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Rompecabezas

Regia di Natalia Smirnoff vedi scheda film

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La recensione su Rompecabezas

di OGM
8 stelle

C’è un realismo casalingo, che guarda con discrezione dentro le storie piccoline. I suoi racconti sono chiusi nell’angusta gabbia della quotidianità, in cui i sogni possono accennare qualche passo di danza, ma non arrivano mai a spiccare il volo. Nella vita di María del Carmen, sposata e madre di due ragazzi, non c’è posto per quelle salutari follie che consentono di evadere dalla routine e riempire i giorni con qualcosa di diverso dalle abituali funzioni di servizio. In fondo, ci vorrebbe poco per spezzare la monotonia di mansioni ripetitive e per nulla gratificanti, e provare emozioni nuove, come il brivido della sfida con se stessi. Mettere alla prova le proprie passioni e le proprie abilità con un compito che esuli dai lavori di cucina può essere, per lei, il principio di una rinascita, forse lo strumento di una rivincita contro gli anni che passano, lasciandola affondare sempre più nel fango dell’indifferenza altrui.   María cuoce l’arrosto per un figlio che si proclama vegetariano, prepara una torta al cioccolato che resta per metà nel piatto,  compra delle arance che vengono considerate poco succose. Contemporaneamente si accorge, grazie ad un regalo ricevuto per il suo cinquantesimo compleanno, di quanto sia brava a fare i puzzle. Un rompicapo creato sulla splendida immagine di una principessa egizia è, per lei, il metaforico punto di partenza per la ricostruzione di un’autostima che si era persa per strada.  La donna a pezzi ritrova  poco a poco la propria integrità, attraverso un’attività ludica e intellettuale che la fa sentire capace, indipendente, e in seguito, anche importante. Questo suo hobby viene ad occupare una nicchia clandestina all’interno della sua esistenza di massaia tuttofare: uno spazio segreto ritagliato a fatica, che la porta a coltivare una segreta amicizia maschile fuori casa, costringendola a giustificare le sue assenze dietro l’alibi delle visite ad una sua zia operata al ginocchio. In Roberto, l’uomo con il quale si allena regolarmente per un torneo a coppie, María trova una persona che l’apprezza per qualità diverse da quelle che i suoi familiari sono ormai abituati a dare per scontate. Si impegna seriamente nell’impresa, perché crede fermamente in quella parte di sé che ha appena scoperto, ed il suo compagno di squadra, incoraggiandola, non fa che rafforzare questa fede. L’obiettivo di Natalia Smirnoff, regista argentina al suo primo lungometraggio, fa di lei un’eroina del sotterfugio innocente, che si accontenta di affacciarsi velocemente sul mondo di fuori, per richiudersi subito dopo la porticina alle spalle. Il tempo che María si concede dura quanto un respiro profondo, breve ma intenso, che è appena sufficiente a ravvivare il pensiero e tonificare il cuore. In quel momento il paesaggio, per lei, si tinge di colori più freschi e decisi, come quelli che, con i loro marcati contrasti, aiutano a distinguere le forme dei disegni da comporre. Intanto sul volto le si dipinge un sorriso sincero ma sofferto, perché conquistato a fatica, e anche perché amaramente consapevole della sua fugacità. María è la solitaria protagonista di un’avventura che è, contemporaneamente, sicura del proprio valore e conscia del proprio limite: entrambi contribuiscono a definirne la natura straordinaria, facendone quell’eccezione preziosa e irripetibile che, da sola, basta a riscattare tutta la sterile ed anonima uniformità della regola. Rompecabezas è la miniatura, modesta ma luminosa,  di una perla incastonata nel legno: il ritratto di un dettaglio estraneo, ma splendente, che, per quanto insignificante rispetto alla prospettiva universale, nell’anima di chi lo porta è come un diamante, e, in quanto tale, è per sempre.   

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