Nel suo debutto da regista, sceneggiatrice e attrice protagonista, Eva Victor racconta nel film Sorry, Baby, al cinema a dicembre con I Wonder Pictures, la storia di Agnes, una giovane professoressa di letteratura che vive in una tranquilla cittadina universitaria del New England. Sotto la superficie immobile del suo quotidiano, Agnes è bloccata. Un trauma la tiene inchiodata in un presente che non evolve, mentre la vita intorno a lei (quella degli amici, delle ambizioni, dei percorsi accademici) sembra procedere spedita. Ma non è una storia sul trauma. È una storia su ciò che accade dopo.

Naomi Ackie, Eva Victor
Sorry, Baby (2025) Naomi Ackie, Eva Victor

Un tempo spezzato, un’anima frammentata

Il film Sorry, Baby è suddiviso in cinque capitoli, ognuno dei quali rappresenta un anno, o meglio: una risonanza temporale. Lo schema riflette lo stato interno della protagonista. Victor costruisce la narrazione assecondando la logica emotiva del trauma: il tempo non scorre in modo lineare, ma si frammenta, si comprime, salta. I ricordi invadono il presente. I futuri possibili sembrano evaporati.


Non si vede mai “il brutto momento”. Quando Agnes racconta ciò che le è accaduto, la macchina da presa si allontana. Non c’è spettacolarizzazione della violenza. L’evento traumatico (l’aggressione sessuale da parte del suo mentore accademico, il professor Decker) è un’assenza che grava su tutto, come un vuoto d’aria.

Legami, fratture, tenerezze

Al centro del film Sorry, Baby ci sono due relazioni fondamentali: quella con Lydie, la migliore amica, e quella con Gavin, il vicino di casa.


Lydie (Naomi Ackie) è il cuore emotivo della storia. Sempre presente, anche da lontano, rappresenta il tipo di amore non romantico ma profondamente salvifico. È l’amica che ascolta, che non chiede spiegazioni, che c’è. È con Lydie che Agnes riesce per la prima volta a verbalizzare il trauma. È Lydie che la trattiene sulla soglia, quando Agnes rischia di sprofondare. Nonostante abbia ormai una famiglia propria, Lydie resta un punto fermo: paziente, ma mai sacrificata.


Gavin (Lucas Hedges) entra in scena più tardi, in punta di piedi. Non è un “salvatore” nel senso classico. È qualcuno che si avvicina senza pretendere, che accetta i tempi lenti, i silenzi, le ritrosie. La relazione tra Agnes e Gavin è costruita sull’imbarazzo, sulla tenerezza, sull’inadeguatezza condivisa. C’è una scena in una vecchia vasca da bagno che sintetizza questa delicatezza: due persone fragili, che provano a fidarsi.


Preston Decker (Louis Cancelmi) è l’antagonista, ma non un villain da copione. È un professore carismatico, brillante, capace di far sentire Agnes “vista”. Ma proprio in questo spazio di fiducia e ammirazione si consuma la violenza. Victor insiste: non si tratta di mostri, ma di uomini comuni che approfittano del proprio potere.


Natasha (Kelly McCormack) è una collega-rivale che incarna il lato grottesco dell’ambiente accademico: ipercompetitiva, rancorosa, ferita. È fonte di umorismo, ma anche specchio deformante delle paure di Agnes: diventare una persona cinica, scollegata dalle proprie emozioni.


E infine il personaggio interpretato da John Carroll Lynch, un perfetto sconosciuto che offre aiuto ad Agnes in un momento di panico, porta una luce improvvisa nel buio. Un gesto semplice, gratuito, ma potentissimo.

Eva Victor, John Carroll Lynch
Sorry, Baby (2025) Eva Victor, John Carroll Lynch

Come si guarisce da ciò che non passa

Il film Sorry, Baby non racconta la violenza, ma la sua eco. È un’opera che parla di guarigione: il dolore non sparisce, ma cambia forma. Agnes non “supera” l’accaduto, non si trasforma in una nuova persona, non si emancipa nel senso hollywoodiano. Semplicemente, ricomincia a muoversi. A sentire. A insegnare. E a parlare con i neonati, come nella scena finale in cui si rivolge alla figlia di Lydie: “Succederanno cose brutte. Ma spero di esserci”.


Il corpo è un altro tema centrale. Agnes è intrappolata in un corpo che sente estraneo, ma che impara lentamente a riabitare. La fotografia, curata da Mia Cioffi Henry, gioca con gli spazi chiusi, le finestre, le soglie. Le inquadrature suggeriscono la distanza tra Agnes e il mondo, ma anche la possibilità di apertura.


L’umorismo ha un ruolo fondamentale. Il film vuole essere spesso divertente, nonostante la materia oscura. Le battute sono, nelle intenzioni della regista, a spese del potere, dell’ipocrisia, dell’assurdità del mondo accademico, ma mai per sminuire il dolore.

Un’opera d’autrice

Eva Victor ha scritto il film Sorry, Baby partendo da un’urgenza personale. Ha trasformato un’esperienza difficile in un racconto stratificato per provare a parlare anche a chi non ha vissuto un trauma simile. Dopo essere stata notata da Barry Jenkins per i suoi video comici, ha affrontato una vera e propria “accademia del cinema” fatta su misura, per arrivare preparata alla regia. E tenta di mettere in mostra ciò che ha imparato, ovvero con cura, consapevolezza, precisione.


Ma al centro della sua storia resta sempre Agnes. Non come vittima, non come simbolo, ma come essere umano. Imperfetta, a tratti arrabbiata, spesso spaesata, a volte persino buffa. E per questo profondamente reale.


Sorry, Baby
è un’opera sull’intimità, sulla sopravvivenza e sull’importanza dei piccoli gesti. Non offre soluzioni né catarsi. Offre spazio. Per pensare, per riconoscersi, per parlare. È un film che sa stare in silenzio, ma che alla fine dice ciò che serve: non sei sola.


Disclaimer

Questo testo è stato redatto sulla base di informazioni e note di regia condivise dalla produzione, supportate dalla visione di interviste e materiali promozionali, ma senza avere visto il film. In alcun modo, quindi, questa presentazione di Sorry, Baby può essere intesa come una recensione o una critica cinematografica.

Autore

Redazione

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Filmografia

locandina Sorry, Baby

Sorry, Baby

Drammatico - USA 2025 - durata 104’

Titolo originale: Sorry, Baby

Regia: Eva Victor

Con Eva Victor, Naomi Ackie, Louis Cancelmi, Kelly McCormack, Lucas Hedges, John Carroll Lynch