Nel panorama della produzione cinematografica italiana, il film Ammazzare stanca – Autobiografia di un assassino si presenta come un’opera che affronta il tema della criminalità organizzata partendo da una storia vera.
Diretto da Daniele Vicari e liberamente ispirato al memoriale scritto da Antonio Zagari, racconta la traiettoria di un giovane cresciuto all’interno di una cosca mafiosa che cerca di sottrarsi al destino impostogli. Il progetto nasce dall’autobiografia di Zagari, ex uomo d’onore poi pentito, che affida alla scrittura il racconto del proprio passato criminale. La narrazione si concentra sulla difficoltà di separarsi da un’identità radicata nel sangue e nella gerarchia, e sul tentativo di resistere a un sistema chiuso attraverso un gesto di rottura: scrivere.

Il nodo che stringe
La vicenda del film Ammazzare stanca si colloca nella metà degli anni Settanta. Antonio Zagari ha poco più di vent’anni, ha già partecipato a sequestri, rapine, omicidi e finisce in carcere. È in prigione che inizia a scrivere: su se stesso, sulla famiglia, sulla ’ndrangheta trapiantata dalla Calabria alla Lombardia, sul padre, sui fratelli, sulla madre, sul lavoro in fabbrica, sull’amore per Angela, sulla violenza, sull’uccidere.
Mentre fuori il Paese attraversa una fase storica di rivendicazioni sociali e politiche, Antonio vive una lotta intima: cerca di opporsi alla logica dell’organizzazione criminale e al potere che suo padre esercita all’interno e all’esterno della famiglia. La ribellione prende la forma di un rifiuto fisico e morale per la violenza, che inizia a manifestarsi in lui come rigetto corporeo. La scrittura diventa il mezzo attraverso cui prova a sottrarsi a un’identità già assegnata e in apparenza ineludibile.
Al centro della storia, quindi, non c’è solo il percorso giudiziario o criminale, ma anche una tensione interna, una ricerca di emancipazione attraverso un linguaggio nuovo, che si oppone a quello dei codici mafiosi.
Il sangue nelle vene, non nelle mani
Il film Ammazzare stanca ruota intorno alla figura di Antonio, interpretato da Gabriel Montesi. Il personaggio, costruito sulla figura reale di Zagari, è un giovane che ha vissuto esperienze estreme, ma che mostra segnali di rottura rispetto al contesto criminale in cui è cresciuto.
Giacomo, suo padre, è una figura centrale: capofamiglia e rappresentante della struttura mafiosa, viene portato sullo schermo da Vinicio Marchioni. Il suo rapporto con Antonio è segnato dalla pressione, dal controllo e dalla richiesta di obbedienza assoluta. La famiglia è il primo livello di appartenenza, ma anche la prima gabbia.
Angela, interpretata da Selene Caramazza, appare come un riferimento affettivo stabile per Antonio. Il suo ruolo non è definito in termini narrativi tradizionali, ma emerge come figura relazionale, legata al desiderio di una vita alternativa.
Nel cast anche Rocco Papaleo nel ruolo di Don Peppino Pesce, figura che si inserisce nel quadro più ampio della struttura mafiosa e delle sue dinamiche. Il film propone diversi personaggi che gravitano attorno al protagonista, costruendo un ambiente sociale e familiare stratificato, all’interno del quale ogni scelta ha conseguenze dirette e spesso irreversibili.

Il rifiuto come eresia
Uno dei nuclei tematici principali del film Ammazzare stanca è il rifiuto dell’eredità mafiosa. Antonio, nato in una famiglia ’ndranghetista e considerato destinato a perpetuarne la linea di comando, mette in discussione l’intero impianto su cui quella realtà si fonda.
La ribellione non è aperta né eclatante: prende la forma del disagio fisico, dell’insofferenza, dell’incapacità di proseguire in azioni violente. In questo quadro, la scrittura si configura come forma di opposizione, ma anche come strumento di autoanalisi e documentazione.
Nel racconto emerge anche la complessità del rapporto padre-figlio: la diserzione dal sistema mafioso è descritta non solo come opposizione a un’organizzazione, ma anche come rifiuto di un modello familiare basato sulla sopraffazione. Il film affronta così la questione dell’identità imposta, e del rischio personale che comporta il tentativo di sottrarsene.
La parola che scavalca il silenzio
Il percorso di Antonio si sviluppa attraverso la scrittura. Il suo memoriale, composto in carcere, è la base narrativa su cui si fonda il film Ammazzare stanca. Le parole che mette su carta non sono finalizzate alla giustificazione o all’autoassoluzione, ma rispondono a una necessità di testimonianza.
Il gesto di raccontare, in un contesto dove la regola fondamentale è il silenzio, produce uno strappo. Antonio descrive in modo diretto e crudo episodi di violenza a cui ha partecipato. Il suo linguaggio non è mediato da formule letterarie, ma sembra voler ricostruire i fatti nella loro essenzialità.
La scrittura assume così il doppio ruolo di strumento di consapevolezza e atto di separazione. Nel film, questo processo viene rappresentato come una traiettoria interiore, in cui il desiderio di cambiare si confronta con i vincoli della provenienza.
Frequenze basse, margini stretti
La colonna sonora, composta da Teho Teardo, è costruita intorno alla chitarra battente calabrese, uno strumento dalle caratteristiche timbriche particolari. La scelta di utilizzare questo registro sonoro, inizialmente ristretto e poi via via ampliato, risponde alla volontà di accompagnare la narrazione restando dentro limiti precisi, come quelli che vincolano i personaggi.
Secondo quanto dichiarato dal compositore, la musica è pensata per suggerire non solo ciò che i personaggi vivono esplicitamente, ma anche ciò che manca: le assenze, i desideri inespressi, le possibilità negate. Il rapporto tra Antonio e Angela, ad esempio, viene evocato musicalmente attraverso queste zone di assenza, più che attraverso la presenza piena di un tema melodico.
Un racconto costruito da fonti interne
Il film Ammazzare stanca si inserisce nella tradizione narrativa del cinema italiano che utilizza fonti documentarie e testimonianze dirette come base per costruire sceneggiature. Il regista Daniele Vicari ha dichiarato di essersi confrontato con il testo di Zagari cercando di mantenere lo sguardo interno dell’autore, e di aver scelto di non rappresentare la figura del mafioso come archetipo, ma come individuo inserito in un contesto specifico.
L’operazione registica parte da una testimonianza scritta per trasformarla in una narrazione audiovisiva. La presenza di elementi riconducibili al gangster movie convive con un impianto che vuole mantenere un legame costante con la realtà raccontata.
Ammazzare stanca si configura come un film costruito attorno a una vicenda autobiografica che attraversa i temi del crimine, del potere familiare, della ribellione individuale e della scrittura come forma di resistenza.
Basato sul memoriale di Antonio Zagari, il film diretto da Daniele Vicari propone una narrazione che si muove all’interno del genere, ma che parte da una fonte interna, non mediata, e tenta di restituirne la complessità. La storia di Antonio, nella sua specificità, entra in dialogo con questioni più ampie: la trasmissione dell’identità, il peso dell’appartenenza, il linguaggio come atto politico. Il film uscirà nelle sale il 4 dicembre con 01 Distribution.
Disclaimer
Questo testo è stato redatto sulla base di informazioni e note di regia condivise dalla produzione, supportate dalla visione di interviste e materiali promozionali, ma senza avere visto il film. In alcun modo, quindi, questa presentazione di Ammazzare stanca può essere intesa come una recensione o una critica cinematografica.
Filmografia
Ammazzare stanca
Drammatico - Italia 2025 - durata 129’
Regia: Daniele Vicari
Con Gabriel Montesi, Vinicio Marchioni, Selene Caramazza, Andrea Fuorto, Thomas Trabacchi, Cristiana Vaccaro
Al cinema: Uscita in Italia il 04/12/2025
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