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Joanna

Regia di Feliks Falk vedi scheda film

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La recensione su Joanna

di OGM
8 stelle

Una storia femminile. Che narra di una guerra non ufficiale, ma non per questo meno vera, combattuta tra le pareti domestiche, quando gli uomini indossano la divisa, e sono i nemici che ti vengono a bussare alla porta, mentre sei sola in casa, perché tuo marito è al fronte. Joanna è sposata, ma è come se non lo fosse. Il suo matrimonio si è interrotto dopo pochi mesi, quando il suo sposo è dovuto partire soldato. Non ha fatto in tempo a concepire un bimbo, e non ha nessuno con cui dividere il grande appartamento situato in un palazzo del centro di Cracovia. Non è né moglie, né madre, ed ha anche perso il suo posto di cameriera, dopo che il caffè presso il quale lavorava è stato chiuso in seguito ad una retata compiuta dalle truppe di occupazione tedesche. La sua esistenza, in un lampo, si è svuotata di ogni senso. Per fortuna ha incontrato la piccola Rosa. È una bambina ebrea, i cui genitori sono stati deportati, e che per puro caso è riuscita a sfuggire alla cattura. Joanna la prende presso di sé. La deve tenere nascosta, affinché nessuno arrivi a sospettarne la presenza. Fare fronte alla situazione è ben difficile, non potendo contare sull’appoggio di nessuno, ma Joanna si dimostra disposta a qualunque sacrificio pur di salvare quella “figlia” che il destino ha voluto affidarle. Nel cinema polacco contemporaneo il realismo si unisce all’essenzialità della vita della gente comune, per descrivere una normalità fatta di povere cose, di spazi angusti e di grandi affanni. Il disagio – materiale, psicologico o sociale – è il contesto claustrofobico entro cui i drammi di poco conto disputano la loro battaglia contro un mondo ostile, che si mantiene, perlopiù, cinicamente distante dai loro casi particolari. L’eroe del racconto è un debole rinchiuso nella sua gabbia di ordinaria miseria e di convenzionali dolori, una vittima che però accetta dignitosamente la sua deplorevole condizione, trasformandola in un ristretto terreno di gioco entro cui saggiare i limiti della propria capacità di lotta e di sopportazione. Joanna si sottopone ad una sfida durissima, verificando sul campo fino a che punto sia in grado di tacere, fingere, mentire e, in generale, venir meno, per necessità, alle sue abitudini ed al modo in cui è solita relazionarsi alla realtà, nei suoi risvolti pratici e morali.  È una donna che, in una certa misura, si trova costretta ad isolarsi di fatto dalle sue congeneri, sostituendo il consueto rapporto di confidenza e solidarietà verso la madre, le amiche, le colleghe, le vicine con una messa in scena in cui, da parte sua, prevale un atteggiamento di difesa e di riservatezza. Joanna deve mantenere ad ogni costo il suo segreto, ma non può rinunciare completamente all’aiuto degli altri.  Le circostanze la impegnano in un delicato esercizio di equilibrismo, nel quale sono in ballo la vita e la morte,  l’amore è minacciato dall’odio, e i sentimenti sono tiepidi bagliori, strappati con le unghie al buio dell’inganno e dell’oblio. I fragori delle armi restano lontani, mentre, nell’intimità dei singoli desideri inappagati, il silenzio diviene il naturale contorno alle parole dispensate con inevitabile trepidazione. 

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