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Indiana Jones e il Quadrante del Destino

Regia di James Mangold vedi scheda film

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La recensione su Indiana Jones e il Quadrante del Destino

di supadany
7 stelle

Il lupo perde il pelo ma non il vizio. Se il tempo procede implacabile e non risparmia niente/nessuno, le conoscenze maturate rimangono conservate nel bagaglio individuale, pronte per essere rispolverate alla bisogna. Certo, le incognite sono indubbie, variegate e compromettenti, si condensano come nuvole compatte predisposte per complicare/tempestare il cammino, costringendo a fare i conti con un contesto mutato, con interlocutori/avversari che invece sono sul pezzo, così come con l’inevitabile ruggine che modifica il tempismo delle reazione, che richiede di apporre contromisure, di uscire dalla trincea attivando una differente/revisionata forma di pensiero (e azione).

Parlando di Indiana Jones e il quadrante del destino, questa dichiarazione d’intenti/considerazione fattuale acquista almeno una duplice valenza. Da un lato, il suo protagonista viene tirato in ballo quando tutto il suo mondo si è ormai eclissato al pari del suo singolare entusiasmo per ogni cosa gli capiti a tiro, dall’altro la produzione che risiede a monte di tutto deve aggiornarsi, percepire l’aria che tira e seguirla per rigonfiare le sue vele, alimentando contestualmente quella cosmogonia che non può assolutamente venire meno, che deve essere maneggiata con il dovuto rispetto.

Questo quinto capitolo dedicato all’archeologo più celebre del globo cinematografico, non lascia nulla d’intentato. Va prepotentemente oltre, brucia i confini (anche del mite buon senso), aggiunge elementi dirimenti e sposta/altera gli equilibri, con quella sfacciataggine che non è per forza di cose – sempre e comunque - gradita, ma che sprigiona una considerevole e indispensabile energia, denotando uno spirito d’iniziativa che non ha alcuna paura di confrontarsi con un mito sempreverde.

Stati Uniti, 1969. Mentre l’attenzione generale è completamente assorbita dalla conquista dello Spazio, Indiana Jones (Harrison FordGuerre stellari, Blade runner), divenuto un insoddisfatto e solitario professore universitario, è sul punto di andare di pensione.

Improvvisamente, si trova incalzato da Helena (Phoebe Waller-BridgeFleabag, Killing Eve), la figlia del suo grande amico Basil Shaw (Toby JonesWayward pines, Infamous – Una pessima reputazione), e da Jurgen Voller (Mads MikkelsenHannibal, Il sospetto), una sua vecchia conoscenza, un nazista che non ha mai sotterrato l’ascia di guerra.

Seppur con ambizioni diverse, entrambi non si pongono limiti pur di entrare in possesso di un reperto che potrebbe stravolgere il presente e il futuro del mondo intero.

Toccherà ancora una volta a Indiana Jones sistemare le cose.

 

Harrison Ford

Indiana Jones e il Quadrante del Destino (2023): Harrison Ford

 

Quindici anni dopo il dileggiato Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo, senza trascurare una lunga e travagliata fase preliminare che negli anni ha visto vari soggetti alternarsi, salendo/scendendo dal carro, Indiana Jones e il quadrante del destino mette un punto definitivo e conclusivo sulle avventure di un binomio personaggio/interprete tra i più vincenti di sempre, lasciandosi alle spalle delle porte aperte per andare – eventualmente - oltre.  

Un back in action che attizza gli animi con un’introduzione che è - a tutti gli effetti - un travolgente film nel film, riavvolgendo il nastro del tempo per ristabilire/rimpolpare paletti mai dimenticati, per poi sfogliare l’album di famiglia aggiungendo dei posti a tavola.

Detto che lo Steven Spielberg degli anni ottanta era un’altra cosa, un paio di maniche che però in circolazione non si trova più, James Mangold ha il mestiere e l’esperienza necessarie per guardare avanti e sostenere un’infrastruttura aerodinamica, l’inclinazione per trattare un crepuscolo (Logan - The Wolverine) e per valorizzare ritmo (Le Mans ’66 – La grande sfida) e trasporto (Quando l’amore brucia l’anima), quanto basta (e avanza) per affrontare l’impresa a testa alta, dando del tu anche in maniera sfacciata, continuando a rilanciarsi e riallacciarsi.

Dunque, pur rimanendo distante dai fasti del franchise (I predatori dell’arca perduta, Indiana Jones e l’ultima crociata), Indiana Jones e il quadrante del destino si difende alla grande e si distacca da buona parte dei suoi competitor coevi, rinforzato da un pregevole senso del ritmo e dell’avventura, nonché da altri fattori che garantiscono un significativo tasso di coinvolgimento.

Ad esempio, l’effetto nostalgia offre il suo degno supporto, felicemente contrapposto ai segni del progresso, che accantona – con disinteresse e superficialità - ciò che è considerato – talvolta/spesso, sbagliando – superato, un prontuario che intreccia rotte e sfoggia una spiccata sicurezza, con abbinamenti blindati, tra cavalli di ritorno e new entry efficaci.

Un ruolino di marcia dalla costituzione esaltante e cagionevole, che va a zonzo per il mondo (e il tempo), salendo ripetutamente in cattedra, con castagne messe sul fuoco e poi tolte con pirotecnica agilità, un’andatura variabile che scruta la sfera di cristallo per poi muoversi a fisarmonica.

Così, copre un campo allargato, con un plot strapazzato che, a rigor di logica, va in sofferenza, ma che viene continuamente foraggiato/ringalluzzito da operazioni di taglio & cucito che sostengono la sospensione dell’incredulità, con segmenti action che, di volta in volta, sono abbastanza spericolati da competere con le peripezie da circo di un Mission: impossible e con gli inseguimenti di un Fast & Furious, con variazioni a conferme che vanno di pari passo.

Un intrattenimento gemmeo e pieno di fosforo, che asseconda un commovente e incrollabile Harrison Ford, ma che individua in Phoebe Waller-Bridge una controparte degna di stare al suo livello, spingendo sul tatto da commedia pungente e squillante dell’attrice londinese, inscenando diverbi scoppiettanti, una complicità conclamata che immette un refrigerante pizzico di pepe. Al contrario, Mads Mikkelsen, nonostante una presenza costante, non ha l’opportunità di imprimere al suo villain glaciale e astuto, una personalità che vada oltre una decorazione di disciplinata ordinanza.

 

Harrison Ford, Phoebe Waller-Bridge

Indiana Jones e il Quadrante del Destino (2023): Harrison Ford, Phoebe Waller-Bridge

 

Alla resa dei conti, Indiana Jones e il quadrante del destino chiude un cerchio aperto in un’altra era, tra alti e bassi, con una poderosa energia cinetica, una scintilla vincente che scocca più volte e un impasto di aromi che non rinuncia a nulla, rimanendo comunque sia fedele alla causa. Attacca bottone in un attimo, non può pareggiare la magia degli anni d’oro ma scodella dei filotti coinvolgenti, calca la mano ma accoglie il pubblico a braccia aperte, è discontinuo ma cosparso di tante oasi ristoratrici, compreso un attracco che non lascia adito a dubbi.

Tra scatti e rincorse, acciacchi e baldanza, tranelli e catapulte, capsule e totem, capitomboli e volate, bene comune e bieco interesse, lungaggini e cuscinetti, teste calde e menti lucide, sovradosaggi e assaggi, andando sul sicuro, a perdifiato e con imbottiture di valori e commistioni che saltano all’occhio.

Ventilato e sguaiato, intraprendente e ostentato.

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