Presentato a Cannes 2025 e in sala in autunno con I Wonder Pictures, il film Pillion si impone come un’opera radicale e commovente, capace di frantumare le convenzioni della narrazione romantica queer e ridefinire cosa significa “amore” attraverso una lente non edulcorata, carnale e profondamente umana.
Scritto e diretto da Harry Lighton, al suo debutto nel lungometraggio dopo il successo del corto Wren Boys, Pillion è l’adattamento libero e contemporaneo del romanzo Box Hill di Adam Mars-Jones, un cult narrativo della leather culture britannica degli anni ’70. Ma Lighton non si limita a trasporre. Attualizza. Amplifica. Interroga. E soprattutto osa.

Un amore asimmetrico
Nel film Pillion, Colin (Harry Melling), un giovane e timido vigilante urbano dei sobborghi londinesi, vive con due genitori amorevoli e invadenti che organizzano per lui appuntamenti al buio e lo invitano a cantare nel quartetto di canto a cappella del pub locale. La sua vita è anonima, routinaria, fatta di piccole abitudini e grandi silenzi. Fino a quando, la vigilia di Natale, incrocia lo sguardo (o almeno così crede) di Ray (Alexander Skarsgård), un motociclista solitario, avvolto in pelle e mistero, che assiste al suo spettacolo.
Ray è l’opposto di Colin: alto, enigmatico, sicuro di sé, con una bellezza da semidio e una freddezza da sadico. Dopo un ambiguo approccio fatto di patatine e note scarabocchiate, Ray introduce Colin nel suo mondo: una relazione dominatore/sottomesso dove l’amore è implicito, non dichiarato. O forse nemmeno previsto.
Nel giro di poche ore, Colin si ritrova inginocchiato in un vicolo, a lucidare stivali e sottomettersi a ordini che mescolano erotismo, umiliazione e un’inattesa forma di libertà. “Ray ha stabilito un modo di vivere totalmente centrato su ciò che vuole lui. È l’immagine speculare di Colin in questo senso”, spiega Lighton. Eppure, tra frustini invisibili e silenzi assordanti, qualcosa di profondo si muove.
Archetipi rovesciati
Colin è l’atipico protagonista del film Pillion. Non è né l’eroe emancipato né l’outsider ribelle. È un uomo che scopre se stesso solo quando si arrende. Harry Melling offre una performance sorprendente: il corpo goffo, lo sguardo incerto, la voce che si fa più ferma man mano che cresce nella sua sottomissione. È lì che Colin fiorisce. In ginocchio.
Ray, interpretato da un Alexander Skarsgård in stato di grazia, è il master algido, affascinante e disturbante. Il suo rifiuto di mostrare emozioni o parlare del passato lo rende un enigma vivente. Ma sotto la pelle lucida e l’autorità teatrale, Skarsgård rivela crepe: piccoli gesti, esitazioni, fughe. “Pillion è una storia d’amore, soprattutto dal punto di vista di Colin”, afferma l’attore. “Ma è anche un racconto su cosa significa lasciare entrare qualcuno nei propri spazi. O non farlo”.
Completano il cast una brillante Lesley Sharp nel ruolo della madre Peggy (amorevole ma normativa) e Douglas Hodge nei panni del padre Pete, tenero e ingenuo, che partecipa con entusiasmo al coro senza capire quanto il figlio stia cambiando sotto i suoi occhi.
Il biker Kevin, interpretato dal frontman degli Scissor Sisters Jake Shears, è una rivelazione: guida Colin nel mondo del sesso rituale come un Virgilio pop e lascivo, mostrando che anche nel feticismo c’è tenerezza.

Quando il sesso è struttura, non superficie
Il film Pillion non parla di BDSM: lo mette in scena come lingua, come grammatica di un rapporto. Non c’è distanza ironica, non c’è giudizio. Le scene di sesso, coreografate con precisione da Robbie Taylor-Hunt, sono intense, esplicite, ma mai gratuite. La centralità della pelle, del sudore, dei gesti - “lubrificante, sudore e pelle”, come ribadisce Skarsgård - non è decorativa. È sostanza narrativa.
Il film scava nella dinamica dom/sub per interrogarsi su questioni più ampie: cos’è una relazione sana? Chi decide i parametri del consenso? Dove finisce la libertà e inizia l’annullamento? Come dice Lighton: “Volevo esplorare la coesistenza di brutalità e tenerezza nei rapporti atipici”.
C’è anche uno sguardo acuto sulla famiglia contemporanea: i genitori di Colin sono “progressisti”, ma solo finché l’omosessualità del figlio rientra in schemi accettabili. Quando scoprono che il partner è un uomo più grande, dominante, e che il loro figlio dorme sul pavimento, la tolleranza si trasforma in panico morale.
Realismo suburbano e fetish estetico
Ambientato nei sobborghi di Bromley, il film Pillion evita gli eccessi estetici: niente luci al neon o atmosfere patinate. Il realismo delle case, dei pub, dei centri commerciali fa da sfondo concreto a una storia che invece sfida la realtà stessa. La casa di Colin è caotica, calda, “fuori dal tempo”. Quella di Ray è minimalista, fredda, impersonale. Uno è affetto. L’altro è controllo.
La fotografia di Nick Morris cattura tutto con discrezione, usando luce naturale e angolazioni che sembrano spiare più che mostrare. Spesso la macchina da presa si confonde tra la folla, nascosta tra i carrelli dei supermercati. L’effetto è autentico e disarmante.
Costumi e make-up, curati da Grace Snell e Diandra Ferreira, aggiornano l’estetica biker all’oggi: non più Brando o Tom of Finland, ma un kink più sobrio, moderno, fatto di tute da corsa e piercing strategici.
Pillion non è un film per tutti per come affronta senza paura i lati oscuri del desiderio, mettendo in discussione le strutture preconfezionate del sentimento e del genere. È una pellicola che turba, che eccita, che fa riflettere. Ma soprattutto, è una storia d’amore. Strana, sbilenca, disturbante. Ma reale.
Colin comincia inginocchiato. Ma è così che, paradossalmente, impara a stare in piedi. E noi, come spettatori, non possiamo che restare immobili, col cuore che batte forte, a guardarlo mentre impara a respirare da solo.

Filmografia
Pillion
Drammatico - USA 2025 - durata 106’
Titolo originale: Pillion
Regia: Harry Lighton
Con Alexander Skarsgård, Harry Melling, Brian Martin, Zamir Mesiti
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