Espandi menu
cerca
Otto; or, Up with Dead People

Regia di Bruce La Bruce vedi scheda film

Recensioni

L'autore

kotrab

kotrab

Iscritto dal 1 gennaio 2004 Vai al suo profilo
  • Seguaci 159
  • Post 21
  • Recensioni 1559
  • Playlist 33
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi
Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Otto; or, Up with Dead People

di kotrab
8 stelle

Opera liminare concepita come originale mescolanza di gore, horror, erotico soft e porno a tematica omosessuale, film sperimentale ispirato dall'undergroud ma presentato anche in importanti festival internazionali tra cui Berlino, finzione e falso documentario dal nucleo politico, Otto; or, Up with Dead People (finalmente anche in dvd italiano Queer Frame) è una nuova strada nella filmografia dell'a dir poco bizzarro e scomodo canadese Bruce La Bruce (al secolo Justin Stewart, nato il 3 gennaio 1964 nell'Ontario a Southampton) in cui si possono tuttavia riscontrare una continuità stilistica e tematica, una critica sociale votata all'esaltazione del sesso, anche e soprattutto pornografico, legato a un sostrato politico e riferimenti filosofico-psicanalitici (Herbert Marcuse). Mescolanza che, quindi, non vuole considerare le usuali distinzioni tra materia alta e bassa, tra arte e pornografia, che tra l'altro difficilmente diventa fine a se stessa e si fonde abilmente con uno sperimentalismo curato anche nelle maggiori difficoltà lavorative. Un regista del tutto anomalo e controverso, non incasellabile completamente nemmeno nel ghetto del cinema esclusivo queer.
Film difficile da inquadrare ed affrontare ad una prima visione, Otto parrebbe qualcosa di sconclusionato e troppo frammentario, sia per la particolare impostazione, sia per il soggetto, sia perché c'è un film nel film, sia per i riferimenti ma anche per la crudezza di molte immagini. Continuando nelle anomalie, la somiglianza col genere orrorifico si ferma solo alla superficie, perché in realtà non si tratta di voler far paura, la tensione è quasi del tutto assente, il sangue è certo materia non evitabile visti i personaggi ed è oltretutto concepito come incisiva forza artistica, usato come gettata di colore alla action painting (ciò ricorda anche molte fotografie e verrà approfondito nel successivo L.A. Zombie, ancor più estremo e fuori dalle convenzioni).
Lo zombi è chiaramente una metafora, come dice il regista, della condizione dei gay che vagano di notte nei parchi in cerca di sesso; è certo ormai lo zombi un fenomeno non più raro, anche se una minoranza, una nuova identità che vaga per le strade, non può integrarsi per natura con i vivi, ma sta acquisendo una certa evoluzione intellettiva, una coscienza "di classe". Otto (J. Crisfar, esordiente) è un disadattato particolare, la sua natura da zombi che gli imporrebbe di mangiare carne umana non può essere soddisfatta pienamente, essendo stato forse una volta vegetariano o vegano, quindi paradossalmente trova una via di mezzo, ancora contraddittoria, nel mangiare animali, ma ogni tanto l'istinto fa capolino (come nella scena surreale dopo l'amplesso col ragazzo incontrato fuori da un locale).
Anche i ricordi riaffiorano (una macelleria, il padre, il suo fidanzato), poi incontra l'ambiziosa regista Medea Yarn, una specie di autoparodia di La Bruce o forse un rimando a Ultimo tango a Parigi (K. Klewinghaus; potrebbe essere, chissà, un anagramma in omaggio a Maya Deren? MedeA YArn), che lo assume come protagonista del suo Up with Dead People (qualcosa come "Farsi i morti"), film politico e pornografico a basso costo in bianco nero sulla rivolta degli zombi discriminati, la cui stella è Fritz Fritze (M. Schlutt).
Il dubbio però che Otto possa essere invece uno schizofrenico che crede di essere diventato un non-morto si fa sentire volutamente nella seconda parte del film e si rafforza nel dialogo con l'ex fidanzato Rudolf (Gio Black Peter).
Realismo, surrealismo, fantasia, videoarte, malinconia e soprattutto ironia (davvero simpatica e ben realizzata la trovata della fidanzata di Medea, Hella Bent [S. Sachsse], arrivata direttamente da un film muto espressionista con tanto di accompagnamento di pianoforte, anch'esso non convenzionale, senza citare i vari momenti di umorismo macabro), piani narrativi diversi, colore e bianco e nero, musica rock e musica originale sinfonica di Mikael Karlsson dal carattere sinistro si intrecciano in questo piccolo film che meriterebbe forse maggiori studi e approfondimenti, oltre queste scarne e veloci considerazioni. 7 1/2

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati