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Film invecchiati male? Ma mi faccia il piacere
di giansnow89
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La rete genera mostri. Non intendo certi personaggi, che per definizione sono fenomeni transeunti figli della tendenza di un determinato periodo, quanto alcuni concetti che, una volta inoculati, permangono invece pervicacemente intrappolati nelle menti fino a divenire parte del pensare comune. C’è un concetto in particolare che mi dà sui nervi ogni volta che lo leggo, e che, prima di cominciare a frequentare comunità informatiche di cinema, mi era totalmente alieno e mai mi sarebbe venuto alla mente, come milioni di altri concetti, d’altra parte, da cui cerco di tenermi accuratamente alla larga: ed è l’idea di “film invecchiato male” (e, naturalmente il concetto duale di “film invecchiato bene”). Che cos’è un film invecchiato male? Dicono, quelli che se ne intendono: è un film con una tecnologia che oggi appare antiquata, vicende poco convincenti, un modo di fare cinema superato. La pietra di paragone per giudicare della freschezza di un film è l’oggi, a quanto sembra. Ma questo tipo di asserzione presenta due falle gigantesche, una insita nel concetto stesso di tempo e l’altra di carattere più precipuamente cinematografico.

Il tempo si sposta continuamente e sempre in avanti, di conseguenza anche la pietra di paragone cambia in continuazione, e ciò che oggi sembra modernissimo ed insuperabile fra cinquant’anni sarà anch’esso antico e superatissimo. Ce lo insegna proprio la tecnologia, tirata in ballo nella definizione di “film invecchiato male”, e che è in rapidissima irrequieta evoluzione: se fra cinquant’anni useremo computer che leggeranno nella mente, i Mac del 2019 come ci appariranno? Magari tra qualche secolo i film di fantascienza si gireranno direttamente nello spazio: ma questo forse autorizzerà chi vivrà in quel tempo a dire che il cinema di Nolan “non era cinema”, o che “faceva tenerezza per quanto era primitivo”? L’errore sta nel credere che l’istante attuale in cui stiamo parlando valga di più delle epoche precedenti, perché ciò implica necessariamente che valga di meno delle epoche future. E qui veniamo alla seconda falla di proporzioni stratosferiche. Nell’idea che l’oggi sia la somma pietra di paragone alla quale mettere in relazione tutto il cinema passato ci sono superbia e cretineria in egual misura. Il cinema oggi non è affatto più degno rispetto al passato: la percentuale di film eccellenti in questo momento storico è nettamente minore, per cui, se proprio un’epoca cinematografica deve assurgere a standard di eccellenza, non è certo quella attuale. Ma non può essere nemmeno quella del passato, perché per quanto detto prima, è possibile che il tempo abbia reso più fertile il terreno per i cineasti di una volta, e questo è certamente vero, e per svariate ragioni: meno vincoli da parte dei produttori, minore ricerca dell’incasso, più idee originali a disposizione - in questo senso vale l’assioma Truffaut secondo il quale tutti i buoni film sono già stati realizzati. Il tempo potrebbe quindi aver giocato paradossalmente a favore di Welles, Kubrick, Hitchcock, Kurosawa, De Sica, e l’ha anzi con ogni probabilità fatto. In sintesi, tutti i periodi valgono allo stesso identico modo, e non esistono film invecchiati male o invecchiati bene, poiché è insensato compararli con un tempo che non ha generato quelle opere.

L’unica pietra di paragone ammissibile è la bellezza. Non esistono film sopravvalutati o sottovalutati, ogni film è quello che è e non può essere diverso da quello che è, all’istante t0 come all’istante t1. Non è raro trovare porcherie come “Top Gun” o “Independence Day” in queste mirabolanti liste di film invecchiati male. Ma quei film, per l’appunto, sono porcherie: lo erano ieri come lo sono oggi! Prendiamo la “Vocazione di San Matteo” di Caravaggio di quattrocento anni fa, e mettiamola a confronto, che so, con un taglio di Fontana del Novecento: non è di certo il tempo che ci fa dire che l’una opera è un capolavoro e l’altra è una boiata, ma il loro stesso essere, evidente per la nostra mente, ma ancora prima per i nostri sensi. L’essere è sì un sottoprodotto del tempo in cui l’opera è stata creata, ma è anche un ente immutabile e nient’affatto accidentale. Se poi lo spettatore ha perso la capacità di vedere e padroneggiare l’evidenza, perché in quest’epoca di distrazioni e di falso benessere l’attenzione è sempre rivolta altrove, allora il mirino della questione va spostato: non si tratta più di stabilire se un film abbia superato la prova del tempo, ma se l’abbia superata l’uomo.

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