Quando si vuole troppo bene a dei personaggi, si è disposti a sorvolare su qualunque scivolone. È il segreto del raggio traente delle migliori serie tv, ma pure delle peggiori e più soapoperistiche, capaci di trasformarsi in guilty pleasure ad alto pericolo di dipendenza. Difficile dire, in conclusione, a quale delle categorie appartenga Upload: probabilmente a tutte queste insieme. Ma se la creatura di Greg Daniels è riuscita a sopravvivere è per la sua capacità unica di credere nel fattore umano, trasformando un ibrido di The Good Place e di Black Mirror, una commedia distopica su un mondo in cui l’aldilà è gestito dalle multinazionali del software, in un mélo strappalacrime per cuori solitari che non fa prigionieri.

Fin dal 2020 della pandemia, quando ha visto la luce su Prime Video, Upload ha saputo cogliere, nella sua maniera goffa e semplicistica, lo spirito del tempo e la necessità di stemperare, con una forte dose di commedia demenziale, il panorama fosco della contemporaneità. Il fatto che lo slancio romantico appartenga alla finzione, mentre il futuro tetro appaia sempre più verosimile, costituisce un ulteriore attestato di credibilità della serie, che non fa sconti sulla suggestione: escapismo sì, ma fantasy no. Il sogno di un’esistenza semplice e dominata dall’amore, infatti, rimane la più estrema delle utopie immaginabili, per nulla agevolata dal progresso tecnologico. Dopo una disastrosa terza stagione, la quarta e ultima è condensata in quattro episodi, “bingiabile” in una seduta da un paio d’ore circa. Prevedibilmente, è un compendio di vizi e virtù della serie, condensati in un plot che corre troppo in fretta e talora picchia la testa contro un muro invisibile, proprio come i suoi disorientati personaggi. La trama socio-spionistico-politica fa acqua da tutte le parti e la risoluzione di alcuni fili sospesi segue il metodo gordiano, ma in questo caos fuori controllo prevale la devozione cieca di Daniels per i suoi personaggi. Ormai la faccenda è totalmente emotional, o ci stai o esci, in piena logica soap.

Chi si aspettava una riflessione degna di Shoshana Zuboff sulla monetizzazione dell’aldilà rimarrà nuovamente deluso, perché il tema è solo sfiorato per lasciare spazio alla sottotrama di una AI (inevitabilmente) malvagia che diviene una minaccia mondiale, rimpiazzando il positivismo tecnologico ingenuotto della prima stagione (che si traduceva in una AI goffa e inadeguata, ma servizievole). Appena comincia a “performare” l’AI diventa Skynet. Ovviamente. Upload non è mai stata una serie di concetti, ma di personaggi. È la loro goffaggine, i piccoli tic e le fragilità quotidiane a far sì che lo spettatore torni, stagione dopo stagione, accettando anche le derive più improbabili. In un panorama televisivo sempre più affollato di prodotti di fantascienza cupi e sofisticati, la leggerezza di Daniels ha rappresentato un’alternativa, capace di bilanciare il cinismo con la commedia sentimentale. In fondo, Upload non ha mai avuto la pretesa di spiegare il futuro digitale: ha piuttosto provato a raccontare, con disarmante candore, il desiderio testardo di restare umani, anche quando tutto sembra remare nella direzione opposta.
La serie tv
Upload
Fantascienza - USA 2020 - durata 31’
Titolo originale: Upload
Creato da: Greg Daniels
Con Simon Chin, Aisling Goodman, Dayo Ade, Jeffrey Blitz, Larissa Gallagher, Andrea Rosen
in streaming: su Prime Video
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