Toni arriva nel 1976 a Roma da una provincia non precisata con poco bagaglio materiale ma con un evidente talento per la pittura: inizia così il racconto de Il Falsario, film diretto da Stefano Lodovichi e prodotto da Cattleya per Netflix, che prende spunto dalla figura reale di Antonio Chichiarelli, artista e falsario noto nella cronaca romana degli anni ’70 e ’80, per costruire un’opera di finzione in cui si intrecciano arte, crimine e storia politica.
Il lungometraggio non è una biografia, né un documentario in chiave narrativa. Si presenta invece come un’elaborazione romanzata di uno dei molti possibili racconti ispirati a quel personaggio e a quel contesto.
Prossimamente su Netflix, dopo la presentazione alla Festa del Cinema di Roma.

Una traiettoria individuale nella capitale dei segreti
La vicenda del film Netflix Il Falsario ruota intorno a Toni (Pietro Castellitto), giovane artista che arriva a Roma con il desiderio di affermarsi. Il suo incontro con Donata (Giulia Michelini), gallerista passata dalla periferia ai circuiti dell’arte borghese, lo introduce a un sistema in cui il talento può essere reindirizzato verso la produzione di falsi d’autore. Toni accetta questa deviazione senza particolare resistenza, entrando in un ambiente dove l’opportunismo è una delle regole del gioco.
Intorno a lui si muovono anche Fabione (Pierluigi Gigante) e Vittorio (Andrea Arcangeli), amici di lunga data che lo accompagnano nella transizione dalla provincia alla metropoli. I tre rappresentano approcci differenti alla realtà: Fabione è orientato da un’etica severa, Vittorio è più disorientato, mentre Toni sembra preferire percorsi laterali e scorciatoie.
Le loro traiettorie si sviluppano in parallelo a quella della città, che viene rappresentata come uno spazio instabile e seducente, percorso da tensioni visibili e invisibili.
Un protagonista privo di centro fisso
Toni è un personaggio costruito sull’instabilità. La sceneggiatura del film Netflix Il Falsario lo presenta come inafferrabile, in bilico tra l’ambizione personale e la fuga dalle responsabilità. Il suo comportamento non segue una linea coerente: osserva, imita, si adatta. Più che fare scelte nette, si muove per reazione.
Questo tratto viene accentuato dal contesto storico in cui si trova immerso, segnato da eventi complessi e da dinamiche che sfuggono al controllo dei singoli.
La sua figura è priva di mitizzazione: non è rappresentato come genio, né come vittima, ma come parte attiva di un sistema in cui il confine tra legalità, crimine e arte si fa mobile.

Una città che ingloba tutto
Roma è presente nel film Netflix Il Falsario non solo come ambientazione ma come elemento strutturale. È la città della cultura e della mala, dei tramonti caldi e delle pareti scrostate, degli atelier e dei delitti irrisolti. È il luogo dove convivono – a volte nello stesso quartiere, a volte nella stessa stanza – estetica e violenza, potere visibile e potere occulto.
Nelle parole del regista, Roma diventa una città “che trattiene per sempre”, che affascina e insieme vincola. Non è sfondo neutro, ma sistema assorbente: una metropoli che influisce sui personaggi e ne determina in parte le azioni, trasformandosi in un attore silenzioso e pervasivo.
Sotto la superficie: arte come costruzione e maschera
Il film Netflix Il Falsario esplora anche il rapporto tra arte e identità. Toni produce copie, ma la falsificazione artistica è solo uno dei molti livelli di contraffazione presenti nella storia. Ogni personaggio sembra costruito su un doppio strato: ciò che appare e ciò che viene nascosto. Donata maschera le sue origini per integrarsi in un altro mondo, Fabione veste l’etica come scudo, mentre il Sarto (Claudio Santamaria) agisce come figura che muove i fili da dietro le quinte.
Il lungometraggio suggerisce che il falso, più che inganno, può essere una modalità di esistenza. La maschera non è sempre scelta deliberata: a volte è una necessità. E tra le maschere individuali si innesta quella collettiva, legata agli eventi storici, politici e sociali che si sviluppano nel sottotesto della narrazione.

Contesto storico e linguaggio visivo
Il film Netflix Il Falsario colloca le vicende di Toni all’interno di un periodo storico preciso, segnato da tensioni politiche, terrorismo e misteri irrisolti. Il riferimento al 9 maggio 1978, giorno del ritrovamento del corpo di Aldo Moro, introduce un elemento concreto che radica la finzione in un contesto riconoscibile. Da quel momento, la traiettoria narrativa prende una direzione più netta, dove le implicazioni individuali si intrecciano con quelle collettive.
A livello visivo, adotta una grammatica ibrida. Lodovichi, in collaborazione con il direttore della fotografia Emanuele Pasquet, riprende alcuni tratti estetici del cinema italiano degli anni ’70 – zoom, macchina a spalla, texture “analogiche” – mescolandoli a un montaggio ritmico che alterna stasi e accelerazione. La colonna sonora si muove tra suoni originali e brani dell’epoca, creando un paesaggio sonoro stratificato.
Nessuna morale, solo tensione tra le scelte
Il Falsario non propone risposte, né si propone come atto di denuncia o riscrittura. Si limita a costruire una narrazione in cui i personaggi si muovono in un territorio dominato dall’ambiguità. Ogni scelta – estetica, narrativa, storica – si colloca in un’area grigia dove il giudizio è sospeso.
Il film racconta un’epoca e insieme racconta come quell’epoca possa essere osservata da oggi, filtrata da memorie, archivi, omissioni. Il falso, in questo caso, non è una deviazione dalla realtà ma uno dei modi in cui la realtà si manifesta.
Disclaimer
Questo testo è stato redatto sulla base di informazioni e note di regia condivise dalla produzione, supportate dalla visione di interviste e materiali promozionali, ma senza avere visto il film. In alcun modo, quindi, questa presentazione di Il falsario può essere intesa come una recensione o una critica cinematografica.

Filmografia
Il falsario
Drammatico - Italia 2025 - durata 110’
Regia: Stefano Lodovichi
Con Pietro Castellitto, Giulia Michelini, Andrea Arcangeli, Pierluigi Gigante, Aurora Giovinazzo, Edoardo Pesce
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