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La gaia scienza

Regia di Jean-Luc Godard vedi scheda film

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La recensione su La gaia scienza

di callme Snake
6 stelle

Le Gai Savoir, ovvero un saggio sull'Abc del cinema e del linguaggio, nonché il manifesto della seconda parte della carriera di Godard, quella più sperimentale e virata verso l'impegno politico. Dopo Weekend e il Maggio '68, Godard si rende conto che non è più possibile continuare a destrutturare ulteriormente il racconto: è il momento dell'autocritica nella prospettiva di una futura ri-costruzione, di una futura nuova creazione (poiesis). Ecco spiegato il senso della struttura del film in tre atti (anni), coincidente con il piano d'azione dei protagonisti stessi (Léaud e la Berto): il primo, quello dell'azione violenta e un po' ingenua, corrisponde forse alla prima parte della carriera del regista, quella di A Bout de Souffle e Pierrot Le Fou; il secondo a quella appena innaugurata e che lo vedrà impegnato fino alla fine degli anni '70; il terzo al periodo di Passion e Je Vous Salue Marie, coincidente con un nuovo stile capace di creare senso in modi innovativi, sebbene spesso un po' criptici (d'altronde chi guarda un film di Godard è da sempre tenuto a partecipare attivamente, pena la confusione totale). Il titolo poi riprende quello di una famosa opera di Nietzsche: un'opera, guarda caso, considerata come "libro-cerniera", punto di svolta che lo porterà al Così Parlò Zarathustra. Proprio come Nietzsche, Godard punta sul suo porsi "al di là del bene e del male", moralmente e stilisticamente (come al solito fa professione del suo "brechtianesimo"), non lesinando in autoironia. Il filosofo tedesco d'altra parte apriva La Gaia Scienza con questo suo aforisma: « Vivo nella mia propria casa/Mai ho imitato qualcuno/E – derido qualsiasi maestro/Che non si derida da sé/(Sopra la porta di casa mia) ». Nel film di Godard quindi si uniscono, non sempre con esiti felicissimi, l'autocritica, la politica, la poesia (l'espressione "gaia scienza" si riferisce a questa), il saggio di semiotica, il discorso sul cinema. Lo spettatore, come sempre, è libero di costruire il suo proprio ragionamento partendo dalle decine di imput che Godard lancia in continuazione, grazie al distacco che il suo sguardo permette. Certo, la visione è estenuante e, una volta terminata, si ha il sospetto che in quaranta minuti si sarebbe potuto fare un film altrettanto pregnante senza esasperare il pubblico. Ovviamente la pazienza dello spettatore non è interesse di Godard, che infatti dopo Weekend non ha più distribuito film in sala per lungo tempo. Resta il fatto che Le Gai Savoir è un film importante, un'opera manifesto (il che implica già in sé dei limiti evidenti), un saggio che si interroga sulla possibilità di creare senso attraverso il linguaggio, la tabula rasa di un regista che si è rimesso in gioco più di una volta e che continua a farlo, nell'indifferenza totale di cinefili e addetti al mestiere.

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