Al Festival di Locarno 2025, Giulio Base porta fuori concorso il film Il Vangelo di Giuda, un’opera che rilegge radicalmente uno dei personaggi più demonizzati della narrazione cristiana. La scelta è netta e coraggiosa: dare voce non solo a un apostolo traditore, ma a un uomo marginale, ferito, pieno di ombre.


Il film si costruisce su una doppia assenza: Giuda non appare mai in scena e le parole, rare, non sono dialoghi, ma confessione interiore. Tutto ruota attorno alla sua voce (prestata da Giancarlo Giannini in italiano e da Lambert Wilson nella versione francese) che vuole guidare lo spettatore in un viaggio senza appigli. Al cinema in autunno con Eagle Pictures.

Vincenzo Galluzzo
Il Vangelo di Giuda (2025) Vincenzo Galluzzo

Dall’inferno alla croce

La storia del film Il Vangelo di Giuda si apre in un bordello. Giuda nasce in un contesto di violenza e abbandono. Sua madre, prostituta, muore dandolo alla luce. Lui cresce tra abusi e sopravvivenza, uccide da bambino, diventa adulto troppo presto e finisce per fare del degrado il proprio mestiere: sfruttatore, ruffiano, commerciante di corpi. Quando Gesù salva Maria Maddalena, sorella di Giuda e una delle sue “protette”, dalla lapidazione, per Giuda è un punto di rottura. Lascia tutto. Sceglie di seguire il guaritore.


È l’ultimo a essere scelto come apostolo, ma tra i discepoli sembra il più attento, il più lucido. Attraversa con Gesù gli anni della predicazione, del cammino, dell’incontro con il popolo e dell’opposizione con il potere. Fino all’ultima cena e al tradimento, che però non è solo colpa: è anche compimento.


Il film Il Vangelo di Giuda è appunto la sua versione: una confessione senza giustificazione, ma intrisa di necessità. Giuda non tradisce per denaro o per rabbia: lo fa per far accadere ciò che, secondo lui, deve accadere. Muore con Gesù, vendendo un uomo come aveva venduto donne, ma stavolta consapevole di donare se stesso al disegno divino.

Un film senza volto ma con molte voci

La scelta registica di Giulio Base è estrema. Giuda non si vede mai. Esiste solo come voce che commenta, invoca, dubita, bestemmia. I dialoghi tra personaggi sono quasi assenti: il racconto è affidato al flusso di coscienza, con una struttura che somiglia a una liturgia spezzata. 


Il film Il Vangelo di Giuda non vive sui volti dei protagonisti, ma sul peso delle presenze. Il ventiseinne siciliano Vincenzo Galluzzo, già scelto anche da Martin Scorsese per The Shipwrecks of Sicily, interpreta un Gesù silenzioso ma centrale, mentre Rupert Everett (Caifa), Tomasz Kot (Simone), Paz Vega (Maria), Darko Peric (Pietro), John Savage (Giuseppe) e Abel Ferrara nei panni di Erode, costruiscono un universo di figure iconiche che vivono in controluce. Ognuno porta con sé una storia, una condizione, una tensione. La loro funzione non è raccontare sé stessi, ma alimentare lo spazio interiore di Giuda.


Il cuore del film è la voce narrante. Giannini, con la sua dizione inconfondibile e la capacità di modulare dolore, disprezzo, fede, ironia e lamento, dà sostanza all’assenza. È lui a far esistere Giuda, mentre il corpo resta invisibile.

Paz Vega, John Savage
Il Vangelo di Giuda (2025) Paz Vega, John Savage

Il peso della colpa, la necessità del tradimento, la crisi del libero arbitrio

Al centro del film Il Vangelo di Giuda c’è un confronto profondo su colpa e responsabilità, ma declinati in una luce nuova: Giuda non è solo colpevole, è allo stesso tempo vittima del disegno che sembra trascenderlo. È convinto che il tradimento sia non solo inevitabile, ma necessario perché la Scrittura si compia: così, pur consapevole del peso delle sue azioni, si carica un fardello che non cerca di scaricare. Un tradimento che, paradossalmente, diventa gesto d’amore, addirittura dono, perché senza di esso non ci sarebbe redenzione. 


Eppure, se tutto era già scritto, dov’è il suo libero arbitrio? È una domanda che il film lascia sospesa, senza risposte pronte, e che potrebbe disturbare proprio per il suo non-detto. In questo intreccio tra destino e scelta, tra colpa e compassione, Il Vangelo di Giuda fa del dubbio il suo cuore pulsante: chiedendoci chi siamo quando non possiamo più distinguere tra un atto di coraggio e un rimorso irreversibile.

Una provocazione? Sì. Ma non gratuita

Il Vangelo di Giuda è un film che osa mettere in discussione una figura archetipica, osa rimuovere l’immagine di colui di cui parla, e osa rimanere nel dubbio e nel silenzio. Ma non lo fa per shock, né per compiacere una moda. Lo fa per cercare. Non per trovare risposte, ma per aprire domande.


Il regista Giulio Base, con la sua doppia formazione in cinema e teologia, non scinde mai estetica e pensiero. Come egli stesso ha dichiarato, ogni scelta formale è motivata da un’urgenza etica, spirituale, simbolica. Il Vangelo di Giuda non è una versione alternativa, ma una lettura possibile: “non dogmatica, non definitiva, ma profondamente umana”.


Il Vangelo di Giuda
non si limita a raccontare. È cinema che lavora sulle zone grigie, sulle domande che non si vogliono ascoltare, sulle storie che ci costringono a riflettere prima di condannare.


In un tempo in cui la narrazione si polarizza, Base sceglie la complessità. E lo fa restando fedele al mistero. Fedele, forse, a quel frammento di Giuda che, come dice il regista, ci portiamo tutti dentro.

Abel Ferrara
Il Vangelo di Giuda (2025) Abel Ferrara

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Redazione

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Filmografia

locandina Il Vangelo di Giuda

Il Vangelo di Giuda

Drammatico - Italia 2025 - durata 93’

Regia: Giulio Base

Con Rupert Everett, Tomasz Kot, Paz Vega, John Savage, Darko Peric, Abel Ferrara