In un piccolo paese dell’Appennino emiliano, il giovane Antimo, fervente religioso, trascorre la sua vita tra la parrocchia e la stalla in cui lavora. Un giorno incontra Lazzaro, semplice e selvaggio, e decide di convertirlo al cristianesimo. Presto, questo rapporto predicatore-discepolo sfocia, trascinandoli lungo sentieri irrevocabili. Il vento soffia dove vuole, opera seconda di Marco Righi, dopo vari passaggi in festival internazionali, ha avuto la sua anteprima nazionale concorrendo nella sezione Fuori dal giro alla ventunesima edizione del Festival del Cinema di Porretta Terme, conclusosi il 10 dicembre. Per l’occasione, abbiamo intervistato il regista.

«In pochi sanno vivere con niente oggigiorno» dice Lazzaro, uno dei protagonisti di Il vento soffia dove vuole. Una frase che rispecchia, in termini produttivi, il tuo film: realizzato con meno di 200 mila euro e in un tempo record di 18 giorni. Quando si dice un film prodotto dal basso...
Sì, è vero, questo film nasce dal basso, nel senso che è un film realizzato con un budget molto ridotto, in pochissimi giorni; molti ragazzi coinvolti nella produzione erano esordienti. Nonostante ciò, il film è stato prodotto in maniera convenzionale, tanto che abbiamo ottenuto il sostegno della Film Commission Emilia-Romagna. Ho concepito questo film anche in virtù dell’esperienza maturata con il mio primo lavoro, risalente a una decina di anni fa, I giorni della vendemmia, dove girammo addirittura in 14 giorni con un budget ancor più indipendente. Per Il vento soffia dove vuole desideravo preservare un certo tipo di libertà espressiva e conservare un’anima profondamente indipendente. Non nego che non avremmo rifiutato altri finanziatori. Ero consapevole delle difficoltà legate alla produzione di un film con queste dinamiche.

Jacopo Olmo Antinori
Il vento soffia dove vuole (2023) Jacopo Olmo Antinori

Nonostante questo “no-budget” Il vento soffia dove vuole è stato selezionato a tre festival internazionali: il Karlovy Vary in Repubblica Ceca, dove ha avuto la sua anteprima mondiale, il Thessaloniki in Grecia e il Mannheim-Heidelberg in Germania. L’Italia arriva un po’ per ultima. Ti sei mai chiesto come mai il tuo film sia riuscito a conquistare il cuore di festival stranieri, rimanendo invece inesplorato nel tuo paese? C’è spazio in Italia per un cinema indipendente come il tuo?
È una bella domanda... me la sono posta molte volte e fatico a trovare una reale spiegazione. C’è un detto che recita “non si è mai profeti in patria”, alcuni autori riescono a esserlo, io fatico un po’. Con I giorni della vendemmia abbiamo partecipato a oltre quaranta festival e ottenuto premi e riconoscimenti. Tuttavia, ciò non ha portato ad un reale interessamento produttivo. Infatti, Il vento soffia dove vuole è arrivato più di dieci anni dopo. Per cui sì, ho incontrato molte difficoltà. Alcuni festival ci hanno chiesto di partecipare, ma la commissione non è stata unanime, il che ha relegato il film in secondo piano. Ho notato anche una crescente competizione tra i festival in Italia, con la richiesta sempre più frequente di anteprime, a volte europee, a volte nazionali. Noi, ad esempio, ci siamo “giocati” l’anteprima mondiale e internazionale a Karlovy Vary, tuttavia alcuni festival italiani hanno esitato a concederci l’anteprima a causa di questa scelta. Questa competizione non è produttiva e toglie visibilità a dei film che in distribuzione ne hanno ancora meno e che alla fine finiscono per passare inosservati, come spesso accade per molto cinema.

scena
Il vento soffia dove vuole (2023) scena

Grazie al Festival del Cinema di Porretta Terme, il tuo film avrà un’anteprima nazionale nella suggestiva cornice di Porretta Terme, situata nell’Appennino tosco-emiliano, uno dei protagonisti del tuo film e un luogo a te particolarmente caro, essendo nato a Reggio Emilia.
Ero già stato a Porretta per la mia opera prima. Porretta ha un’anima orientata molto alla ricerca. Luca Elmi, il direttore, sta dando un’impronta molto specifica al festival, e mi fa piacere che esista uno spazio dedicato a questo tipo di visioni e a nuovi punti di vista anche sul cinema stesso. È stato poi significativo il fatto che questa chiamata sia giunta in un Appennino che, sebbene non sia esattamente lo stesso dove abbiamo girato il film, è poco distante da esso. Inoltre abbiamo avuto gran parte della troupe tra la Toscana e l’Emilia, quindi sarà anche un’occasione di festa, dato che saranno presenti alcuni ragazzi che hanno lavorato al film e alcuni membri del cast. Dunque, considerando il bel mix di elementi, abbiamo accettato molto volentieri e con entusiasmo questo invito.

Yile Yara Vianello
Il vento soffia dove vuole (2023) Yile Yara Vianello

La provincia, il paese e la vita quotidiana, insieme al percorso di crescita di un giovane, sono al centro anche del tuo esordio: I giorni della vendemmia. Come dialogano le tue due opere? Si inseriscono all’interno di un disegno più ampio?
Sì, i protagonisti dei due film, Elia e Antimo, pur in modi molto diversi, condividono un denominatore comune: il fatto di provenire e vivere in provincia. Quando ho concepito questi due film, mi trovavo in due fasi molto diverse della mia vita. I giorni della vendemmia è un film che, se dovessi riassumere con una parola, definirei “scoperta”, ricco di entusiasmo. Il vento soffia dove vuole, invece, proviene da una ricerca diversa, incentrata sul sacro e sulla spiritualità. Tuttavia, sì, a unire i due film ci sono gli spazi e i paesaggi della provincia, sebbene uno rappresenti una provincia orizzontale legata alla bassa emiliana, mentre l’altro ritrae l’Appennino, un paesaggio verticale e apatico. Sono nato nella provincia di Reggio Emilia, quindi è un tema che per me è sempre stato importante indagare e su cui confrontarmi. Mi viene in mente questa frase di Gianni Celati che affermava “la provincia, ancor prima di un luogo fisico, è una categoria dello spirito”. Credo che in parte sia vero, e in qualche modo sento ancora la necessità di confrontarmi con essa, sia nei suoi aspetti positivi che nelle connotazioni più deterrenti che può portare.

Jacopo Olmo Antinori
Il vento soffia dove vuole (2023) Jacopo Olmo Antinori

Ne Il vento soffia dove vuole, ricorrono inquadrature dal basso, con la camera a livello del suolo, tra i fili d’erba. È un tentativo di rimanere connessi alla terra, alla concretezza, in un film che invece è tanto proiettato al cielo, all’ultraterreno? O piuttosto un preludio al destino che attende uno dei personaggi?
Più la seconda risposta. Ci sono numerose inquadrature e riprese sulla natura, poiché la natura svolge un ruolo piuttosto rilevante in questo film. La mia priorità nella messa in scena era cercare una camera fissa, immobile; una camera che mantenesse sempre una certa distanza, con campi lunghi che dessero respiro agli elementi in scena; una camera invisibile che lasciasse spazio alla vicenda. Una camera talvolta più bassa, sia per una scelta dettata dalla cornice naturale, sia motivata da considerazioni simboliche.

Fiorenzo Mattu
Il vento soffia dove vuole (2023) Fiorenzo Mattu

In un film costituito da inquadrature fisse, due panoramiche segnano due momenti cruciali: il primo incontro tra Antimo e Lazzaro, svelato da una lenta panoramica verso sinistra, mentre una verso destra inquadra Antimo prima di un punto di svolta. Cosa comunica la forma rispetto al contenuto?
Questa è stata una decisione condivisa con il direttore della fotografia, David Becheri, con l’obiettivo di preservare quel respiro di cui parlavo precedentemente, evitando di restare costantemente focalizzati sulla figura umana e sugli eventi in corso. Un cercare di immergersi in un tempo fisico, che è il tempo del film. L’importanza di questo lungometraggio risiede in ciò che non viene mostrato, ciò che viene escluso. In termini strutturali, ho seguito non i tre atti canonici, ma tre momenti: quotidianità, scissione e stasi. Approccio che è stato ispirato da un saggio, Il trascendente nel cinema di Paul Schrader, in cui viene descritto un momento apicale in cui il climax classico non si manifesta con la forza consueta. È come se, nel momento culminante del film, lo sguardo si rivolgesse altrove, nascondendo questo elemento. Perciò, anche nei momenti che hai menzionato, c’è questa anticipazione nel non dare eccessiva importanza, nel seguire il giusto ritmo, procedendo lentamente e sottraendo più che accumulando, evitando la freneticità di dover mostrare a tutti i costi. Questi spazi sono volti a stimolare la riflessione dello spettatore, altrimenti si imbonisce, si intrattiene ma poi si tende ad escludere. Invece in questo modo si domanda dove sono, come mai, perché, chi è questa figura... credo che sia al servizio di una diversa narrazione.

Yile Yara Vianello, Fiorenzo Mattu
Il vento soffia dove vuole (2023) Yile Yara Vianello, Fiorenzo Mattu

Il vento soffia dove vuole è un film che lavora di sottrazione e una delle figure chiave del film è l’assenza. I genitori di Antimo, la madre defunta e il padre, quasi mai in campo, sono figure fantasmatiche. Ad essere assente è anche lo stesso Dio? La madre aveva smesso di pregare, la sorella non crede, la piccola chiesa di paese è quasi sempre vuota, Antimo ha abbandonato il seminario e quando si propone di “insegnare a pregare” a Lazzaro, la sua versione del cristianesimo si discosta da quella ufficiale. La fede per Antimo sembra essere, più che altro, un modo per sopravvivere al suo passato.
La psicologia di Antimo è complessa. Ho cercato di creare un personaggio ambiguo, rispetto a un trauma che ha vissuto con la madre, rispetto a questa conflittualità con la chiesa e il suo vivere, dove fuma, dove a volte ha un fare aggressivo, dove cerca sempre la sessualità. Quindi sì, questa ennesima ambiguità della mancanza della presenza di Dio nella sua vita è determinante. Antimo persegue la figura di Cristo, quindi alcuni conflitti interiori ed esteriori sono legati a questa percezione. A un certo punto, ha la presunzione di sentirsi una persona predestinata. Questo è legato a una visione giansenista, che ho ripreso dalla cinematografia di Bresson e ho provato ad inserire in questa storia. Se nella visione della chiesa cattolico-romana c’è il libero arbitrio, in quella giansenista c’è la predestinazione. Questo è ciò che avevo in mente in relazione alle azioni di Antimo e Lazzaro.

Fausto Paravidino
Il vento soffia dove vuole (2023) Fausto Paravidino

Lo spiritualismo, la distanza dall’attualità, l’economia formale e la presenza di personaggi travagliati osservati dall’esterno sono caratteristiche presenti nel tuo film che ti avvicinano al cinema di Bresson. Ti consideri “bressoniano”? Quali sono i riferimenti nel tuo cinema, e in particolare in quest’opera?
Tarkovskij, Bergman e soprattutto Bresson sono per me dei cineasti di riferimento. Mi fa molto piacere essere definito “bressoniano”; la sua è una cinematografia, “dell’essenziale”, è una cinematografia che amo e che cerco di perseguire. Nel corso degli anni, sto intraprendendo un percorso in cui approfondisco ulteriormente alcuni autori, e la bellezza di questo mestiere è avvicinarsi, a seconda dei momenti, delle opere stesse o di ciò che si vuole sviluppare, a determinati autori. In I giorni della vendemmia c’era più Bertolucci, Valerio Zurlini e alcuni autori legati alla mia terra. Invece, in Il vento soffia dove vuole, c’era questo tema del trascendente e della spiritualità, per cui ho cercato di fare varie ricerche teologiche, filosofiche, attraverso teorici del cinema e registi spiritualisti che avevano sviluppato il medesimo tema. Dunque mi sono avvicinato a loro.


Domanda obbligata delle interviste di Film Tv: qual è il tuo Film Della Vita?
Ne ho diversi: sicuramente I 400 colpi e in generale il cinema di Truffaut. Ma anche Al primo soffio di vento di Franco Piavoli, Il diario di un curato di campagna di Bresson, Novecento di Bertolucci, Il sapore della ciliegia di Kiarostami... Diciamo che questi film, e i rispettivi autori, sono quelli per cui nutro maggiore affezione.

Il film

locandina Il vento soffia dove vuole

Il vento soffia dove vuole

Drammatico - Italia 2023 - durata 108’

Regia: Marco Righi

Con Jacopo Olmo Antinori, Fiorenzo Mattu, Yile Yara Vianello, Gaja Masciale, Andrea Bruschi, Fausto Paravidino

Al cinema: Uscita in Italia il 29/02/2024