Sull’isola Hilbre – spiaggiata di fronte all’estuario del fiume Dee, sulla cost nord del Galles – un gruppo di giovani tutti allegri bisboccia illegalmente sulla spiaggia fra salti mortali, falò, gente che vomita a getto e grandi limoni con estranei di cui si avrà tempo per pentirsi la mattina dopo; il tutto mentre una coetanea, poco lontano, viene affogata da mani ignote ed esiziali. Sessanta secondi di pilota e sembra di stare in pieno territorio true crime, le sabbie mobili della serialità che tutto assorbono e tutto appiattiscono nel solito racconto di un brutto assassinio e della caccia per stanare il responsabile.

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The Gathering

Fermi tutti però. Che questa è una serie fatta dagli inglesi – quelli che si sono inventati per davvero la tv di qualità, pur con tutti i loro difetti di provincialismo e uggia inscalfibile – mica da quei buzzurri di statunitensi che fanno a gara a chi è più cafone. E allora torniamo immediatamente con la storia a un mese prima dell’omicidio, in quel di Liverpool. Kelly è una giovanotta fresca orfana di madre, munita di un fratellino simpatico e di un padre presente e volenteroso, che ce la mette davvero tutta per tenere in piedi la faccenda. Ella, Kelly, è iscritta a una scuola di ginnastica artistica d’élite, più che leggermente al di sopra delle possibilità econimiche della famiglia. Non importa però: genitore uno nutre grosse speranze nel talento per la ginnastica artistica della figlia ed è disposto a grossi sacrifizi pur di sostenerlo.

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The Gathering

Kel ha anche degli amichetti che sono dei bei guasconi – di quelli che ascoltano la musica rappusa in macchina mentre fumano le sigarette di marijuana recandosi a fare del parkour in piazza – e con un barbatrucco la fanno uscire prima da scuola, anche se non dovrebbe. Non dovrebbe non solo perché ha degli esami da preparare, ma anche perché la sua carriera parallela da saltatrice fuorilegge di muretti potrebbe pregiudicare quella più prestigiosa da ginnasta in palestra.

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The Gathering

In tutto questo, Kel ha un’amica/nemica che è la sua esatta immagine speculare: Jess vive sola con l’esigente madre maniaca del controllo – donna in carriera vagamente sgradevole, con il Mercedes grosso e i soldi per lo shopping di lusso infrasettimanale – che la spinge ossessivamente verso il successo, verso le obbligatorie lezioni di piano con cui le persone che aspirano a un’ascesa sociale torturano i figli e verso l’intolleranza nei confronti di tutti quei poveri peones che, come il padre di Kel, “non sanno tenere in ordine i cazzi propri”.

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The Gathering

Nonostante tutto, la vita della giovane Kel procede in modo assolutamente ok. Finché non comincia a montare una tempesta perfetta. Da un lato viene finalmente promossa in prima squadra, ma non se la sente di condividere la gioia con Jess (che invece non è stata promossa nonostante la furia agonistica da bordocampista della mamma). Allo stesso tempo, durante una delle sue sessioni di parkour Kelly conosce l’intrepido Bazi.

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The Gathering

Da una parte ha un’allenatrice implacabile che l’ha avvertita – se ti becco di nuovo che salti da un tetto all’altro ti caccio dalla squadra – dall’altra c’è un bel manzetto a chilometro zero che le fa gli occhi dolci e le dice “dai che ci vediamo la prossima volta a fare i balzelli insieme”. Kel è un’adolescente brava e responsabile. È brillante a scuola, vuole bene al fratellino e al padre, ed è presente in casa se c’è bisogno di lei. Non è un’adolescente ribelle. Ma è pur sempre un’adolescente, perdiana. È corretto che faccia la sua dose di cazzate prima che la vita la rinchiuda nelle segrete della responsabilità.

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The Gathering

Il temibile rischio dell’ennesima serie thriller che, fondamentalmente, fa il verso al true crime aggiungendoci solo una fotografia più patinata del solito si disinnesca ed evolve nel principio di una miniserie in sei puntate che, con tratteggi precisi e mai didascalici (persino per quanto riguarda gli innumerevoli personaggi secondari), descrive un mondo di incomunicabilità sociale, di meschinità che si diffonde in ogni aspetto della vita, persino quello più piccolo e in apparenza insignificante. Homo homini lupus, l’importante è schiacciare chi sta fra te e il tuo obiettivo, soprattutto se è più povero e punta a ottenere la posizione che hai tu.

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The Gathering

È un microcosmo inquietante, quello di The Gathering, non privo di dolcezza, ma schiaffeggiato da pesanti folate di cattiverie e piccole ingiustizie, così realistiche da fare venire l’ulcera per il nervoso. Non a caso, la miniserie è creata, scritta e diretta dall’artista rinascimentale Helen Walsh, che come primo lavoro farebbe la romanziera (in Italia sono stati pubblicati Senza pudore e Il limoneto) ma che si cala alla perfezione – e non per la prima volta: nel 2015 aveva debuttato al cinema con il discreto The Violators – nel ruolo di sceneggiatrice e regista. L’episodio pilota che ha firmato è davvero un piccolo gioiello – che si conclude con un cliffhanger da manuale delle miniserie –, realizzato con poche risorse e tante idee, ma di quelle belle. Di quelle semplici, chiare e messe in scena con mano ferma.

Autore

Nicola Cupperi

Scrive per FilmTv perché gliel'ha consigliato il dottore. Nel tempo libero fa la scenografia mobile. Il suo spirito guida è un orso grigio con le fattezze di Takeshi Kitano.