Ci sono film che si guardano e film che si vivono: Shayda, esordio bruciante di Noora Niasari al cinema dal 10 luglio con Wanted, appartiene alla seconda categoria. Non è solo un’opera cinematografica: è un testamento di sopravvivenza, un atto politico, un inno alla maternità e un ricordo inciso con la forza della memoria.

Zar Amir-Ebrahimi
Shayda - In fuga dall'Iran (2023) Zar Amir-Ebrahimi

La fuga, la lotta, la rinascita

Nel film Shayda, siamo nell’Australia del 1995. Shayda, una giovane madre iraniana, ha trovato rifugio in un centro per donne maltrattate, portando con sé sua figlia Mona, sei anni appena e già spaventata dal mondo. Fuggita da un marito violento, Hossein, e in attesa di divorzio, Shayda tenta di costruire una nuova esistenza. Ma quando un giudice concede a Hossein il diritto di visita, il fragile equilibrio della madre si spezza. Il timore che l’uomo possa rapire Mona e riportarla in Iran riaccende in Shayda un’ansia viscerale.


In questo contesto teso, le celebrazioni del Nowruz, il Capodanno persiano, diventano più di una semplice festività. Sono un ancora d’identità, un ponte tra passato e futuro, tra ciò che è stato e ciò che si spera.

Volti pieni di crepe e forza

Al centro del film c’è Zar Amir Ebrahimi, che interpreta Shayda con una potenza contenuta ma incandescente. Vincitrice a Cannes nel 2022 per Holy Spider, Ebrahimi dà corpo a una donna sospesa tra paura e determinazione. Non è un’eroina nel senso classico. È fragile, sì, ma mai spezzata. Shayda non chiede vendetta, chiede dignità.


Il marito Hossein, interpretato da Osamah Sami, non è un mostro caricaturale. È ambiguo, affascinante, inquietante. Proprio questa complessità lo rende così temibile: incarna il patriarcato non come macchietta, ma come una rete invisibile che si stringe lentamente.


E poi c’è Mona, la bambina interpretata con sorprendente delicatezza da Selina Zahednia. I suoi silenzi, i suoi sguardi, raccontano più di qualsiasi dialogo. È il cuore vulnerabile attorno a cui tutto ruota.

Zar Amir-Ebrahimi
Shayda - In fuga dall'Iran (2023) Zar Amir-Ebrahimi

Quando il personale diventa politico

Ill film Shayda non è solo il ritratto di una madre. È una riflessione tagliente sui diritti delle donne: “Tutto ciò che mia madre voleva erano queste libertà di base: divorziare, avere la custodia di sua figlia, scegliere come vestirsi”, dice Niasari. Un’aspirazione che dovrebbe essere universale, ma che in molte culture è ancora rivoluzionaria.


Ma trovano spazio anche questioni come la cultura e l’identità. Shayda cerca libertà in Australia ma non rinnega l’Iran. Il film non cade nella trappola dell’esotismo né del vittimismo. La nostalgia per il paese natale è reale, ma anche la lucidità verso ciò che ha dovuto fuggire.


Il femminismo intersezionale è un altro dei temi affrontati. Shayda non è una donna bianca borghese occidentale. È un’immigrata, una madre, una rifugiata, una musulmana laica. Il film mette in scena il femminismo là dove spesso viene ignorato: in contesti non occidentali, nei margini.


E, infine, non manca spazio per una riflessione sulla resilienza. “Quando ero piccola, la mia prima esperienza di libertà fu in un rifugio per donne,” racconta la regista. È una frase semplice ma devastante. E proprio da questo trauma vissuto, nasce un film che non urla, ma che resta inciso addosso come un sussurro che brucia.

Poesia e verità

Niasari gira con uno stile che potremmo definire poetico-veritiero. L’estetica è sobria, realistica, ma illuminata da una sensibilità lirica. La camera rimane spesso ad altezza di bambino, suggerendo che è attraverso Mona che osserviamo il mondo. La regista non impone un messaggio: lo lascia emergere dalle piccole cose: uno sguardo tra madre e figlia, il gesto di coprirsi il capo o la tensione che si sprigiona da un abbraccio forzato.


Il lavoro di ricostruzione degli anni ’90 è meticoloso. Girato nei sobborghi di East Doncaster e Dandenong a Melbourne, il film Shayda restituisce perfettamente l’atmosfera del tempo, fatta di tappeti persiani su moquette beige, di salotti che odorano di cardamomo e paura.


Non sorprende che Shayda abbia vinto l’Audience Award al Sundance 2023. In un panorama in cui il cinema iraniano lotta contro la censura e le registe devono spesso lavorare in esilio, il debutto di Noora Niasari rappresenta un gesto politico e umano di rara intensità. L’appoggio di Cate Blanchett e della sua Dirty Films ha sicuramente contribuito alla visibilità del progetto, ma è la voce di Niasari (personale, urgente, radicale) a far brillare davvero il film, il cui pregio principale è quello di infrangere il mito della madre infallibile per mostrarla come donna, come essere umano, come sopravvissuta.


“Non ho mai immaginato un giorno in cui una rivoluzione guidata da donne potesse prendere piede in Iran come sta accadendo oggi. Questo film è dedicato a mia madre e alle donne coraggiose dell’Iran”, ha sottolineato Noora Niasari.

Filmografia

locandina Shayda - In fuga dall'Iran

Shayda - In fuga dall'Iran

Drammatico - Australia 2023 - durata 117’

Titolo originale: Shayda

Regia: Noora Niasari

Con Zar Amir-Ebrahimi, Selina Zahednia, Osamah Sami, Leah Purcell, Mojean Aria, Jillian Nguyen

Al cinema: Uscita in Italia il 10/07/2025

locandina Holy Spider

Holy Spider

Thriller - Svezia, Danimarca, Germania, Francia 2022 - durata 117’

Titolo originale: Holy Spider

Regia: Ali Abbasi

Con Zar Amir-Ebrahimi, Arash Ashtiani, Mehdi Bajestani, Forouzan Jamshidnejad, Sina Parvaneh, Nima Akbarpour

Al cinema: Uscita in Italia il 16/02/2023

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