meno fortuiti di personaggi appartenenti ad altre epoche che paiono differenti dimensioni, se non pianeti, tra giovani alle prese con i rispettivi crucci amorosi, e tra organizzatori e responsabili della sicurezza che si impegnano a tener lontana ogni avvisaglia anche più remota di problema all'orizzonte, si consuma una giornata di vacanza alternativa che più si avvicina ad una toccata e fuga al mare, in tutti qui luoghi in cui il mare non potrebbe che costituire un esaltante miraggio.

scena

Treasure Island (2018): scena

scena

Treasure Island (2018): scena

Lo stile immediato e naturale di Brac rendono il documentario quasi un lavoro narrativo, così come le opere narrative si avvicinano allo stile più spiccatamente documentaristico che i personaggi, lasciati alla naturalezza degli interpreti, riescono quasi sempre ad esprimere al meglio, secondo la collaudata ed efficace scuola rohmeriana che si intravede e che rimane un valore aggiunto dello stile del regista quarantacinquenne parigino, e mai un semplice vezzo imitativo fine a se stesso.

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